Le deputate del PD cedono davanti alle recriminazioni delle poche ma evidentemente influenti borghesi bianche eterosessuali di Se Non Ora Quando Libere. Le deputate insultano l’intelligenza di chi già pensa che il ddl sia anche troppo poco e che servirebbe aggiungere un divieto contro le cure riparative, quelle dei preti che vogliono “guarire” i gay con cure strategiche tipo fare tre ore di Cyclette quando ti viene voglia di.
Supportate dal sempre disponibile amplificatore di La Repubblica e dalle scorrette informazioni di testate di destra (Il Foglio, ProVita) che titolano “Le femministe si oppongono alla legge”, stabilendo che poche donne privilegiate siano rapprentative dell’ampio movimento femminista italiano, le signore borghesi indicano la direzione: cancellare il concetto di “identità di genere” e parlare solo di transfobia.
Per una piccolezza del genere non si può fermare la legge, dicono le deputate piddine, e aggiungono, secondo il titolone di Repubblica, che la modifica si farà. E vaffanculo alle organizzazioni trans che contestano una simile decisione e vaffanculo anche alle tantissime femministe che la pensano allo stesso modo. Voler sindacare sulle esigenze e le rivendicazioni dei diritti delle persone trans per il timore – tutto inventato – che il dannato Gender provochi la scomparsa della “donna” è oltremodo autoritario e non si tratta di un semplice cambio di parole ma di un modo per stabilire per legge che le persone trans non esistono.
Non è un segreto per nessuno che certe donne, bianche etero, come le Snoq delle lezioni moraliste con divisione tra donne perbene e donne permale, o le Arcilesbiche che tengono vita al fortino in cui poche si sono rifugiate dopo l’abbandono di molte, vogliano tornare indietro al tempo in cui il femminismo non era influenzato dalla teoria queer. Un tempo in cui non viveva il femminismo intersezionale e il transfemminismo. Ed ecco che la loro politica volge all’esclusione e mistifica, confonde, per non consentire un cambiamento reale, per stabilire una separazione tra le donne cis e le donne trans.
Tutto ciò arriva dopo una stagione di polemiche in cui le donne e lesbiche oppositrici al ddl hanno espresso una chiara opinione su quel che pensano: quel che vogliono sancire per legge è la negazione dell’esistenza delle persone trans, la negazione di un femminismo che è stato arricchito dall’influenza della teoria queer. E nel farlo si servono di molle che evidentemente preoccupano le parlamentari. La rappresentante del poco che resta di Snoq e la direzione di Arcilesbica hanno paventato pericoli incombenti prodotti dalla legge. Se resta il concetto di identità di genere allora sarebbero in pericolo statistiche sulle donne e perfino i centri antiviolenza. Ma il coordinamento dei centri antiviolenza non si è pronunciato in merito e dunque tutto ciò sembra pretestuoso e ostruzionistico.
Quel che sembra è che questa sia la prima tappa di un lungo ciclo di opposizioni. Dopo la modifica dettata battendo i privilegiati piedini sul terreno dei diritti delle persone trans cosa vorranno ancora? Non è forse vero che mirano a ottenere che non si possa accusare di omofobia chi dà dello sfruttatore al gay che ha un figlio grazie al dono di una donna? Non è forse vero che nutrono pregiudizi contro le persone trans, soprattutto le donne trans, perché non le vogliono ammettere nelle loro assemblee? Non è forse vero che appoggiano le affermazioni transofobe di JK Rowling contro le donne trans? Ed è questa la logica perversa che intendiamo affermare in parlamento?
Beh, non in nostro nome. Tutte le balle descritte nelle discussioni ambigue in finto linguaggio politically correct da queste donne non ci convincono per niente. La politica, specie se a partire dalle femministe, deve andare verso l’inclusione e non l’esclusione. Chiaro, no?
Leggi: Ddl contro Omotransfobia: chi sono le Snoq e Arcilesbica che si oppongono
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