Lei scrive:
Io non sono un oggetto sessuale,
ma a volte vorrei esserlo.
Vorrei sapere com’è avere addosso uno sguardo di desiderio. Sentirmi radiogafare il corpo da qualcuno che mi immagina nuda mentre faccio sesso con l*i. Vorrei andare ad una serata e trovarmi un* sconosciut*, anche un* soltanto, che mi guarda, si avvicina e vuole parlare con me perché spera di portarmi a letto.
Vorrei avere il privilegio di lamentarmi perché ho ricevuto troppe attenzioni sessuali. Non voglio sminuire l’esperienza di chi ne è infastidit* o se ne sente addirittura violat*, voglio solo raccontare che, dal mio punto di vista, perfino quello è un privilegio.
Sono una donna, lesbica, disabile e il mio corpo non è desiderabile. Non conto più le volte in cui sono stata friendzonata. Uso la app di incontri perché mi consentono di mostrare per prima cosa un’altra parte di me, farmi notare per come mi esprimo. Ormai ho una tale esperienza nelle dinamiche delle app di incontro che potrei pubblicare uno studio. Ho provato tutte le strategie possibili e portato avanti centinaia, forse migliaia di conversazioni. Alcune di queste sono durate giorni o settimane, sono state profonde, brillanti, divertenti. Ho studiato come scrivermi un profilo accattivante e ironico, ho inventato battute d’attacco originali, ascoltato pazientemente i resoconti di non so più quanti lesbodrammi e condotto conversazioni senz’altro migliori del 90% di quelle che possono capitarti su Tinder. Alla fine, la maggior parte delle ragazze non le incontro mai; alcune si fanno di nebbia con scuse improbabili, altre dicono apertamente che si scusano tanto ma non se la sentono di fare sesso con me. Alcune le incontro e ci dimentichiamo in fretta; ogni tanto, infine, mi lascio scegliere da qualcuna, che in genere è più in difficoltà di me col suo corpo o con la sua vita, e ci vado a letto o avvio qualche forma di pseudorelazione insoddisfacente.
Quindi sì, con questo enorme investimento di tempo e sforzi, a volte riesco a scopare: sicuramente c’è chi sta peggio. Ma ti scrivo, cara Eretica, perché qualcuno deve parlare anche delle donne non desiderate.
Non è possibile che il monopolio della frustrazione sia in mano agli Incel, e non è possibile che se parlo della mia frustrazione, o della diversa desiderabilità dei corpi, io corra il rischio di essere etichettata come una strana forma di Incel femminile. Dobbiamo trovare il lessico per parlare di desiderio insoddisfatto anche se siamo femministe.
Non tutte le donne e non tutte le femministe devono costantemente difendersi dall’invadenza del desiderio sessuale. Non tutte lottano contro l’oggettificazione del proprio corpo da parte dei predatori. Non tutte subiscono cat-calling.
Alcune persone sono invisibili dal punto di vista sessuale. E non lo vivono come un privilegio.
Sono sicurissima di non essere l’unica. E oltre alle persone con disabilità ci sono senz’altro tante altre donne che non rientrano nello standard di bellezza e non vengono considerate sessualmente appetibili, neanche quando loro lo vorrebbero.
Una volta venni intervistata insieme a un gruppo di persone con disabilità, in merito alla nostra vita di relazione. Tutt*, nessuno escluso, hanno parlato in qualche modo dell’accontentarsi. Del fatto che sì, si erano ovviamente innamorat* o sentit* molto attratt* da varie persone nel corso della vita, ma tendenzialmente nessuna di queste l* aveva mai ricambiat*. Così molt*, pur di ottenere un po’ di calore nel letto, avevano finito per andare con chi era disponibile. Qualcuno, orgogliosamente, preferiva restare da solo.
Io lascio perdere l’orgoglio e mi accontento. Ho bisogno di dirlo, anonimamente ma pubblicamente, lo voglio urlare: mi accontento perché ho bisogno di fare sesso, ho bisogno di sentirmi desiderata e importante per qualcuno. E tutt* quell* che pontificano sull’imparare a stare da sole probabilmente non sono state sole abbastanza a lungo, o non hanno in corpo tanto testosterone quanto me. Il sesso è un bisogno fisiologico, così come l’essere destinatarie di affetto e attenzioni. Vorrei che potessimo dirlo senza vergognarci.
Tante volte sento di raschiare il fondo del barile. Di farmi andare bene persone e situazioni che chi avrebbe più scelta scarterebbe al primo colpo. Sono stata abbastanza fortunata da crescere senza sviluppare strani disturbi dell’attaccamento, per cui non mi infilo mai in situazioni tossiche o abusanti, le fiuto e le evito immediatamente. Quindi, il peggio che mi capita è tollerare persone che non mi interessano granché. Al limite sono persone che mi usano per sfogarsi: spesso chi si avvicina a me ha una quantità superiore alla media di difficoltà psicologiche o familiari, e mi sceglie perché mi trova più rassicurante di una femme fatale, o perché anche lei non trova “di meglio”. Io me ne rendo conto, mi lascio usare senza invischiarmi troppo e le uso a mia volta per colmare i bisogni miei. Mi sembra uno scambio alla pari. Non dico mai di essere innamorata se non è così. E infatti non lo dico da molto tempo.
Il mio desiderio sessuale è sempre stato potente e si è sentito ingabbiato in questo corpo come il motore di una Ferrari in una Cinquecento. Vorrei sdoganare il fatto di poter dire apertamente, senza vergognarmi o giustificarmi, che la maggior parte delle mie scelte sono state guidate dal bisogno di soddisfarlo. Andare o meno a un certo evento, frequentare o meno una certa compagnia, continuare o meno la conoscenza di una persona: molto dipende dalle possibilità che quell’investimento di tempo ed energie risulti utile a trovare una relazione.
Ora ditemi che sono come i maschi predatori, che dovrei avvicinarmi alle persone senza secondi fini, valorizzare altre parti di me, aspettare che l’incontro giusto accada per caso. Ma prima di dirmelo fate un giretto nei miei panni.
A me, per caso non è mai accaduto. Avere uno straccio di vita sessuale è frutto di un faticoso e costante lavoro, un investimento di tempo incredibile, con una percentuale di riuscita bassissima e tanti rospi da ingoiare. Se ci investissi meno tempo, la riuscita sarebbe zero. Anche io, francamente, sono stanca di tutto questo e vorrei tenermi un po’ di tempo e salute mentale per leggere libri e vedere amiche senza “secondi fini”.
Proprio per questa ragione devo ottimizzare i miei sforzi e dedicarmi soltanto o alle amicizie che contano davvero, o alle conoscenze che hanno qualche chance di rispondere a quel bisogno. Avere tempo e spazio per le vie di mezzo, per coltivare rapporti di medio interesse nella speranza che magari nel 2035 potrebbero avere lo 0,00001% di trasformarsi in qualcosa di più, è un privilegio che non ho.
Rispondere a un bisogno fisiologico è una priorità. Non puoi andare serenamente a un simposio sulla gastronomia se non mangi da un mese. Complimenti a chi ha raggiunto uno stile di vita ascetico e digiuna tranquillamente: io non sono così.
E non voglio più vergognarmene.
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Ciao, potrei contattare l autrice? Grazie 🙂🙏
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Ciao, anche io vorrei contattare l’autrice.
L’ha ripubblicato su Punti di Vista.
bellissimo 😁👍
grazie