La posta di Eretica, MalaRazza, Personale/Politico, Precarietà, R-Esistenze

Le ingenuità di MalaRazza

In questi momenti di disoccupazione mi vengono in mente cose che mi ricordano per lo meno ciò che sono o ciò che ero. Adesso mi sento avvilita e invidio lui e il suo modo di ritrovare la calma dando perfino un nome ai malesseri psicosociali che ci rendono quel che siamo. A volte disadattati e altre volte solo rassegnati. Calma a tempo, perché appena arriva l’attimo sputa un vaffanculo su un commento facebook e poi chiude tutto e va a cercare notizie sullo sport.

In altri momenti avrei avuto la forza di fare cose in maniera decisa, con una determinazione da guerriera. Prendi il momento in cui stavo muso a muso con un tale che non voleva farmi entrare in un raduno per campeggiatori di sinistra. Una di quelle cose che organizzi assumendo un fascista come buttafuori. “Perché non parli tu?” – diceva rivolgendosi al mio amico. E faceva finta di non sentirmi. “Di’ alla tua ragazza di fare silenzio”. E lì, all’unisono: “Non è la mia ragazza” – “Non sono la sua ragazza”. Machista di merda. Vuol parlare con l’uomo. Io non valgo niente? Mi senti? Sono qui. Alla fine abbiamo scansato le botte perché si sono decisi a chiamare uno dell’organizzazione.

Poi c’è stato un momento meno eroico in cui mi lasciai prendere in giro dal punkabbestia del quartiere. Mi disse che lui non poteva fare una certa cosa per via del fatto che lo avrebbero beccato subito; ma poi, dai, non è niente di che, ti fai dare un po’ d’erba e me la dai e te ne lascio un po’ per te.

Non che io fossi una strafumatrice. Passamela, tienla. Questo era il mio rapporto con le canne. Per passione imparai a farle ma il tema ricorrente era sempre lo stesso. Passamela, ripigliatela. Per poco non indossai un impermeabile e non portai lo stereo con la pantera rosa suonata a tutto volume. Pensavo di essere una 007 in missione speciale. Passavo tutt’altro che inosservata tant’è che il tizio che mi diede la cosa mi disse che dovevo stare attenta perché “quelle come te le sgamano subito”. Torno e faccio la consegna. In fondo avevo fatto un favore. Non avevo fatto niente di male. Non c’era di mezzo la mafia, il tizio era uno studente coltivatore con due piantine in casa. Tutto regolare.

Non voglio niente in cambio. Gli dissi “guarda, da sola io non lo faccio. Falla tu adesso e la fumiamo insieme”. E lui si atteggiò a compagnone e disse “bella, allora pace”. Dopo una settimana torna con l’espressione di un toro infuriato, quasi mi dà una testata, urla talmente vicino da sputarmi nelle tonsille. Dice che gli ho rubato roba. Ma quale roba? Te l’ho data così come me l’hanno consegnata. Ti ho fatto un favore. No no, tu ti sei fottuta la roba. Ora mi devi dare i soldi. Per fortuna un vicino di zona, amico e confidente, attirato dalle urla, si trova a passare da lì e lo allontana. E già io mi faccio mille paranoie sui salvataggi dei cavalieri. Ma io non voglio essere la damigella in pericolo. Però, insomma, da sola forse non avrei potuto, macché. E menomale che è arrivato. Lo separa da me e gli dice: “così ne hai trovata un’altra da prendere per il culo… lo sanno tutti che fai lo stronzo con chi non ti conosce e poi ti carichi l’erba e ti riprendi i soldi…”. L’altro strepitava qualcosa di confuso. Ma io, io, io, IO, IO. “Tu ha trovato la deficiente che ti ha fatto un favore e se non fossi arrivato io forse ti avrebbe perfino dato i soldi, per farti andare via.”

Veramente io non… ma poi: deficiente? DEFICIENTE? E il mio amico mi intimò di tacere. Del tipo “non ti ci mettere anche tu. chiudila qui”. Dopo un’altra serie di “IO IO IO IO IO” il punkabbestia (non che tutti i punkabbestia siano stronzi e ladri, anzi. E’ davvero un singolo episodio) scappò via continuando a sferrare pugni contro ogni cosa. Al suo passaggio demolì un motorino, fece un buco sul cofano di una macchina, quasi riuscì a tirare giù un segnale stradale. Poi scomparve. Come se fosse passato un uragano. Chiesi al mio amico. Ma allora? E mi disse che faceva davvero così. Si affidava ad una persona nuova, ingenua e buona e poi tornava con l’atteggiamento da bullo mafioso per farsi ridare i soldi e a volte c’era riuscito. Doppia vittoria. Allora mi insegnò una delle più importanti lezioni della mia vita “mai più, capito? mai più accettare canne dagli sconosciuti”.

Un po’ complessa da applicare dato che la maggior parte delle volte il passaggio della canna avveniva in luoghi pubblici e sicuramente per mano di alcuni sconosciuti. In ogni caso si, avevo capito che cosa intendeva. Preso nota. Mai più, giuro. Grazie per avermi protetta. Oh, mio cavaliere. Si si, vai a prendere per il culo qualcun altro. Risate.

Ecco, in quel caso il mio spirito guerriero non c’è stato. Ma latitava pure la mia intelligenza. Chissà che cazzo mi era successo per diventare tanto scema. Tra tante manifestazioni e occupazioni e strani episodi perché mi sono ricordata solo di questi due fatti? Non lo so. Però ho recuperato un po’ di buon umore. Ci sono cose che fanno schifo ma quando te le ricordi ti fanno ridere.

Oggi sono disoccupata, questo doveva essere un racconto lucidamente rivolto a chi è attento a temi sociali. O meglio. Rivolto a chi sta passando quello che vivo io. Ma la mia vita è fatta di tante cose. In ogni caso, ecco, oggi sono disoccupata e non credo che domani ricorderò questo momento con un sorriso. O forse si?

Malarazza

—>>>Questo è il racconto a puntate di Malarazza. Potete seguire le puntate precedenti e quelle successive a partire da QUI.

 

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