La posta di Eretica, MalaRazza, Precarietà, R-Esistenze

MalaRazza e le anime nere

Oggi alla gelateria dove lavoro tre volte a settimana, per 20 euro al giorno, in nero, ho litigato con una cliente che voleva cacciare il ragazzo che cercava di vendergli delle rose. Non so di che nazionalità fosse ma il colore della sua pelle era nero. Come il mio contratto. Mi sono chiesta se la cliente avrebbe strepitato tanto contro il mio datore di lavoro sapendo quanto non-guadagno. Ho chiesto alla signora di evitare scenate e poi ho preparato un gelato per il ragazzo. Glielo offro io, ho detto. E la tizia se ne andata con un’espressione di disappunto.

Ho continuato a rimuginare sulla questione della neritudine che non infastidisce certe persone. Lavorare in nero, i fondi neri della gente ricca che non paga le tasse, il nero della fuliggine che piove sulle città, gli scarabocchi neri degli ignoranti che disegnano svastiche qui e là, l’anima nera dei razzisti. Non si tratta di un’opinione. Sono cose veramente molto nere e anche se incidi a fondo non gli cavi una goccia di sangue rosso manco a pagarlo. Quando al corso di italiano per stranieri vedo le facce di chi mi ascolta, di chi ride con me, vedo tanti colori. Ma il nero delle anime la cui umanità è morta è uniforme. Non c’è ombra di grigio, di giallo, di rosso, di celeste, di arancione, di nient’altro che non sia nero.

Poi c’è gente che si vanta di essere diventata nera con l’abbronzatura. Ma se è un colore tanto desiderato allora cosa c’è che non va? Sarà invidia? In tutti i casi io me ne sono tornata a casa con i miei 20 euro, meno la quota per il gelato offerto al ragazzo, ho trovato il mio compagno che preparava per due e gli ho detto “noi siamo fortunati”. Già. Fortunati a essere nati bianchi, perché è un privilegio, nonostante i guai e la povertà e tutti i casini in cui ci ritroviamo. Siamo fortunati perché nessuno, almeno fino ad ora, ci ha mai cacciato in malo modo. Nessuno ha dedicato commenti per dirci di “tornare a casa” nostra. Nessuno ha mostrato insensibilità vedendo gli stenti e gli sforzi delle nostre vite.

Una volta pensavo che i poveri fossero naturalmente solidali con altri poveri ma non è così. C’è sempre qualcuno più misero di noi da odiare. La signora, che non sembrava granché ricca, ne aveva trovato uno la cui esistenza evidentemente la infastidiva. Perché?

All’associazione mi raccontano degli inchini e dei sorrisi di circostanza che questi “stranieri” devono fare per poter ottenere un lavoro e tenerselo. Gli sfoghi delle signore che lasciano i vecchi cui badare, le donne che vorrebbero mettere telecamere in casa per controllare l’operato della babysitter, gli uomini che molestano donne tuttofare le quali non hanno armi per difendersi. E io mi sento sporca, tento di analizzare per capire se c’è stato un momento in cui ho smesso di provare empatia, quando mi sono sentita infastidita da altra povertà o quando ho mandato a quel paese quella che chiedeva l’elemosina. Eppure quando sono andata all’estero mi sono sentita bene consegnando monetine agli artisti di strada. Ma che cos’è la sopravvivenza se non una forma d’arte?

E’ già apparecchiato e io siedo accanto a lui che mi chiede “a cosa pensi?”. Al nero. Penso al nero che non vedo altrove o dentro di me o al fatto che oggi per un attimo mi sono sentita meglio per aver dato un gelato ad un ragazzo che voleva vendere rose. Senza chiedergli da dove venisse, cosa desiderasse per il suo futuro, senza cercare di capire perché la signora lo odiasse così tanto. Ho sinceramente paura che un giorno anche la mia anima possa diventare nera. Dico. “No, non succederà… tu sei quella che sei… ora mangia”. Ok, mangio.

MalaRazza

—>>>Questo è il racconto a puntate di Malarazza. Potete seguire le puntate precedenti e quelle successive a partire da QUI.

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