Antisessismo, Autodeterminazione, Contributi Critici, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze

Segnalare l’omosessualità di un paziente su un referto medico è un’offesa che alimenta omofobia

In questi giorni sulla nostra pagina c’è stata una accesissima discussione a proposito del referto medico che riportava l’omosessualità del paziente.

Che i commentatori e le commentatrici se ne rendessero conto o meno hanno commesso un grosso errore. Hanno deciso di sostituire la propria voce a quella di coloro i/le quali venivano direttamente coinvolti e si sentivano feriti da questo documento. Persone che “ho amici gay” hanno pensato bene di spiegare come fosse plausibile una schedatura di orientamento sessuale in un documento medico si sono scontrate con quell* che alla fine hanno deciso di denunciare in prima persona il fatto che essere ally, alleati delle lotte lgbt, non legittima assolutamente il fatto che questi ultimi possano esprimersi al posto di chi quelle lotte le compie sulla propria pelle.

Abbiamo letto scempiaggini come “è una cartella clinica, lo fanno anche per gli etero” oppure “nella cartella infermieristica, quando una persona viene ricoverata, si chiede e trascrive tutto, orientamento sessuale, religioso, se una persona ha un* compagn* stabile o promiscu*”. Questa cosa è decisamente falsa. In tant* siamo stat* ricoverati in ospedale e non ci risulta il fatto che accanto ai soliti dati anagrafici sia posta l’eterosessualità del paziente. Sulla pagina abbiamo così ospitato vari interventi di persone che hanno il diritto di rappresentare il problema con la propria voce:

Abbiamo anche condiviso informazioni scientifiche al riguardo.

Nonostante questo i commenti di chi sostiene che quel referto sia ok sono continuati e non c’è stato quasi nessuno che abbia deciso di fermarsi ad ascoltare gli argomenti di chi vive sulla propria pelle la discriminazione. Con molta veemenza M. ci scrive:

“Sono molto delusa.
Ma molto.
Da giorni persone lgbt vi dicono che si é scatenata un’omofobia assurda intorno alla faccenda della “refertazione” dell’omosessualità.
Da giorni la rabbia sale, perché ovunque si continua a difendere questa assurdità con gli argomenti più disparati, e molt- continuano ad ignorare, letteralmente IGNORARE, le voci di chi vi dice “questa é omofobia, e ci sta facendo male”.
Ho sentito di tutto. Gente che dice di “calmarci”, gente che “ma eh il dibattito”, gente che “ma eh la SCIENZA e la LEGGE”…
Ora anche basta.
Io pretendo che facciate un esame di coscienza immediato, tutt-, perché avete detto che eravate per il femminismo INTERSEZIONALE. Che prevede pratiche di ascolto attivo delle minoranze di cui non fate parte.
Avete smesso di ascoltare, anzi: non avete nemmeno cominciato. E tutto per un ODIOSO pregiudizio che avete interiorizzato e che non riuscite a vedere.
Mentre voi fate i sommelier del “dibattito” ci sono persone che da giorni soffrono e io non sono più disposta a vedere questo schifo.
Questo non é femminismo ed é fuori da qualsiasi pratica accettabile in un contesto intersezionale.
Fucking check your privilege.”

A tal proposito intervengono anche le femministe di Non Una di Meno Alessandria

Di contro una testata come Bufale.net ha dovuto rieditare più volte i suo pezzo perché avevano scritto che chi è omosessuale avrebbe maggiore probabilità di contrarre HIV. Tutto ciò seguendo la scia lasciata da chi continua a legittimare uno stigma accusatorio degli anni ’80.

Per chi vive il problema sulla propria pelle si tratta di omofobia interiorizzata e dunque chiariamo il problema una volta per tutte.

L’orientamento sessuale di una persona non va segnalato in un documento istituzionale, mai. Altrimenti si chiama schedatura e lo stigma che ne deriva peggiora i pregiudizi, perché tali sono, nei confronti delle persone coinvolte. Non è la classe medica a dover sentirsi offesa da questa valutazione. Sono le persone lgbt a dover sentirsi offesi dagli stereotipi sessisti e omofobi che ancora alimentano stigmi negativi che pesano sulle loro vite.

Ps: se in qualche libro avete letto che si fa così non significa che tutto debba essere sempre uguale. Si pretende che migliori la prassi e che si empatizzi di più con chi cerca di far comprendere quanto sia doloroso tutto ciò. Le cose possono cambiare. Le cose cambieranno.

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