Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Personale/Politico, R-Esistenze

Verso l’8 marzo: IO SCIOPERO PERCHE’…

Chiara scrive:

Verso l’8 marzo: IO SCIOPERO PERCHE’….

Tette, tette nude, tette al vento, capezzoli femminili censurati perché osceni. Tette che il patriarcato consente, se lo consente, di scoprire solo quando fungono da nutrimento per un altro essere umano.

Corpo femminile, sinuoso, sensuale, da coprire, che induce in tentazione, terreno di conquista, proprietà del marito, del padre, del maschio di turno, corpo che diventa strumento di procreazione, campo da arare, corpo che offre godimento all’uomo ma non ha il diritto di rivendicare piacere autonomo.

“IL CORPO E’ MIO”. Non è un semplice slogan, è una sfida radicale a tutti i poteri che nel corso dei secoli hanno legiferato sul corpo femminile, dalle religioni allo stato, all’ideale di verginità come valore importante neanche fossimo olio d’oliva, all’idea che il valore di una donna passi necessariamente e soprattutto dall’uso che fa della sua fica.
Puttane, meravigliose e splendide puttane, donne che si rifiutano di sottomettersi alla logica maschilista di purezza, virtù e castità, che rifiutano di coprire il loro corpo e si sentono urlare: puttane.

Donne che l’8 marzo festeggiate andando in giro per locali a sculacciare spogliarellisti, siete belle anche voi, è libertà anche la vostra, quindi ridete, bevete, divertitevi, anche se qualche bigotton* di turno vi bacchetterà dicendo che l’8 marzo non è la sagra della zoccola.
Puttana è una parola che adoro, dovremmo riappropriarcene dandole un valore positivo, che tutte, più o meno, nella nostra vita, ce lo sentiremo dire almeno una volta, da donne che non riescono a tollerare un uso libero del corpo di altre donne, da uomini che non possono sopportare che la donna cessi di essere un oggetto di cui disporre liberamente.

Le puttane che non accettano di essere identificate esclusivamente come figlie, madri, sorelle, mogli, quindi sempre in relazione all’uomo, ed è il patriarcato a dire che l’uomo deve mantenere, proteggere, tutelare la donna, che è debole, un fiore delicato di ‘sto cazzo.
E liberarci dalla legittimazione dei ruoli di genere attraverso il pretesto delle differenze biologiche.

E liberarci dalla famosa massima, che tante decantano fieramente: “Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”. Non accettare, no, di essere dietro a nessuno, ma avanti, in prima linea, fiere, spavalde, a testa alta.

E liberarci dall’idea che le donne sono più delicate, naturalmente tese verso il modello dell’amore romantico, verso i ruoli di cura, mentre l’uomo è un predatore, che tende per natura al libertinaggio, inaffidabile: alle donne, se non vengono educate a reprimere e reprimere e reprimere per essere “vere” donne, piace scopare esattamente come agli uomini.

E liberarci da favole dove principesse aspettano passivamente di essere salvate da un principe e proporre alle bambine di oggi e di domani modelli di donne forti e autodeterminate che hanno fatto la storia.

E liberarci dall’idea che se non sei madre in quanto donna non vali niente.
E liberare l’infanzia dai colori, rosa e azzurro; dall’usare “femmina” come insulto; dalla creazione di una mascolinità che abbia come legittimazione l’inferiorità della femminilità.

E poi liberiamo lei, la fica.
Nessuno si stupisce che un uomo usi il pene. Ma che una donna osi usare liberamente la propria fica suscita ancora moralismi e giudizi di ogni tipo. Contro il tabù della masturbazione femminile, per un’educazione sessuale che insegni come unica regola fondamentale quella del consenso, senza dogmi morali che fanno tanto male.

E per tanti, tanti altri motivi ancora, ci vediamo l’8 marzo.

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