Lei scrive:
Per salvarmi la vita mi sono beccata una denuncia per aggressione. Perché la vita va così. Lui mi umiliava, mi sfotteva davanti ai colleghi, mi molestava e io per difendermi gli ho lanciato una bottiglietta di plastica piena d’acqua addosso. Uno scatto di ira che mise fine alla mia sensazione di impotenza, perché non ne potevo più di subire il suo ricatto. Se parli ti licenzio, se dici qualcosa ti tolgo il posto di lavoro, se ti lamenti dico a tutti che vieni a letto con me. Ma io non c’ero mai andata a letto e mi facevano schifo le sue mani addosso ogni volta che ne aveva l’occasione. Restavo immobile, non riuscivo a reagire e questo mi faceva sentire sporca e in colpa, come se in fondo fossi io a volerlo.
Eppure fuggivo quando in ufficio c’eravamo solo noi due, mi rifugiavo in bagno, andavo in cortile a fumare una sigaretta, e lui si fece più audace. Cominciò a tastarmi anche davanti agli altri e io immobile con gli sguardi altrui addosso, sguardi giudicanti. Solo un collega disse che non era giusto e mi difese davanti agli altri, tre in tutto, due donne e un uomo, che dicevano che facevo la stronza con il capo per guadagnare di più, anche se guadagnavo meno di tutti perché ero l’ultima arrivata.
Poi, un giorno, lui si avvicinò e con il suo modo viscido poggiò le labbra sul mio orecchio per dirmi qualcosa. Presi la bottiglia e gliela lanciai addosso. Lui finse di farsi male e tempo due giorni fui licenziata e poi, dopo un mese, quando pensavo che tutto ormai fosse finito, ecco la sua vendetta: una denuncia per aggressione. I tre colleghi che mi giudicavano avevano testimoniato in suo favore e io rimasi in attesa senza sapere cosa fare. L’altro collega mi consigliò di andare a raccontare tutto al sindacato e quando mi dissero che avrebbero potuto denunciare per licenziamento senza giusta causa dissi di si. Allora la cosa diventò ancora più sgradevole.
Ero io a chiedere quattrini contro uno stronzo che voleva la mia testa. Tempo un anno finì tutto con la mia inutile minaccia di denuncia per molestie e lui che mi diede un paio di stipendi per risarcire il licenziamento. Anche quel patteggiamento mi sembrò sporco, quei soldi mi sembravano sporchi e io pensavo che non avrei dovuto mollare ma mi servivano e poi non volevo più avere a che fare con lui. Non volevo più saperne di quella storia. Mi arresi, come immagino facciano molte donne nella mia stessa situazione.
Oggi ancora pago perché non trovo lavori nello stesso settore, lui mi mette i bastoni tra le ruote e mi accontento facendo quel che capita. La cameriera, la donna delle pulizie. L’anno prossimo credo che migrerò lontano, sto frequentando un corso di inglese per andare via, il più lontano possibile da qui, da questa terra piena di trappole contro donne che se solo provano a difendersi vengono chiamate criminali.
Avreste dovuto vedere lo sguardo della polizia quando provai a spiegargli la situazione. Non mi credevano, si capiva dalla maniera in cui mi porgevano le domande e alla fine mi resi conto che questo non è un paese per donne, non c’è un posto in cui si possa stare in pace senza dover subire umiliazioni. Questa è la mia piccola storia, volevo raccontarvela. Spero che a voi non accada mai quello che è successo a me. Lo spero davvero. Grazie per avermi ascoltato.
Emilia
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ti sono vicina. chiedi a un’amica di aiutarti e fallo nero sotto casa.. la polizia non ti aiuterà e non lo farà neanche il tribunale, un buon avvocato aiuta. Prendila da lezione e non farti mai più toccare o abusare, rispondi sempre in futuro e ti riscatterai ogni volta.. non cercare la forza in altri/e se non in te stessa, sei piena e ganzissima