Lei scrive:
Grazie per la pagina interessante ed intelligente, una perla rara nello zoo urlante dei social.
Ti scrivo perché sono colpita dal post sul parto (“Ciao ragazze vi spiego come è un parto e vi passa la voglia di fare un figlio) e, sebbene all’inizio pensassi di commentare quello, credo che il mio commento sarebbe troppo lungo.
Intanto grazie per questa testimonianza. Credo che oggi giorno tutto quello che sta attorno alla maternità sia ampiamente edulcorato, con il risultato che quando ti ritrovi sola, ferita e dolorante, con un neonato che strilla e la casa per aria non puoi che sentirti completamente inadeguata ed incapace. Nella tua testa fanno eco le immagini di mamme perfette della pubblicità della pampers, bambini sorridenti e felici, case splendenti e disinfettate e lunghe passeggiate con la carrozzina ultimo modello (rigorosamente in forma smagliante, perché sei anche donna e non puoi rinunciare al tacco 12). A te no. A te è toccato il bambino difettoso, che se lo metti in culla piange, se lo metti nel passeggino piange. Lui deve starti addosso. Sempre. E addosso ti stanno pure tutti gli altri con i loro consigli invadenti. Tu ti trascini con il tuo grappolo di emorroidi, i capelli unti da una settimana, uno schema di Natale al punto croce sulla vulva e pensi con sconforto alla tua pancia flaccida e striata (colpa tua anche quello, perché non sei tonica abbastanza e perché non hai speso tutti i tuoi risparmi in olio di rosa mosqueta colta in plenilunio da vergini tibetane). Tutti ti ricordano quanto sei fortunata ad avere quella creatura e quando appena appena il “chicazzomelhafattofare” tenta di avvicinarsi alla soglia del pensiero cosciente, ti senti in colpa ed ingrata (specie se quel figlio l’hai cercato per anni e hai troppo spesso avuto paura che non sarebbe venuto mai)
Nella mia vita non ricordo nulla di così sconvolgente e demoralizzante come i 30 giorni dopo il parto. La maternità è un periodo duro difficile e stremante, del quale il parto non è nemmeno il momento peggiore e sarebbe giusto parlarne, sarebbe giusto raccontarne e sarebbe giusto essere pronte ad accogliere con più consapevolezza il crollo ormonale del post parto.
Però.
Però il post che ho letto secondo me va fin troppo nell’altra direzione. Cerco di spiegare quel che intendo.
Intanto secondo me una donna che “si innamora del figlio che aveva quasi 3 anni” è una donna che avrebbe avuto bisogno di aiuto, che avrebbe avuto bisogno di raccontarsi e di essere ascoltata molto prima, è una donna che sicuramente ha sofferto molto e molto probabilmente ha avuto un trauma e una forte depressione post parto. Già il titolo per me è forviante perché “vi spiego come è un parto” può far credere che questa sia la realtà sempre o nella maggioranza dei casi. Il suo racconto del parto non è come le cose vanno sempre ma è come le cose sono andate quella volta e come le cose si spera non vadano. Non sempre tagliano, non sempre fanno il clistere e non sempre giudicano.
Io ho avuto un parto splendido, doloroso e faticoso (sì, splendido e doloroso possono riferirsi allo stesso oggetto senza troppe difficoltà). Non sono stata tagliata, non sono stata obbligata a tenere delle posizioni, non ho subito violenza ostetrica. Sono stata ascoltata in ogni mia esigenza, guidata e supportata. Mi è stata offerta la partoanalgesia e non ho mai avuto sensazioni spiacevoli dal punto di vista umano. Certo il parto è sporco, è sangue e sudore, è crudo, reale, vivido. ANIMALE.
Nel mio caso (che porto a mero esempio perché poi ognuno possa scegliere quello che per sé reputa più adeguato, non perché questo sia quel che penso tutti dovrebbero fare) il parto vaginale senza anestesia è stato una forte ancora di salvezza nel puerperio. La spinta che mi ha fatto credere che “se ho superato questo posso superare altro, sono forte e potente”. E’ una scelta che ho fatto in serenità e che non rimpiango ma che mai ho pensato sia LA strada. Ognuna sia libera di figliare/non figliare e di farlo quando e come meglio crede. Io non mi sento meglio o peggio di nessuno e francamente spesso devo rileggere interventi come questo più e più volte per non sentirmi giudicata nella mia scelta. Non sono una mamma hippy ed incosciente perché non ho voluto l’anestesia e nemmeno vivo nel medioevo. Semplicemente ho fatto quello che ho reputato più giusto per me in quel momento.
Secondo me non importa fare l’anestesia o non farla, allattare o prendere le pastiglie, dire che si vuole un cesareo supportati da un’equipe medica e con tutti gli strumenti più moderni o voler partorire nell’intimità di casa propria aiutati da una doula ed un’ostetrica . Quel che davvero conta è che dobbiamo poterci informare. Scegliere con cognizione di causa perché, reperiti tutti i dati necessari, nessuno più di noi può sapere cosa sia meglio per la nostra pelle. Siamo noi ad avere la responsabilità della nostra salute e della nostra vita ed è in questo senso che non viviamo nel medioevo. I mezzi ci sono. Informiamoci e scegliamo. Dobbiamo poter scegliere. Dobbiamo sapere a cosa stiamo andando in contro. Dobbiamo lottare contro la violenza ostetrica e contro il mum shaming di qualsiasi tipo e fare in modo che ogni donna che scelga di fare un cesareo lo faccia sapendo tutti i pro e i contro, ogni donna che scelga di fare un parto vaginale lo faccia sapendo ogni pro ed ogni contro. Per poi scegliere e determinarsi nella direzione che reputa a lei più congeniale.
Questo era ciò che mi premeva dire. Ora ti racconto il mio parto così sarà un caso in più da mettere nella tua raccolta, poiché la tua richiesta di racconti va perfettamente in linea con quanto finora detto e cioè che ci si debba informare per scegliere. Magari la mia esperienza può essere d’aiuto.
Abbiamo concepito nostra figlia dopo 2 anni di tentativi, quando ormai si ipotizzava di gettare la spugna o di intraprendere un percorso di PMA. La gravidanza è stata da manuale e sono arrivata al parto serena e abbastanza in forza. I racconti che leggevo e sentivo mi preparavano ad uno sforzo immane per giorni ed ore. Avevo paura ma fiducia in me stessa. Le mie più grandi paure erano di fare qualcosa di imbarazzante come rompere le acque sulla moquette dell’ufficio, defecare o urinare durante le spinte. Avevo paura del mio corpo e delle sue incontrollabili reazioni. Avevo paura di dover fare troppa fatica e di arrivare alla fase espulsiva senza più forze per completare il parto. Avevo paura del dolore.
Mia figlia è nata a 41 settimane. Al primo controllo alla mattina la dottoressa mi ha detto che ero solo a 2cm, di tornare a casa e farmi una doccia e rilassarmi: con il primo figlio ci si mette molto tempo e non aveva senso restare in ospedale, torna dopo pranzo mi disse. Tornai dopo pranzo, dopo una doccia perché volevo arrivare in ordine e non puzzare (era il luglio torrido del 2016 e ancora alla mia mente si affacciava questa paura di essere sporca, l’imbarazzo per gli umori del mio corpo.. se solo avessi saputo quanto queste paure fossero sciocche!). Le contrazioni erano forti avevo quasi voglia di spingere in macchina. In ascensore trovai la stronza, emblema della società che combatto: “che sarà mai, io di figli ne ho fatti 3!”. Sì, e nemmeno mettere al mondo 3 creature ti ha insegnato cosa sia l’empatia. Arrivata in reparto ero a 5 cm, tempo di mandare il mio compagno in macchina a prendere la valigia ed ero ad 8. L’ostetrica mi ha offerto di fare l’epidurale. Le ho chiesto se i dolori fossero quelli o peggiori e quanto ci avrei messo ed ho deciso di non farla. Temevo di non sentire a sufficienza il mio corpo durante le spinte, avevo paura di un ago nella schiena e pensavo che tutto sommato potevo farcela senza. Ho cambiato diverse posizioni, su mia iniziativa e su incoraggiamento di Francesca, il mio angelo. Dopo un paio di ore, durante le quali l’unico intervento esterno è stato la rottura delle membrane (procedura totalmente indolore praticatami dopo mio consenso e per velocizzare il parto) ho partorito mia figlia in piedi, al decimo squat. Il dolore come lo racconti? Io non trovo nulla di simile a quello che ho provato e non è vero che lo dimentichi. Però lo superi e lo vinci, oso quasi dire che mi aspettavo di peggio. Avevo le gambe in fiamme ed ero frastornata. Il mio compagno piangeva come un vitello. Mia figlia era grande e brutta. Il cordone era corto e l’hanno tagliato subito perché non riuscivo a prenderla. Niente clampaggio ritardato e niente donazione…alla faccia dei mesi e mesi spesi ad informarmi sul da farsi. Mi misero mia figlia sulla pancia. Ricorderò sempre come l’ho trovata pesante e profumata. La mia pancia era la cosa più brutta che avessi visto: molle vuota e rovinata. Mia figlia ha iniziato a succhiare con forza, altra sensazione che non scorderò, mai. Ce l’avevo fatta. Era vero.
Non “sono riuscita” ad espellere la placenta quindi dopo qualche minuto di tentativi sono stata portata in sala operatoria. Anestesia totale e 3 ore di intervento. Normalmente è un intervento piuttosto di routine ma il mio canale vaginale ha deciso di sfaldarsi in più punti: “è stato un intervento interessante” mi disse poi il ginecologo “cucivo da una parte e si apriva dall’altra, una cosa mai vista.” Non volle nemmeno dirmi quanti punti mi diede, non so se perché ha perso il conto o per pietà. Uscii dalla sala con catetere, le labbra gonfie e tumefatte perché durante le spinte me le ero morse fino a farle sanguinare, delle emorroidi grandi come noci e un materasso tra le gambe. La ripresa fu più veloce di quel che credevo: il giorno dopo ero in piedi, su mia richiesta, ed avevo tolto il catetere e i tamponi. Ancora temevo ad andare in bagno, cosa che sono riuscita a fare solo a casa mia, dopo 3 giorni. Per qualche settimana è stato faticoso, evitavo di alzare pesi per paura di strappare qualcosa. Il sesso è tornato dopo molti mesi, all’inizio doloroso ed impacciato, poi più appagante di prima. A distanza di 2 anni soffro di qualche episodio sporadico di incontinenza urinaria (poche gocce sotto sforzo) e mi dico ogni volta che dovrei iniziare la riabilitazione del pavimento pelvico. A me è andata così, a qualcuna meglio, ad altre peggio.
>>>^^^<<<