Antisessismo, Autodeterminazione, Personale/Politico, R-Esistenze, Violenza

Quando le donne sono complici dei violenti

Quando la mia coscienza femminista si stava ancora formando attraversavo il post separazione dal padre manesco di mia figlia. Per lavoro facevo quel che capitava e a quell’epoca mi capitò di fare il censimento in una zona della città. Quel che non sapevo era che proprio nella zona che mi avevano assegnato viveva il mio ex con la nuova compagna e le sue figlie, credo fossero un paio, se non ricordo male.

Trovai la donna seduta a fare curtigghio con altre vicine di casa che subito si strinsero attorno a lei come per proteggerla. Solidarietà tra comari, mi dissi, ma in realtà c’era qualcosa di più. Lei, forte di quell’alleanza, mi accolse con aria di sfida, come se io fossi stata lì per mia volontà e non per puro caso.

Feci le domande di rito, chi abitava lì, nomi, dettagli anagrafici, stato civile e quando lo chiesi lei rispose arrabbiata per dire che non erano coniugati. Ma in realtà avrebbero potuto, ne avevano avuto tutto il tempo e di certo non ero stata io ad impedirlo. Ero quasi alla fine del questionario e mentre compilavo l’ultimo paragrafo lei disse qualcosa come “e alla fine ho vinto io… ora lui è mio”.

Io non sapevo cosa rispondere perché non ero mai stata incline alle competizioni per un uomo figuriamoci per uno che mi aveva quasi ammazzata e che io avevo lasciato non senza subire minacce, stalking e violenze conseguenti da parte del mio ex il quale era tutt’altro che rassegnato all’idea. Mi sentivo un po’ in balìa di un branco di bulle che mi perculavano, tra sorrisetti e smorfie, scambiandosi sguardi di complicità e avrei voluto dire tante cose ma dissi solo “forse non sai che l’ho lasciato perché mi picchiava…”.

Nella mia ingenua visione delle cose all’epoca pensavo che dovesse esserci una inevitabile solidarietà tra tutte le donne, visione che poi ho scardinato perché anche quella faceva parte di una cultura sessista. Lei rispose “si vede che te lo meritavi… a me non ha mai torto un capello.” Avrei voluto spiegarle che colpevolizzare la vittima era un errore ma come chiederle di vederci chiaro se era così presa dall’orgoglio di dimostrare che lui era “suo”?

Risposi solo “spero che alle tue figlie non capiti mai di dover incontrare un uomo violento”. Lei, inferocita: “le mie figlie sono ben educate e non si concederanno al primo che passa”. E dopo avermi dato praticamente della zoccola continuò lo scambio di battutine umilianti e sorrisetti tra comari. A quel punto mi sentii mortificata per lei, per la sua scarsa coscienza di genere, per tutte quelle cose che non sapeva e per la sua empatia strabica. Ma il mio augurio era sincero anche se col senno di poi avrei voluto non aver detto niente, non aver proprio risposto alle provocazioni, non aver aperto spiragli al suo tentativo di ferirmi.

Dopo qualche giorno il mio ex mi cercò, come faceva ciclicamente, non per vedere sua figlia, della quale non gli fregava niente, ma per gongolarsi compiaciuto dato che pensava che io fossi andata lì per mettere in scena un duello per amor suo. E già che c’era rivendicò il diritto di scoparmi al più presto perché in un modo o nell’altro anch’io, secondo lui, facevo parte del suo harem.

Lì per lì quella donna mi fece un po’ pena, mi sentii persino un po’ in colpa perché ero grata del fatto che quando lui la incontrò smise di perseguitarmi. Avrei dovuto ringraziarla di persona ma mi sembrò troppo. E dato che non si augura di stare con un uomo violento proprio a nessuna donna non lo avrei augurato neppure a lei.

Oggi penso a lei con più consapevolezza e senza dover sforzarmi di giustificarla, ci sono donne fatte così, sono sessiste, contribuiscono a far crescere la cultura maschilista, sono complici e non le posso considerare sorelle.

Non so perché oggi mi è venuto in mente quell’episodio. Forse perché nella sala di attesa di un medico ho assistito alla conversazione tra una ex suocera e una ragazza. La prima rimproverava all’altra di non aver saputo pazientare in attesa che il figlio, l’ex fidanzato, si “calmasse”. Perché a certe donne capita di difendere gli uomini violenti. Non di comprenderli, di analizzare gli aspetti delle relazioni malate di cui sono protagonisti e responsabili, ma di difenderli e basta. Non c’è riflessione, non c’è osservazione delle cose umane. C’è solo quell’affrontare le cose di pancia, per appartenenza, perché lui è suo, mio, di quell’altra e quindi ci si comporta di conseguenza. Si allineano, si conformano, scelgono di stare con i carnefici e mai con le vittime.

Bene. Non sentitevi mai in colpa se una donna vi dice che lui è violento perché ve lo meritate, perché non siete state abbastanza crocerossine, pazienti, rinunciando alla vostra vita per immolarvi all’altare della santa alleanza tra donne e uomini portatrici e portatori della stessa radicata cultura sessista. Non è mai colpa vostra. Se lui vi picchia e lui ha delle complici, sono dannosi tutti: lui e le complici.

3 pensieri su “Quando le donne sono complici dei violenti”

  1. Le donne possono essere sessiste e misogine tanto quanto qualsiasi uomo. Del resto qualsiasi paese del mondo è di fatto ancora un patriarcato, con valori patriarcali, e le donne vengono cresciute all’interno di questo sistema. Cionondimeno, ogni volta che incontro qualcuna che è un’adepta del divide et impera misogino, sono piena di rabbia. Come dici tu, è assolutamente utopico pensare che tutte le donne siano sorelle e siano solidali, è che specie nel caso da te descritto, mi aspetterei come minimo un po’ d’empatia, e soprattutto di intelligenza (sono dell’avviso che se un uomo è violento con la sua ex, quasi certamente lo sarà con qualunque altra donna). Non ho ancora capito se sia chiedere troppo, del resto io stessa in passato ho sicuramente sbagliato qualcosa con qualcuna e ho dovuto “disintossicarmi” da certi valori e idee che mi erano stati inculcati, fatto sta che ancora non ho ben capito quale sia il modus operandi da adottare di fronte a casi come il tuo.

  2. Grazie. La violenza e la crudeltà di certe persone non meritano attenuanti. A me é capitata una madre che non mi ha difeso da un fratello più grande di molti anni, violento e rabbioso. “Te lo meriti, stai zitta”. Se mi provocava fino a farmi esplodere “me l’ero cercata”. Per fortuna non ha figli. Ho guardato in faccia mia madre e le ho detto che se lui avesse avuto dei figli e li avesse maltrattati, io l’ avrei denunciato. Lei non ammetterà mai i suoi errori, lui con gli anni é cambiato e li ha ammessi. Le donne che difendono i violenti non meritano alcun perdono.

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