Lei scrive:
Negli ultimi decenni si è assistito a un cambiamento nella visione del parto.
Quando sono nata io, nei primi anni ’80, apparentemente mia mamma non aveva grandissime aspettative a riguardo, se non che mi tirassero fuori nel modo più sicuro per entrambe le parti in causa. Mi ha raccontato di ricordare pochissimo dell’effettivo travaglio e del momento di espulsione, non perché “i dolori tanto si dimenticano” quanto perché era stata opportunamente sedata.
Adesso un simile atteggiamento viene guardato con sospetto e indignazione: il parto non è più soltanto il momento dell’uscita del bambino dal corpo materno ma un’*esperienza*, che deve essere vissuta appieno, deve essere magica, mistica, soddisfacente, deve essere “un bellissimo ricordo”, deve farti provare appieno l’energia del corpo femminile eccetera eccetera, bla bla bla.
Il corpo femminile è “fatto per questo”, non c’è “niente di più naturale”, è “fisiologico”: gli eccessivi interventi medici rendono il processo più difficili, anzi, perché si ostinano a intervenire? Non sarebbe meglio partorire direttamente a casa, in modo da poter fare il parto in acqua, il parto ipnotico, il parto orgasmico, magari aiutate solo da un’ostetrica e una doula, senza ‘sti medici che si ostinano a stare tra le palle, magari per salvare la vita del bambino?
Peccato che la tanto citata “natura” non sembri essere proprio dello stesso avviso: per gran parte della storia dell’umanità, il processo della nascita è stato non-medicalizzato, e, sorpresa sorpresa, le donne morivano. I bambini morivano. A pacchi. Per capirci, nei primi del ‘900 (dove iniziamo ad avere delle statistiche più o meno affidabili), ne morivano 600 su 100.000 e nei secoli precedenti almeno il doppio.
Nei paesi in via di sviluppo, dove gli interventi medici sono ancora scarsi, si registrano i più alti casi di mortalità nel corso del parto (la prima causa di morte per le donne), con i picchi nei paesi sub-sahariani e del sud dell’Asia.
Anche quando la donna non muore, spesso si trova a sopportare disabilità fisiche per tutta la vita, come la fistola ostetrica, una lacerazione molto grave che interessa oltre due milioni di donne nel mondo che non hanno avuto accesso a un intervento medico durante il parto e che compromette drammaticamente la qualità della vita.
Ma come, non era un processo meraviglioso, naturale, fisiologico eccetera?
No. Semplicemente, no.
La genitorialità è (spesso) magica e meravigliosa: la capacità dell’essere umano di amare in modo incondizionato, di prendersi cura di qualcuno non per un qualche tornaconto, ma semplicemente per un istinto di amore così potente e totalizzante è meraviglioso.
Il parto è un processo doloroso (per alcune di meno, per altre di più) e potenzialmente pericolosissimo.
Nell’antica Grecia, gli Spartani trattavano le donne morte nel parto con gli stessi onori riservati ai caduti in battaglia. Forse avevano più chiaro il processo di noi.
Io capisco l’idea romantica di voler vedere il parto come un momento di affermazione della propria femminilità, della propria forza, del voler affrontare la sfida, il volersi riappropriare di questo momento; ma non fatevi fregare, è sempre una battaglia sulla nostra pelle, e sui nostri soldi.
Da una parte i medici, che ci trattano come pazienti di serie B che dovrebbero stare zitte e non rompere troppo durante il travaglio che non lo sapete che le donne devono soffrire?; dall’altra le ostetriche, che spesso sono persone gentili, ma il cui ruolo, di fatto, è impedirti di andare a scocciare anestesisti e medici che avrebbero i mezzi per ridurre il dolore disumano e accorciare i tempi e i rischi dello stesso, fornendo placebo e contartela sul fatto che “è tutto normale”, “ci sono passate tutte”, “vedrai come sarai felice quando vedrai il tuo bambino” eccetera.
Se qualcuno interrompe la tua sofferenza, loro non sono più centrali nel processo. Sono “solo” infermiere; per questo, a partire dal corso preparto ti inculcano ben bene che è “la medicalizzazione del parto” ad essere pericolosa, che naturale è bello, sicuro, totalizzante, un’esperienza da vivere fino in fondo, mica te ne vorrai privare? Se non lo fai non sei una “vera madre”: e questo contribuisce alla retorica del sacrificio materno, che inizia subito, e vede la sua massima espressione nei reparti maternità.
(A onor del vero c’è stato un momento in cui l’intervento medico rendeva più pericoloso il parto, cioè ai primi del ‘900 quando i medici non si lavavano le mani. Inutile dire che la situazione nei paesi occidentali ora è ben diversa.)Per non parlare di tutto il mondo che gira intorno al parto “naturale”: corsi di meditazione, doula, consulenti di allattamento, gente il cui sostentamento dipenda dal fatto che tu soffra il più a lungo possibile e senza aiuto medico, perché ti stanno vendendo un’”esperienza”, e la devi vivere come dicono loro.
È una battaglia di potere, e ancora una volta viene fatta sui nostri corpi.
Sappiatelo, quando entrate in ospedale.
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