La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze

La famiglia tradizionale? Io avrei preferito non nascere

Lei scrive:

Ciao a tutta la redazione di abbatto i muri.
Desidererei rimanere anonima, vi ringrazio.

Oggi vi racconterò il perché l’aborto è un importante diritto che le donne devono essere libere di utilizzare quando non vogliono il figlio che hanno concepito.
Io ho 23 anni, ho sofferto per 20 di questi e oggi mi porto ancora dietro i problemi di quei 20 anni passati a soffrire.
La mia mente è a soqquadro, il mio cervello mi sembra una viscida poltiglia nera che mi cola amara giù per la gola quando ricordo tutto il male che ho subito, solo per il fatto di esistere. Solo per il fatto di essere nata contro la volontà di mia madre.

Nel 1996 l’aborto era già legale ma lei non ha voluto ricorrervi poiché mio padre desiderava un figlio e perché lei, nei primi anni della sua seconda decade, piccola e sostanzialmente sola se non fosse stato per mio padre, si è sentita in colpa. Non ha voluto abortire, anche se lei non desiderava alcun figlio. Anche se pensare di avere un figlio la faceva incazzare, la faceva ribollire di rabbia e frustrazione. Lei aveva in mente una carriera importante, una carriera impegnativa, una carriera che non teneva conto di alcuna famiglia. Questo non è una colpa. Avere dei sogni non è una colpa.

Avermi fatto del male per 20 anni, questa è la sua colpa. La sua unica, enorme, schiacciante, orrenda colpa.
Ho preso botte, vomitevoli insulti, umiliazioni di ogni tipo, violente fisiche e psicologiche. Ancora oggi la mia mente è a pezzi per questo. Le sue frasi ancora mi fanno finire in cocci, mi tolgono il respiro come quella volta che cercò di strozzarmi o quelle volte che mi disse che avrebbe preferito che io non fossi mai nata. Lei non voleva figli, lei era grande e forte. Poteva farmi molto male sia con le mani che con le parole. I suoi muscoli, i suoi capelli scuri, il suo sguardo arrabbiato, le poche parole dolci che ho ricevuto da lei, per me lei era da temere. Mia madre era una mina pronta ad esplodere ad ogni mio passo falso. Potevo aver la febbre, mal di pancia, o un problema qualsiasi ed erano botte. Maledetta io ad ammalarmi. Lei non voleva figli come non voleva preoccuparsi se quella cosa che lei non voleva poteva morire di polmonite. Non volevo stare male per non darle peso. Non volevo parlare per non rubarle tempo. Non volevo esistere per non averle rovinato la vita. Tutta la sua vita. Tutti i suoi progetti. Tutti i suoi sogni. Tutti i suoi soldi. Avrebbe voluto spendere i suoi soldi per sé. Avrebbe voluto poter inseguire i suoi obiettivi, senza badare a me che non sapevo badare a me.

Non è una colpa essere egoisti. Se un figlio non lo vuoi, non puoi farci niente.
Portare avanti una gravidanza, guardare il proprio corpo cambiare, ingrassare, stare male, vomitare, essere gonfia, perdere capelli, vedere i propri denti cariarsi, piangere sempre, vedere il proprio addome ricoprirsi di smagliature e poi partorire con estremo dolore, un giorno di travaglio, episiotomia. Le ho rovinato il corpo. Il suo bel corpo da ventenne, chili di troppo e smagliature. L’episiotomia che l’accompagnerà per sempre. Ed infine trovarsi con una bambina piangente tra le braccia.

Fare crescere questa bambina, soldi, soldi, soldi. I bambini non sono gratis. Ed io lo sentivo. Da che ricordo, ricordo la paura.

Avevo paura dei miei genitori. Le prendevo anche se stavo male. Appunto perché stavo male. E non potevo. Le botte se ne sono andate ma rimane il dolore psicologico dei calci e dei pugni. Ma soprattutto rimane il male delle parole. Ed io non ero che una bestia orrenda che vagava tra le sue quattro mura, stretta, sempre più stretta nella paura, ingoiando il proprio vomito, sentendo il proprio cuore voler essere sputato fuori, lo stomaco che voleva mangiarsi da solo, pur di morire. Mi sono allontanata, ma non sarò mai libera da tutto questo.

La sua non è solo stata una gravidanza difficile, ma anche indesiderata. Come tutta la sua vita sprecata per me.
Ed io avrei preferito non sentire alcun dolore ed essere abortita quando ancora non avevo occhi per vedere il suo disprezzo nei miei confronti, orecchie per sentire le umiliazioni, una bocca per urlare il mio dolore, il tatto per non sentire le botte e una mente per pensare a quanto io fossi costretta a quella vita senza poter scappare da nessuna parte.
Invocate pure i servizi sociali, il telefono azzurro, la sua cattiveria. Avete ragione.

Nessuno ha fatto nulla ed io per me l’ho fatto dopo 20 anni, quando ho potuto, quando ho cercato aiuto.
Invocate il vostro dio quando dite che l’aborto è omicidio. Ma io avrei preferito morire a due mesi in quell’utero quando ancora ero un ammasso di cellule senza alcun modo di sentire dolore e non morire giorno dopo giorno, minuto dopo minuto sotto l’odio che mia madre provava per me.

Non sono sicuramente l’unica ad aver vissuto così. Non sono sicuramente la prima né l’ultima.
Non fate sentire in colpa le donne che scelgono di abortire, perché potrebbe nascere un bambino come me. Un bambino che per anni conoscerà solo il dolore.
Un bambino non voluto.
Non chiamate in causa l’adozione. Il suo corpo è stato rovinato da me, dalla gravidanza e non lo potrà mai più avere indietro.
Non chiamate in causa la contraccezione, di cui lei faceva uso. Io sono stata solo un piccolo malfunzionamento di un anticoncezionale.

Quando una persona che utilizza contraccettivi appunto perché non vuole un figlio e questi falliscono, cosa dovrebbe fare? Rovinare la propria vita e quella del proprio figlio solo perché voi, lontani dalla sua vita, la volete fare sentire in colpa perché decide per sé, per il proprio corpo e per il proprio futuro?

Mia madre non voleva un figlio. Ha sprecato la sua bellezza e la sua vita per me. Non ha raggiunto il suo obiettivo perché doveva occuparsi di me e la sua carriera le avrebbe portato via tanto tempo dalla famiglia. Non che mio padre non fosse presente ma lo stereotipo vuole che sia la donna a prendersi cura dei figli e lei ha seguito questa cagata dettata da altri. Lei ha seguito il consiglio degli altri di non abortire perché altrimenti si sarebbe sentita in colpa di averlo fatto.
Sono sicura che sarebbe stata più felice ad abortire piuttosto che a portare avanti la gravidanza.

Lei non ha alcun interesse per me ormai. Come credo che ne abbia avuto pochissimo in passato. Lei mi odia. Ed io la odio. Eppure la compatisco. Lei non ha colpa. La colpa è di chi ha voluto decidere per lei. Tutti voi credenti che pensate che dio esista e che mandi all’inferno le donne che abortiscono. Voi che chiamate in causa dio quando si tratta di aborto, cioè di scienza. Voi che siete dalla parte della vita. Voi che volete difendere la vita.

Pensate che la mia sia stata vita? Costantemente odiata, picchiata, portata a tentare il suicidio, tra depressione, ansia e panico. La vita dovrebbe essere diversa da così. Vivere dovrebbe essere bello, nonostante tutti abbiano qualche problema, nessuno dovrebbe passare la propria vita soffrendo costantemente. Altrimenti sarebbe stato meglio non essere mai nati.
Dov’era il vostro dio mentre io soffrivo sperando di poter morire?
E non tirate fuori il fatto che le sofferenze sono create apposta da dio per metterci alla prova. Perché non avete sofferto anche voi così?

Quante voi ho chiamato dio per chiedergli aiuto, voi non lo sapete.
Il vostro dio non c’era e non ci sarà per tutti gli altri bambini come me.
Questa è la mia storia. Una storia vera. Una storia che è qui solo per farvi capire che una donna se decide di abortire e la legge glielo permette, voi non dovete metterci parola. Non chiedetele motivazioni, ne avrà di sicuro.
Altrimenti dovrete sentirvi in colpa per tutta la mia sofferenza.

Ora io sto bene, o almeno sto meglio, non ho più il suo odio addosso. Sto con una persona che mi vuole bene e non mi fa alcuna pressione. Sono finalmente lontana da loro, ed ora a volte sono felice, ma il dolore mi accompagnerà per sempre.

 

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