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MalaRazza: storia di una coppia precaria

Ho deciso di raccontarvi di me e di quello che mi succede aderendo all’appello di Abbatto i Muri. Non posso esaurire tutto in poche parole, quindi scriverò più post per cercare di descrivervi la mia situazione meglio che posso. Devo spiegare intanto la scelta di darmi il nome “Malarazza” perché lo sono, una di quelle che non si lamentano e che tirano fuori i denti. Il fatto è che serve a poco o, qualche volta, abbastanza.

Tirare fuori i denti per me vuol dire ottenere un contratto decente di lavoro o almeno uno stipendio decente. Significa cercare di far rispettare i miei diritti ma come tutti saprete è veramente difficile. I denti, spesso, non sono sufficienti. Alla fine di questa mia carrellata di racconti spero di averceli ancora, intatti, i denti.

Vi dico chi sono. Malarazza, 37 anni, vivo in affitto con il mio compagno di sempre, operaio a 1200 euro al mese. Paghiamo 470 euro di affitto perché lui conosce la figlia della proprietaria, erano colleghi di università. Si, lui è laureato e fa l’operaio. E’ un piccolo spazio che cerchiamo di farci bastare ma ormai è da anni che ci spostiamo e abbiamo poco da mettere in valigia. Ciò al quale ero più affezionata, i libri, ho imparato a lasciarli andare, in prestito, in biblioteche collettive, dopo averli letti. Così si fa più spazio e poi c’è da dire che nei traslochi pesano. Pazienza. Ne tengo pochi e selezionati in una scatola appena.

In uno spazio abbiamo il cucinino, un poggia piatti/vivande e due sedie, un angolo computer, un divanetto e un mobile in cui stanno libri e pentole, senza fare discriminazioni. La fame si serve di entrambe le cose. Nell’altra c’è il letto, a una piazza e mezza, una poltrona, una vecchia tv lasciata dall’affittuario che però non usiamo, un armadio di un color verdognolo a tre ante. Io sono quasi laureata, nel senso che per lavorare ho lasciato perdere gli esami alla fine, ripromettendomi di riprendere quando sarebbe andata meglio, ma non è mai andata meglio e dunque non ho ripreso. Con gli anni, oltretutto, non si sono più presentate le occasioni di lavoro e quindi mi pare di aver perso tempo e occasioni ma questo ha a che fare con le difficoltà che la vita mi ha assegnato. Se riduco la vita alla sopravvivenza diciamo che ho un tetto sopra la testa, ho da mangiare ma se io e lui ci lasciassimo non saprei dove andare.

Da un paio di anni faccio conti per capire se possiamo avere un bambino ma nonostante le tante stronzate dette in favore delle famiglie non ce la facciamo. A 40 anni metterò il punto definitivo al desiderio e la cosa finisce lì. Non è che io non mi senta completa o qualcosa del genere. Vorrei solo un figlio ma non posso averlo. Non posso neppure adottarlo, figuriamoci se lo danno ad una coppia disastrata come la nostra. Non sapremmo neppure dove metterlo. Per la stessa ragione tempo fa ho abortito. Ve ne parlerò se avrete la pazienza di leggermi.

Nel frattempo il mio compagno è sempre più frustrato. Vorrebbe realizzare qualcosa di più, per anni ha giustamente sperato di poter mettere a frutto la sua laurea ma non è servito a niente e poi sarebbe un folle a mollare l’unico lavoro con contratto a tempo indeterminato che è riuscito a trovare. Come si sfoga? Qualche volta mi urlava contro. Ora benedico la nascita dei social così, mentre io preparo la cena, lui si mette al computer, parla e ride come un matto, da solo, lascia commenti sotto i profili dei politici, sono bestemmie in realtà, e io poi tento di spiegargli, per quel che mi permettono i miei studi interrotti di giurisprudenza, che se lo querelano poi c’è da pagare l’avvocato e poi nel caso di condanna i soldi del risarcimento e noi non abbiamo niente. Si sa che se non ce li hai gli esattori ti restano appollaiati sul cranio fino a quando scorgono un guadagno decente, ma quando vedono che lo stipendio ti lascia un euro libero se lo pigliano.

Però egoisticamente mi viene da pensare che i social svolgano una grande funzione sociale. Potrebbe finire in risse coi coltelli e invece è lo sfogatoio di tante persone incazzate per il bene di compagne, o mogli e figli. Prima o poi ci faranno pagare una tassa della Serenità, vedrete, solo per il fatto di usare facebook. Per quel che mi riguarda ogni volta che mi avvicino a quei commenti urlerei solo per gli errori grammaticali. Allora scrivo, maiuscolo, ridondante, “QUAL E’ SI SCRIVE SENZA APOSTROFO!” ma poi cancello perché non voglio finire nel limbo delle autocensurate che al massimo possono scrivere la propria troiografia.

Oh, mi chiedevano del reddito di cittadinanza. Posso rispondere con una pernacchia? Ovviamente a noi non tocca. Siamo ricchi, figuriamoci. Mi viene in mente che i ministri abbiano fatto questa cosa tanto per fare. Ma io sono una malapensante oltre che una malarazza.

Per ora finisco qui. A presto.

—>>>Questo è il racconto a puntate di Malarazza. Potete seguire le puntate precedenti e quelle successive a partire da QUI.

>>>^^^<<<

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