Originariamente pubblicato su Everyday Feminism.
Tradotto da Lorenzo e Nicoletta per Questo Uomo No.
Pensi che #NonTuttiGliUomini? Questi 4 Fatti Provano Che Stai Proprio Sbagliando
Cari Uomini Benintenzionati Che Vi Credete Al Sicuro, Legittimando In Tal Modo l’Argomento “Non Tutti Gli Uomini”,
Cominciamo da qui, anche se non ci dovrebbe essere bisogno di dirlo: non pensiamo che tutti gli uomini siano abusanti o pericolosi. La maggior parte degli uomini non lo è.
Ci sono uomini che noi amiamo molto – uomini vicino ai quali ci sentiamo il più delle volte al sicuro e non minacciate; uomini che, nei fatti, ci supportano, ci rispettano, si prendono cura di noi a livello familiare, platonico, romantico, sessuale. Non ogni uomo ci ha fatto violenza individualmente; per la maggior parte di noi, ci sono tantissimi uomini di cui ci fidiamo.
Sappiamo cosa volete dire con “non tutti gli uomini” – perché, di base, siamo d’accordo con voi.
Ma l’educazione sociale degli uomini è tale che anche un brav’uomo – che è di sostegno, che porta rispetto, che è degno di fiducia – ha in sé il potenziale della violenza e dell’aggressione perché questi comportamenti sono normalizzati tramite il patriarcato.
E perciò, sappiamo che anche gli uomini che amiamo, per non parlare di quelli che non conosciamo, hanno il potenziale per essere pericolosi. Certo, questo potenziale ce l’hanno tutte le persone. Ma in un mondo diviso tra oppresse e oppressori, quelle imparano ad aver paura di questi come meccanismo di difesa.
Quindi quando entrate in un luogo – qualsiasi luogo – come uomini, portate con voi la minaccia della violenza.
Naturalmente, nella maggior parte dei casi, non è niente di consapevole. Noi non pensiamo che la maggior parte degli uomini vada in giro per il mondo pensando a come possa farci del male. Non pensiamo che Il Patriarcato™ sia una sala riunioni piena di uomini che si chiedono “Come posso fottermi le minoranze di genere oggi?”. Avreste difficoltà nel trovare una femminista che lo crede sul serio.
Ma quello che rende (sì) tutti gli uomini potenzialmente pericolosi – quello che rende (sì) tutti gli uomini sospetti agli occhi del femminismo – sono i comportamenti violenti “normalizzati” che hanno appreso, e che mettono in atto in modo acritico.
Non facciamo errori: quando usate la frase “non tutti gli uomini” – o comunque quando la prendete per buona – state dando a voi stessi e ad altri il modo di continuare a praticare la violenza della “mascolinità” sanzionata socialmente e senza conseguenza alcuna, che ne abbiate intenzione o meno.
In verità, la sola cosa vicina alla sfida contro questo tipo di violenza è controllare e criticare costantemente il vostro diritto appreso – e quello degli altri uomini. Ma non potete farlo finché rimanete imprigionati nello spazio del credere che “non tutti gli uomini” sia un argomento valido.
Così abbiamo voluto chiamarvi in causa, uomini benintenzionati, per parlare di questi quattro punti che vi dimenticate quando affermate “non tutti gli uomini” come un modo per rifuggire dalle responsabilità per l’oppressione patriarcale.
Perché è di tutti gli uomini, davvero. Ed ecco perché.
1. Tutti Gli Uomini Imparano La Socialità Sotto Il (E Beneficiano Del) Patriarcato
Ecco la verità: la maggior parte delle volte che generalizziamo e usiamo la parola uomini, ciò a cui ci stiamo davvero riferendo sono gli effetti del patriarcato. Quello che realmente intendiamo comunicare quando diciamo “gli uomini sono orribili”, per esempio, è “il modo in cui gli uomini sono socializzati sotto il patriarcato, e come questo beneficia loro e svantaggia qualcun altro, a volte in maniera violenta, è orribile”.
Ma è una specie di scioglilingua, no? Così usiamo uomini come scorciatoia linguistica per esprimerlo.
E prima che voi cominciate con “Ma questo è generalizzare”, non lo è affatto. Perché è vero che tutti gli uomini vengono socializzati, e hanno qualche beneficio, dal patriarcato.
Vale a dire, l’unica cosa che veramente associamo a tutti gli uomini è il patriarcato – ed è dannatamente sensato, anche se colpisce gli uomini in maniera differente, a seconda delle diverse intersezioni delle identità.
Perché è così che funziona, amici miei: vivendo negli Stati Uniti [figuriamoci in Italia!, n.d.t.] ciascuno di noi viene socializzato sotto il patriarcato – un sistema nel quale gli uomini detengono più potere degli altri generi, sia nella vita quotidiana che in quella istituzionale, e perciò danneggiando sistematicamente chiunque non è uomo nell’asse del genere. Come tali, noi tutti (tutti e tutte!) cresciamo per credere a, e quindi per rappresentare, certi messaggi di genere.
Noi tutti impariamo che gli uomini meritano più di chiunque altro: più soldi, più risorse, più opportunità, più rispetto, più riconoscimento, più successo, più amore. Tutti noi lo interiorizziamo. Dire che “non tutti gli uomini lo fanno” è assurdo – perché, molto semplicemente, tutte le persone lo fanno.
Per chi non è uomo, questo significa che noi siamo socializzate a valere meno e ad assecondare i bisogni degli uomini nelle nostre vite. E questo non deve essere esplicito per essere vero.
Quando ci viene difficile dire no ai nostri capi quando ci viene richiesto di lavorare ad un nuovo progetto che non abbiamo il tempo di seguire, o ai nostri compagni uomini quando ci chiedono uno sforzo emotivoche non siamo in grado di reggere, non è perché pensiamo attivamente “Bene, Jim è un uomo, e in quanto non-uomo, non posso dirgli no”.
È perché ci è stato insegnato, sempre e da sempre, fin dalla nascitaattraverso l’osservazione (ehi, la social learning theory! ) che non ci è permesso – altrimenti saremmo punite – usare l’espressione no. Al contempo, ciò a cui gli uomini si riallacciano implicitamente è che ogni volta che chiedono qualcosa, la devono ottenere (ehi, la script theory!).
Un senso di acquisizione di diritto non nasce dal credersi migliori di chiunque altro o dal meritare in maggior misura favori e rispetto. Nasce dal disagio della rottura del copione sociale. E il copione sociale del patriarcato è una cosa che permette agli uomini di beneficiare del disagio altrui.
E tutti gli uomini sono, almeno passivamente, complici di questo sistema patriarcale che ricompensa il diritto maschile. Lo vediamo ogni singolo giorno.
Una delle caratteristiche del privilegio e che è spesso invisibile dall’interno. È difficile cogliere la portata e lo scopo di un sistema progettato per beneficiarti quando è così onnicomprensivo come lo è il patriarcato. E questo vi può portare a prendere per buona l’idea di “non tutti gli uomini”.
Per chi ne è al di fuori, tuttavia, i margini sono dolorosamente visibili. Ecco perché gli uomini che davvero vogliono aiutare ad essere alla pari hanno la responsabilità di ascoltare chi riesce a vedere cose che loro non vedono.
Quando le minoranze di genere vi dicono che le state ferendo, ascoltate. Ascoltate anche quando non capite. Ascoltate specialmentequando non capite.
Voi non potete vedere tutte le modalità in cui il vostro essere maschi distorce il tessuto sociale, ma noi sì. E se volete smantellare il patriarcato, dovete scegliere di accettare che una cosa non è meno reale perché voi non la vedete – o non crederete a voi stessi per averne fatto esperienza.
2. Tutte Le Violazioni (Grandi e Piccole) Sono Parte Dello Stesso Sistema Violento
Immaginate: un uomo benintenzionato fa un complimento a una donna al bar. Non ha alcun movente minaccioso, e – dopotutto – è in un ambiente appropriato per flirtare.
Quando la donna lo respinge, per una qualsiasi ragione (ha una relazione, non le piacciono gli uomini, semplicemente non è interessata), l’uomo si sente snobbato – perché è stato gentile e rispettoso, ma non è stato ricompensato per questo.
Quest’uomo benintenzionato probabilmente vi dirà che l’affetto di una donna non gli è dovuto; questo lo sa. Ma comunque si sente ferito dal non averlo ottenuto. E questo è giusto. Il rifiuto ferisce.
Ma forse lui crede di essersi avvicinato a lei in un modo abbastanza gentile da consentirgli almeno una breve chiacchierata. Dopo tutto, gli uomini sanno che essere galanti, ben educati, è il modo “giusto” per “avere” le donne, e quindi si aspettano in qualche misura di essere ricompensati per il loro buon comportamento. Ma se quel sentimento guida parte della sua delusione, allora quello è un senso di acquisizione di un diritto, per quanto piccolo.
Un uomo del genere non è un abusante in senso assoluto. Ma il suo diritto così acquisito lo rende potenzialmente rischioso per le donne che gli stanno intorno. Ed è difficile osservare questo senso di acquisizione del diritto dall’interno, o interrogarsi su di esso, o iniziare a spezzarlo.
Come tale, quando generalizziamo e diciamo, “Gli uomini si sentono autorizzati ai nostri corpi”, quest’uomo sbaglierebbe se dicesse “Non tutti gli uomini sono come quello – Io non lo sono”. Semplicemente non connette l’amarezza del rifiuto con il più ampio senso di acquisizione del diritto che ha appreso e interiorizzato. Per di più, non può capire in che modo questo senso di acquisizione del diritto sia sintomatico di una più estesa cultura patriarcale in cui agli uomini è insegnato che l’interesse romantico e sessuale da parte delle donne gli è dovuto.
Può sembrare una sottilissima fettina della torta patriarcale, ma ciò non toglie che sia velenosa.
Ecco un altro esempio: un uomo benintenzionato , durante una conversazione con una donna, le parla addosso o le dà spiegazioni (mansplaining) senza rendersi conto di come si comporta. Probabilmente non lo fa intenzionalmente. Forse ha letto Men Explain Things to Me di Rebecca Solnit e non si sognerebbe mai di trattare una donna con condiscendenza. Vuole solo esprimere la sua opinione. Ed è giusto, no?
Ecco cosa succede con le opinioni, tuttavia: non sono tutte ugualmente valide o degne di essere espresse, non importa cosa vi hanno insegnato alle elementari. Non avete automaticamente il diritto di esprimere la vostra opinione: infatti, la vostra opinione può essere inutile o addirittura dannosa in certe conversazioni.
Quest’uomo benintenzionato pensa di stare dando il proprio contributo a una discussione, si sente in diritto di farlo, perché ha il diritto di esprimere la sua opinione. Non si accorge del modello abituale di sentirsi parlare addosso, sentirsi sminuiti o respinti, di cui la sua amica fa esperienza quotidianamente, al quale lui ha appena contribuito .
E perché dovrebbe? Sta solo dando la sua opinione. Non cercava di sminuirla. Dal suo punto di vista, è solo una discussione.
In che modo tutto questo – in qualunque maniera, forma o modello – può essere simile a un potenziale danneggiamento nella carriera, quando le minoranze di genere non sono invitate a esprimere il proprio pensiero in ambito accademico o professionale, o vengono scavalcate e non ammesse a un comitato di esperti? In che modo questo può essere simile a un partner che crede che la sua parola sia il non plus ultra e non permette mai alla partner di esprimere a voce i suoi bisogni?
Detestiamo i ragionamenti “scivolosi”, ma è proprio quello che succede – una serie di microaggressioni non intenzionali che abilitano una cultura più vasta fatta dello zittire e mettere ai margini persone diverse dagli uomini. In quel contesto, tutte queste violazioni hanno un peso.
Pensateci: se non perderete mai l’abitudine di sentirvi in diritto di fare complimenti indesiderati o di parlare addosso a una donna, potrete mai fermarvi?
Un uomo si aspetta una ricompensa per il suo buon comportamento, un altro per “complimenti” indesiderati, un altro ancora per molestie in strada. Un uomo resta in silenzio davanti a barzellette sugli stupri, un altro le racconta, l’altro ancora comprende che se commette uno stupro i suoi amici ne rideranno. C’è una linea molto ben definita che conduce dal diritto “innocuo” al danno e alla violenza contro di noi.
Quindi, di certo, forse “non tutti gli uomini” molestano in strada o commettono violenza sessuale. Ma in che modo le vostre azioni hanno contribuito a una cultura che permette che accadano queste cose?
3. L’Impatto delle Vostre Azioni è Più significativo Dell’Intenzione
Fico. Non intendevi contribuire all’oggettivazione delle queer quando hai raccontato quella barzelletta sconcia sulle lesbiche. Forse pensi addirittura di essere talmente “illuminato” in quanto “uomo femminista” che dovremmo proprio saperlo che “non intendevi quello”. Anzi, forse pensi addirittura di essere stato “sovversivo” a raccontarla. Ok.
Ma dal punto di vista di una donna, questo non conta, perché siamo ancora costrette a sentire gli effetti di questa mentalità ogni giorno – e il tuo portarla in primo piano ha un impatto negativo su di noi, non importa quale diavolo fosse il tuo intento.
Molti uomini non fanno cose dannose con malizia. Possono farle in maniera subconscia, aderendo ai modi in cui è stato insegnato loro di comportarsi, come facciamo tutti.
Altri uomini, naturalmente, sono intenzionalmente violenti. Ma gli effetti di entrambi sono incredibilmente dannosi.
Certo, siamo meno propense a provare risentimento verso chi ci ha pestato un piede accidentalmente di quanto lo siamo verso chi ci è saltato sopra con cattiveria – specialmente quando ci si prende la responsabilità e si chiede scusa. Ma il dannatissimo piede ci fa male lo stesso.
Per una minoranza di genere c’è poca differenza tra l’impatto accidentale e il dolore intenzionale. Un uomo che casualmente non ti fa sentire al sicuro è pericoloso tanto quanto uno che lo fa di proposito.
Quindi, non importano le vostre buone intenzioni, non siete scagionati quando fate del male a qualcuno. E per tutto quello di cui abbiamo parlato sopra, è probabile che voi (sì, tutti gli uomini) facciate del male e facciate violenzastupriate. E avete bisogno di prendervene volontariamente la responsabilità.
4. La Profondità del Lavoro da Fare È Evitata Dalla Maggior Parte Degli Uomini
È comprensibile che reagiamo diffidando anche degli uomini “sicuri” come regola, quando anche gli uomini sicuri posso farci male – perché anche gli uomini “sicuri” sono stati cresciuti e formati da una società patriarcale che ci fa male attivamente e passivamente ogni giorno. Non c’è via di fuga, indipendentemente dalle migliori intenzioni di chiunque, e quindi è inutile parlare dell’intenzione come mitigatrice del male.
Aggiungete a questo la raffica costante di delusione e dolore che proviamo quando questi uomini autoproclamatisi “sicuri” o “femministi” alimentano per farci male – cosa che accade troppo spesso per essere considerata un’anomalia – ed è facile capire perché le donne reagiscono con sfiducia o con aperta ostilità quando gli uomini “sicuri” si presentano in spazi femministi.
Vogliamo rassicurarvi che le vostre buone intenzioni condurranno ad azioni positive, davvero. Ma ecco cosa abbiamo bisogno che capiate prima che questo possa accadere: ciò che ci state chiedendo di accettare richiede un accidenti di lavoro da parte vostra – e abbiamo visto mille volte che molti autoproclamatisi “alleati” non hanno intenzione di farlo.
Essere un uomo “sicuro” – diamine, essere un femminista – è più che semplicemente pensare di esserlo e collezionare elogi da parte di altri per il minimo lavoro fatto per non essere uno stronzo.
Lavorare vuol dire, letteralmente,lavorare – sporcarvi le mani (e avere potenzialmente una crisi esistenziale nel corso di questo processo).
Vedetela così: se trascorrete la vita dando per scontato che il vostro comportamento dannoso sia appropriato, e gran parte della società vi dà un riscontro positivo, perché dovreste fermarvi a fare un esame di coscienza? Non vi è stata data nessuna indicazione che dovreste farlo.
Se non imparerete a osservare il vostro comportamento all’interno del più ampio danno causato alle minoranze di genere, che motivazioni avrete a cambiare? E se continuerete ad assorbire passivamente atteggiamenti deleteri nei confronti del diritto maschile, vi darete davvero da fare a cercare comportamenti negativi negli altri uomini?
Perché la verità è questa: anche quando non è conscio, il diritto maschile è una scelta – una scelta di essere acritici, una scelta di continuare a godere passivamente di benefici. E tentare di lottare contro questi diritti è una scelta – che deve essere sia conscia che continua. Dovete sceglierla ogni giorno, in ogni caso.
Ma quanti uomini benintenzionati scelgono davvero questa strada, invece di insistere semplicemente che “non tutti gli uomini” e che loro “non sono così”?
Indizio: voi siete “così” – specialmente se non lottate attivamente contro il patriarcato. E affermare che “non siete così” non nega il patriarcato – anzi, lo rinforza.
Combattere il diritto maschile acquisito significa assumersi il peso della vigilanza – osservare non solo se stessi, ma gli altri uomini. Significa essere aperti alla contestazione delle proprie ragioni, anche quando sono nobili. Significa sapere di non essere puri come pensate.
Significa valutare il male che siete in grado di causare, ed essere proattivi nel mitigarlo.
Di più, è una decisione conscia per considerare ogni individuo come qualcosa di degno di considerazione e inviolabile come voi stessi.
E significa farlo ogni singolo momento della vostra vita. Punto.
Se davvero volete interrompere il ciclo di “tutti gli uomini”, questo è il solo punto di partenza.
Uomini benintenzionati, se dobbiamo essere oneste, amiamo molti di voi. E di quelli che non conosciamo, vogliamo fidarci e avere stima. Vogliamo sentirci sicure intorno a voi.
Noi non vogliamo avere paura degli uomini o non fidarci di loro. Non vogliamo mettere in atto una valutazione dei rischi per ogni uomo che incontriamo. Fidatevi – è una vita miserabile! Abbandoneremmo volentieri questa pratica se non fosse assolutamente necessario per la nostra sopravvivenza.
Ma non è compito nostro vigilare su comportamenti dannosi che non abbiamo speranza di controllare. E non c’è niente che possiamo fare da sole. Spetta agli uomini fare di loro un gruppo sicuro.
E non avete altro modo per farlo se non accettare che sì, sono tutti gli uomini – voi compresi – e iniziare a lavorare su questo.
Love always,
Aaminah and Melissa
Melissa A. Fabello, Managing Editor of Everyday Feminism, is a body acceptance activist and sexuality scholar living in Philadelphia. She enjoys rainy days, tattoos, yin yoga, and Jurassic Park. She holds a B.S. in English Education from Boston University and an M.Ed. in Human Sexuality from Widener University. She is currently working on her PhD. She can be reached on Twitter @fyeahmfabello.
Aaminah Khan is a Muslim queer writer, teacher, and activist. Her work has appeared in The Progressive, Huffington Post, Black Girl Dangerous, and elsewhere. She blogs, tweets, and catches Pokémon as jaythenerdkid.
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