Affido condiviso, Antiautoritarismo

#ddlPillon – L’affidamento condiviso visto da Marino Maglietta: obiezioni e risposte alle obiezioni

Risento dopo alcuni anni Marino Maglietta, che ha un curioso e alterno rapporto con il diritto. Dopo il liceo sceglie giurisprudenza, ma si convince ben presto che non c’è molto rigore nel modo in cui vengono affrontate le questioni giuridiche; non vi incontra la ferrea logica giuridica che aveva ammirato (e/o creduto di trovare) negli antichi. Così abbandona quella facoltà e passa a Scienze matematiche, fisiche e naturali, dove compie l’intero percorso per restare poi all’Università, come docente di Fisica dello Stato Solido nella Facoltà di Ingegneria (da qui i bene informati lo definiscono “ingegnere”, per accreditarne l’incompetenza). Riprende poi, dopo anni, i libri di diritto, quando vicende personali ben risolte gli fanno incontrare il mondo abbastanza speciale del diritto di famiglia. Restando stupito per la sua organizzazione, basata su una serie di stereotipi, decide di tentare una riscrittura delle norme. Fonda Crescere Insieme e ci lavora per tutto il 1993 fondandosi sui principi generali e su un attento studio delle soluzioni più valide adottate negli altri paesi. Così, nel gennaio del 1994 la sua prima versione di affidamento condiviso (estremamente simile a ciò che propone attualmente) è in Parlamento. Il resto è storia recente, facile da seguire attraverso le cronache parlamentari. Anche adesso è presente, condividendo integralmente gli obiettivi in questa materia del Contratto di Governo, ma praticamente nulla delle modalità e dei contenuti adottati dal ddl 735. Avendo da sempre un vivo interesse per la dialettica interna ai rapporti familiari, nel momento in cui questi sono al centro di vivissime polemiche non potevo non incontrarlo.

Il punto è che leggo molte cose su questo ma nulla che ragioni nel merito delle proposte dal punto di vista tecnico/giurisprudenziale. Da oppositrice del ddl 735 voglio sapere quali sono le obiezioni delle altre femministe ma anche di chi tratta da tempo la materia e teoricamente dovrebbe essere d’accordo. Segue la discussione tra me e Marino Maglietta.

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Dicono di te che sei Leghista. Io so che non è così. Tu che ne pensi?

Si dicono tante cose … C’è chi dice, e scrive anche su prestigiose testate, che l’ingegner Maglietta (non sono ingegnere), uno dei leader delle associazioni di padri separati (che mi infamano perché non sto con loro), è l’estensore del ddl 957, che fu bocciato (superò tutte le votazioni e si fermò per la chiusura anticipata della legislatura) grazie all’insurrezione delle associazioni (allora quasi del tutto silenziose; le abbinate, pressoché identiche, furono firmate anche da molti esponenti del PD). Un ddl, si afferma, per contenuti quasi del tutto uguale al 735 (nei confronti del quale ho preso radicale distanza; basta leggere qui sotto).

Ma andiamo al cuore del problema. Il ddl 735 sull’affido condiviso è molto diverso dalla proposta di cui io e te avevamo parlato in passato e che è stata presentata dal deputato Bonafede (m5s) una legislatura fa. Vorrei capire assieme a te quali sono le criticità di questo ddl secondo il tuo punto di vista.

Il ddl 735 ha il merito di avere sollevato un problema reale: la disapplicazione della legge 54/2006; ma ha anche creato un grosso equivoco. Ha enunciato di voler raggiungere obiettivi sani e in precedenza già condivisi da tutti e poi, trattando la materia in modo completamente distorto, oltre che tecnicamente fallimentare, ha provocato reazioni di pancia che, in modo poco meditato e scomposto, hanno travolto gli obiettivi stessi, per cui si è finito per rifiutare tutto, ignorando le differenze. Non ti sei accorta che si parla solo del ddl 735, come se non avesse alternative?

Vuoi spiegarti meglio? Anzitutto, perché dici che gli obiettivi erano già condivisi?

Perché già la legge 54/2006 prevede che il rapporto con i genitori debba essere equilibrato, che entrambi i genitori si debbano prendere concretamente cura dei figli e che il mantenimento di regola sia diretto. Non certo collocazione prevalente, diritto di visita e assegno. E quel testo ebbe un solo voto contrario. La magistratura, invece, con il prevalente gradimento dell’avvocatura, si è inventata una prassi deviata, fedele al vecchio modello monogenitoriale costringendo il Parlamento a cercare nuovi interventi riparativi, sui quali tuttavia la politica era disponibile all’accordo.

Ma no, le separazioni sono per il 90% consensuali e con quei contenuti! Sono i genitori stessi a volerli.

Prima cosa il diritto alla bigenitorialità è dei figli, e non è alienabile, cioè i genitori non hanno titolo per sopprimerlo. In secondo luogo è chiaro che se in tribunale si distribuiscono moduli che propongono prassi distorte, se il tuo stesso avvocato ti dice che non si può ottenere nulla di diverso e che se si insiste si rischia una condanna alle spese, non si può che firmare! Non le chiamerei “consensuali”…

Non ti sembra di essere dogmatico quanto i tuoi avversari? Non ammetti che è solo la tua opinione che si tratti di “prassi distorte”?

Veramente sono in ottima compagnia, la più significativa: quella dei diretti interessati! Ti rammento cosa dichiarò in Senato l’associazione Figli x i figli prendendo posizione sul ddl 957 della XVI Legislatura: “Consideriamo del tutto irrinunciabile che: si permetta ai figli di avere davvero un rapporto “equilibrato e continuativo” con entrambi i genitori, cancellando la stravagante figura (in un sistema che si vuol definire bigenitoriale) del genitore collocatario, e ammettendo di conseguenza una frequentazione mediamente bilanciata, con pari opportunità per noi figli di rapportarci con l’uno e l’altro genitore, e il doppio riferimento abitativo attraverso la doppia domiciliazione”. E ancora: “E si pensa veramente che ci faccia piacere passare il pomeriggio presso il padre o la madre e poi, quando arriva l’ora di cena, essere cacciati in macchina e riportati nell’altra casa, invece che restare lì a dormire e andare a scuola la mattina dopo partendo da lì? Spezzarci le giornate, negarci la possibilità di finire un compito o un discorso, o anche dover lasciare a mezzo il cartone animato perché ci si deve frettolosamente rivestire per tornare al campo base, è nel nostro interesse? Questo non è uno “sballottamento”? “.

Ammettiamolo. Ma cosa è stato dei tentativi di modifica?

Come dicevo, il modello effettivamente bigenitoriale, con frequentazione equilibrata e assegnazione a entrambi i genitori di compiti di cura comprensivi della parte economica, è stato reiteratamente proposto in Parlamento, per iniziativa praticamente di tutte le forze politiche. Il centrodestra è andato vicinissimo a farlo passare due legislature fa (ddl 957), il PD lo ha condiviso nella stessa occasione con il ddl 3289 e nella scorsa legislatura con la pdl 1495, quando parallelamente il M5S ha presentato coerenti proposte sia alla Camera (pdl 1403) che al Senato (ddl 1756), dove la Lega ne aveva 3; e i cattolici l’hanno sempre sostenuto. E soprattutto non c’è stata alcuna “insurrezione” al femminile, come quella contro il progetto del sen. Pillon.

Questo perché? Quali responsabilità gli attribuisci?  

Innumerevoli, per cui mi limito alle principali. Dimentica, anzitutto, che si tratta di diritti indisponibili dei figli, la cui sorte è invece rimessa agli umori e alla disponibilità dei genitori o del giudice; lo si vede bene anche nell’avere conservato le forti limitazioni al loro ascolto introdotte dal decreti filiazione nonché nell’assurda limitazione a 25 anni degli obblighi di mantenimento dei figli. Sorvolando sul fatto che  il figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente debba farsi carico, per vedersi riconosciuto il diritto al mantenimento, di proporre una domanda giudiziale nei confronti di entrambi i genitori; oltre tutto in contraddizione con principi assolutamente generali. Oltre a ciò, rende imprevedibili le decisioni del giudice – e quindi incentiva il contenzioso – accompagnando ogni prescrizione con una pioggia di deroghe, per giunta espresse in termini socio-psicologici (trascuratezza, inadeguatezza, difficile, danno psico-fisico ecc.) che nel diritto sono privi di significato. Per non parlare dell’incoerenza e la scarsa sensibilità sociale con la quale è gestita l’assegnazione della casa.

E di tutta la parte sulla mediazione familiare cosa mi dici?

Se parliamo del suo potenziamento sono d’accordo. I figli soffrono soprattuto per lo stato di guerra tra i genitori e tutto ciò che lo previene o contiene è apprezzabile. Purtroppo il sistema legale a parole si dichiara favorevolissimo alla mediazione, ma nei fatti lo sabota. Basta pensare che il prerequisito essenziale di ogni trattativa consiste nelle pari opportunità, mentre la prassi giudiziaria attua sistematicamente soluzioni squilibrate e meccanismi vinci-perdi. Tuttavia il ddl 735 tratta la materia in modo estremamente confuso e contraddittorio, a partire dall’esonero dalla formazione alla mediazione familiare a vantaggio dei legali che hanno un buon giro di affari (almeno 10 cause all’anno), che sono proclamati “mediatori familiari” ope legis…

Allora ha ragione chi vuole che ritiri la proposta.

Sì e no: opportuno riscrivere quel testo, ma non accantonare problemi che esistono. E poi purtroppo la protesta spesso non coglie nel segno. E’ falso che la mediazione sia obbligatoria (lo è solo un primo incontro informativo); che questa esponga la donna a incontrarsi con un partner violento (il primo incontro – l’unico obbligatorio – può essere individuale); che in questo modo si perdano inevitabilmente dei mesi (si continua il percorso solo se lo si vuole, solo se è produttivo, altrimenti lo si chiude); che se il mantenimento è diretto la donna si impoverisce (scandaloso: come dire che le madri spendono per sé il denaro destinato ai bisogni dei figli). Così come è ridicolo strillare per la compressione del potere discrezionale dei giudici, quando è vero esattamente il contrario

Eppure autorevolissime fonti lo affermano. Come Gabriella Luccioli, già presidente della I sezione civile della Suprema Corte: “ In questo provvedimento i poteri discrezionali del giudice vengono radicalmente ridimensionati. L’aver lasciato al magistrato compiti del tutto residuali esprime una forte diffidenza nei confronti della giurisdizione e l’opzione  verso previsioni rigide e imposizioni dirette a disciplinare in modo ossessivo il rapporto dei genitori con i figli

Non sono d’accordo. Come già detto, il ddl 735 è disseminato di valutazioni opinabili, del tutto soggettive, che conferiscono al giudice un potere immenso. Come la stessa “equipollenza” dei tempi, che non vuol dire nulla; per tacere del continuo riferimento al famoso “interesse del minore”, il salvacondotto che legittima qualsiasi scelta.

Insisto. Tutti affermano che il progetto è “rigido”, che non lascia spazio alle valutazioni caso per caso, nel nome, appunto, dell’interesse del minore.

Questa tua osservazione evidenzia il falso ideologico più diffuso e grave. Bisognerebbe smettere di fare accademia e calarsi nel vissuto, nell’esperienza quotidiana dei tribunali. Perché sono 10 anni che si cerca di puntellare l’affidamento condiviso? Perché sono 12 anni che la giurisprudenza elude le prescrizioni di legge, benché abbastanza precise, inventandosi il modo di continuare con il modello monogenitoriale. Il genitore collocatario non doveva esistere, è una invenzione della magistratura. Il mantenimento doveva essere diretto, per legge. E si vorrebbe ampliare il potere discrezionale? Ma se già adesso si ignorano o aggirano le norme vigenti! In cambio di cosa? “Ritagliare alle famiglie un vestito su misura …”. Magari! Lasciamolo sostenere agli scribacchini che portano avanti la loro triste e ammuffita ideologia. La realtà dei tribunali parla di sentenze fotocopia, di prestampati nelle cancellerie costruiti sul collocatario e l’assegno, con pochi spazi vuoti per inserire il nome delle parti e la cifra del mantenimento. Quanto al ddl 735, abbiamo già visto che enuncia e basta, ma in concreto nella formulazione attuale perde colpi da tutte le parti. Giusto contrastarlo, ma non per fingere che vada tutto bene.

Eppure la flessibilità ci vuole. I bisogni dei figli cambiano nel tempo. Non si possono stabilire le stesse regole per una bambina di 5 anni e per una ragazza di 15 “E’ del tutto evidente la differenza tra i bisogni esistenziali di un lattante e quelli di un preadolescente o di un adolescente.”

Appunto. Quale flessibilità assicura un provvedimento che “oggi” stabilisce che la bambina di 5 anni vedrà i genitori a w-e alternati e passerà dal padre 3 pomeriggi nell’arco di 2 settimane, e che tra 10 anni è ancora lo stesso? Secondo noi, invece, il provvedimento deve essere emesso attribuendo fin dall’inizio ai figli la facoltà di dosare la presenza secondo le proprie necessità.

Ma così si ricade nella totale mancanza di regole, porta di ingresso per la massima conflittualità. E’ stato già osservato che scrivere che “la frequentazione è libera, secondo accordi” non funziona affatto. Anzi, è peggio

Il paragone, scusami, non è calzante. Anzitutto quella sperimentazione è stata fatta all’interno di sistemi squilibrati, con il diritto di visita e il collocatario, che ovviamente non ha alcuna intenzione di fare marcia indietro rispetto a uno status che gli è stato riconosciuto proprio sulla base di una prevalenza temporale. Per forza non ha funzionato. Oggi si propone, invece, di affermare la parità giuridica, teorica e pratica, dei genitori e la possibilità per i figli di modulare occasionalmente la propria presenza senza rompere con ciò gli equilibri fissati in sentenza. D’altra parte, si avrà una totale autogestione se il gruppo si dimostra all’altezza di ciò; in caso contrario si utilizzerà un piano genitoriale che disciplini le possibili oscillazioni o, al limite, si utilizzerà l’assistenza di un coordinatore genitoriale. Ma non si cancelleranno i diritti dei figli a causa della litigiosità!  

Ti seguo fino a un certo punto. A quale approccio ti riferisci?

A quello che lega con continuità facilmente verificabile i progetti “storici”, trasversali, sopra citati e la loro versione aggiornata, che al momento è rappresentata dal ddl 768. Ma altri sono in arrivo, di altra fonte politica, ma di identica filosofia.

Allarghiamo il campo alle contestazioni delle donne. E’ evidente che il ddl 735 si sia posto nei loro confronti in posizione di sfida. Ma le altre proposte, quelle alle quali alludi, cosa offrono?

Anzitutto è proprio la visione generale che è del tutto diversa. Si cerca di realizzare davvero l’interesse dei figli non dimenticando cosa è essenziale per le altre componenti della famiglia. Un figlio non può star bene a spese della serenità di qualcuno dei suoi genitori. Una vera soluzione è necessariamente globale. Quindi chi predica “storiche vendette” delle donne sugli uomini, o dei maschi sulle femmine, a mio parere è completamente fuori strada.

Sì, ma in concreto? Lo sai che non mi accontento delle chiacchiere…

In concreto, anzitutto ci sono le pari opportunità nel lavoro e nella vita privata per madri che potranno dividere sacrifici e responsabilità con i padri. In aggiunta ci sono norme specifiche. Ad es., al genitore “debole” che lascia la casa familiare è assicurato il sostegno economico dell’altro per le spese abitative; alla ragazza madre è garantito prima e dopo il parto il concorso negli oneri da parte del padre, anche se il bimbo nasce morto; la violenza familiare – specie se assistita, fisica, psicologica o economica che sia – è pesantemente sanzionata con onere della prova che l’accusa sia falsa a carico di chi la nega. E anche se al termine delle indagini viene provata una manipolazione dei figli non si pensa proprio a utilizzare forme di ospedalizzazione coatta. E potrei continuare.

Allargando la visione, un gruppo di associazioni sostiene che “L’iniziativa legislativa mira a ristabilire il controllo pubblico sui rapporti familiari e nelle relazioni attraverso interventi disciplinari, con una compressione inaccettabile dell’autonomia personale dei/delle singoli/e”. Tu cosa ne pensi?

Siamo di nuovo, come per la “rigidità” dei provvedimenti, di fronte al famoso bue che dà di cornuto all’asino. Effettivamente il potere discrezionale che il ddl 735 attribuisce al giudice è eccessivo, ma non si può contestare il controllo dello stato sui rapporti familiari e al contempo auspicare che ci sia un potere discrezionale ancora maggiore. Oggi il giudice confeziona i suoi provvedimenti adottando pre-stampati e protocolli elaborati dalla casta escludendo le rappresentanze dell’utenza e precostituendo regimi di gestione dei figli che obbediscono all’ideologia prevalente del potere legale, sottraendo la famiglia alla dialettica delle parti. Non a caso gli stessi soggetti avversano la mediazione familiare e in genere ogni forma di soluzione extragiudiziale.

E cosa mi dici del mantenimento diretto? Secondo autorevoli e prestigiose fonti (ad es., Giulia Marzia Locati, giudice del Tribunale di Torino ) la disparità di capacità economiche dei genitori comporterà una disparità di trattamento dei figli quando saranno con l’uno o l’altro genitore, per colpa del mantenimento diretto: ”ll mantenimento diretto durante i tempi paritari imposti dal decreto e la conseguente abolizione dell’assegno, stante il forte squilibrio economico che caratterizza la gran parte dei coniugi, si traduce, al contrario, in una lesione di tale diritto. Non può, invero, passare l’idea che ciascuna figura genitoriale sia nelle condizioni di dare al minore pari tenore di vita.” E ancora la Luccioli: “…l’assegno di mantenimento … viene sostanzialmente soppresso con la previsione che ciascuno dei genitori provveda al mantenimento diretto nel periodo di permanenza della prole presso di sé”.

Sono davvero perplesso; e decisamente preoccupato… La forma diretta del mantenimento è oggetto di un totale e drammatico fraintendimento, benché non sia una novità e sia privilegiata dalla legge in vigore. Gli innumerevoli “Protocolli” in giro per i tribunali ne danno una chiara dimostrazione: compreso quello del CNF. Anzitutto non consiste nella erogazione ai figli di ciò che loro serve da parte di ciascun genitore limitatamente ai momenti di convivenza. E’ ridicolo: se così fosse l’avrebbe adottata anche il vecchio affidamento esclusivo! E’ invece, legata alla gestione delle spese esterne. Ecco perché non è affatto vincolata alla frequentazione paritetica. E neppure una divisione al 50% la garantisce, perché rimane del tutto indefinita l’attribuzione del compito di provvedere; ovvero d scegliere. Insomma, si possono attribuire capitoli di spesa (tutte quelle attuali o prevedibili) da coprire direttamente e per intero anche con frequentazioni sbilanciate e domicilii a grande distanza. Forse che il padre camionista non può pagare l’affitto della casa dove vive prevalentemente il figlio, comprargli i libri e lo zaino, pagare la retta del nido, la mensa, la palestra, il motorino, la carta telefonica, le vacanze … anche se lo vede di meno?

Ma esistono anche altre obiezioni, legate alla convivenza. “Non è giusto che il bambino mangi caviale dal padre e pane e cipolle dalla madre” dice qualcuno. E ancora: senza assegno “il bambino verrà costretto a due ménage  in relazione alle possibilità economiche dell’uno e dell’altro genitore”. Sto continuando a proporti autorevolissime obiezioni.

Il che aumenta la mia preoccupazione… Mi sembra la classica situazione in cui ci si indigna per circostanze in parte false e in parte risapute, che esistono da sempre e per le quali non ci sono rimedi che non abbiano effetti collaterali ancora peggiori, ma per le quali ci si compiace di additare dei colpevoli di comodo. Insomma, “Piove, Governo ladro”.

Cioe?

Cioè se una principessa romana si lega a un ragazzo di borgata, fanno un figlio e poi si lasciano mi sembra complicato far sì che il bambino abiti in un palazzo patrizio (che magari è dei nonni materni) anche quando sta dal padre. Ma soprattutto mi chiedo: sarebbe giusto? O, addirittura, cozzerebbe contro altri principi di diritto? Cioè, sarebbe giusto assicurare alla nuova compagna del padre e ai nonni paterni, che vivono tutti insieme, lo stesso tenore di vita che spetta idealmente al figlio, trasformato in una sorta di polizza di assicurazione, oltre tutto a prescindere dalla relazione tra i membri della coppia, sposati o no, che abbiano convissuto o meno, separati o divorziati … Quello che ragionevolmente si può fare è assicurare al figlio attraverso l’assegno perequativo destinato ai suoi bisogni le stesse opportunità che le risorse familiari complessive gli assicuravano prima, in termini di tipo di studi e di istituto scolastico, di attività ricreative e sportive, di abbigliamento, di vacanze, di mezzi di trasporto e simili. Lamentare che non tutto sia assolutamente livellato, che padre e madre non indossino entrambi un camiciotto blu o che il nonno materno, imprenditore, possa portare il nipotino in vacanza sul suo yacht (cosa che ilpadre non potrà fare mai), mi sembra una lagnanza pretestuosa, su base ben più ideologica che giuridica.

D’accordo, ma in generale livellare i redditi tra padre e madre a prescindere da chi li produce sarebbe un primo passo nella direzione giusta.

Francamente, invece, ho dei fortissimi dubbi anche su questo. Secondo me la variabile decisiva ai fini del benessere dei figli non è la parità delle risorse economiche, ma la saggezza delle scelte educative associata alla loro disponibilità a spendere per i figli. Vedi, nell’esempio di cui sopra, potrebbe essere del tutto inutile riempire di bigliettoni la bocca di quel ragazzo, se poi li usasse per comprarsi una Ferrari. E non dirmi che esiste un controllo sull’uso dell’assegno: per carità, in 25 anni non ho mai visto un intervento per censurare l’impiego del denaro da parte del percettore!

Ritieni che sia in corso il tentativo di depotenziare lo strumento del divorzio, al fine di renderlo non conveniente o poco efficace?

Entriamo nella fantapolitica? Sinceramente preferisco la valutazione dei fatti che la dietrologia. Stando ai fatti, sostenere che l’enorme cifra da spendere per la mediazione (primo passaggio e unico obbligatorio gratuito) o la perdita di risorse economiche legata al mantenimento diretto (già in vigore) impediranno in futuro al coniuge debole di chiedere la separazione mi sembra tesi tirata per i capelli. Che poi al primo firmatario possa far piacere che diminuiscano le separazioni è tutto un altro discorso.

Trovi che sia in atto un tentativo di tornare a una visione schematica, divisa per ruoli, della famiglia e della società? E perché? Chi ci guadagna?

Assolutamente sì. Direi che questa visione – di matrice maschilista, ma che oggi sembra avere cambiato padrone – non si è mai perduta, a dispetto dell’introduzione dell’affidamento condiviso, che intendeva prendere atto delle capacità della popolazione di superare gli schemi, sia perché non corrispondente al comune sentire, sia perché in ogni caso sempre meno compatibili con l’attuale organizzazione di vita delle persone. Il sistema legale, purtroppo, è storicamente in prima linea nella conservazione e stupisce che tanti soggetti che si autodefiniscono progressisti ne sposino le posizioni. Chi sostiene la diversità di capacità e ruoli tra uomini e donne mi fa sempre pensare al passato, a quando addirittura certe professioni erano interdette al genere femminile. D’altra parte, sempre, automaticamente quando una coppia si separa l’intercambiabilità delle funzioni diventa indispensabile. Se non è tragico per una madre imparare a compilare la dichiarazione dei redditi o a rimontare un lume non è neppure proibitivo per un uomo preparare la cena o pulire il pavimento: anche se non lo hanno mai fatto prima. Quanto a “chi ci guadagna?”, di regola è chi spinge per un certo risultato a guadagnarci. E in questo caso non è neppure difficile capire come e perché.

 

5 pensieri su “#ddlPillon – L’affidamento condiviso visto da Marino Maglietta: obiezioni e risposte alle obiezioni”

  1. Una domanda fondamentale: laddove tra due ex coniugi c’è conflitto (senza entrare nel merito di ragioni o torti), questo conflitto è destinato ad aumentare o diminuire in caso di disparità delle statuizioni (in primis i tempi di permanenza dei minori presso ciascun genitore) emesse dal Tribunale? Ancora: nel caso due ex coniugi siano conflittuali (per i motivi precedenti), cosa facciamo? Uno dei due lo eliminiamo dai figli o lo allontaniamo relegandolo a genitore di serie Z? E nel caso questo avvenisse (come attualmente avviene), chi avrebbe maggior interesse ad alimentare questo conflitto? (la risposta mi sembra scontata …). Dov’è il nesso tra il conflitto e i statuizioni e tempi paritari (chiaramente a parità di capacità genitoriale)? Tralasciando ovviamente patologie tipo possesso o proprietà dell’ex coniuge (uomo) o dei figli (donna), nel 90% dei casi il conflitto è generato proprio dalla disparità delle statuizioni, disparità=conflitto foriera di emolumenti per tutti i lavoratori del settore (avvocati, ctu, mediatori, assistenti sociali, ecc) nonché magistrati (la stragrande maggioranza di quelli che si occupano di diritto familiare sono donne) che per propria convenienza (anche loro si separano) o comodità (vedi “stampone”=non lavorare) continuano imperterriti a perorare questo status quo … Ed infatti i tempi paritari in Norvegia (prima nazione ad applicarli) hanno fatto crollare del 90% le separazioni giudiziali.

  2. mah, così non se ne esce. Se il provvedimento è basato sul buon senso di tutti poi i giudici usano i prestampati, se il provvedimento prevede troppi paletti per evitare ai giudici di fare ciò che vogliono allora è troppo rigido. Inoltre anche le critiche mosse non sembrano offrire una reale alternativa: ascoltare di più il minore durante il processo, ad esempio, significa iniziare una guerra preventiva neanche tanto sotterranea tra i genitori di captatio benevolentiae affinché il figlio possa esprimere una determinata preferenza. Inoltre tutti questi appelli al dialogo tra i genitori non si applica a quelle coppie iper litigiose per le quali anche la stessa mediazione è inconcludente: in tal caso inevitabilmente la legge deve prevedere come garantire la bigenitorialità al figlio. Sarebbe più utile, a questo punto, un confronto (o tabella comparativa, se possibile) tra le diverse proposte fatte dai diversi soggetti (forze politiche, associazioni di categoria, esperti, etc.) che hanno affrontato la materia.

  3. Mi fa piacere leggere questo post. E’ un’oasi in mezzo agli scontri di tifoseria.
    Premetto che sono completamente in antitesi con l’ambiente politico e culturale di Pillon, ma il problema sull’affido esiste, va affrontato e mi dispiace che a farlo non siano altre forze politiche, anzi quasi se ne tengono lontane, lasciando di fatto alle destre e ai clericali campo libero nelle proposte.
    Istituzioni quali la famiglia l’essere genitori sono da tempo in continuo mutamento, secondo me gli italiani sono più avanti della politica su questi temi, come è avvenuto in passato.
    Il dibattito sui social è però desolante.
    Da una parte è comprensibile che associazioni dichiaratamente femministe che si occupano esclusivamente dei casi dove il violento in famiglia è l’uomo, tendano a vedere solo le criticità del ddl rispetto a questa visione parziale, ma, posto che sia altrettanto comprensibile criticare le posizioni più ideologiche, se non si rinuncia ad accusare (secondo me a torto) queste associazioni di malafede, o di fantomatici interessi economici più o meno occulti, l’effetto tifoseria sarà inevitabile. Ed e quello che purtroppo accade nel 99% dei dibattiti.

    Ma vorrei provare a dire la mia opinione.
    Come previsto, da quello che mi pare di capire dall’intervista, quando si tratta di affido, puoi fare le leggi che vuoi ma poi la realtà di fatto nei tribunali le plasmerà minimizzandone l’impatto reale.
    Tuttavia, secondo me in questi decenni nessun governo ha veramente voluto andare a toccare lo stato di fatto sostanziale sull’affido, e nessuno vuole farlo veramente.
    Potrei (spero) sbagliarmi ma il ragionamento (a spanne, certo, ma spero che sia di spunto anche per critiche costruttive) è questo.
    Primo. E’ un fatto che l’inerzia della tradizione faccia si che ancora molte famiglie si calibrino sul modello: lui porta a casa il grosso del reddito familiare (ormai, anche una famiglia di tre persone non riesce a sostenersi con un solo reddito medio-basso) e lei fa il grosso del lavoro di cura.
    Non voglio nemmeno entrare nel vespaio sul chi dare la colpa di questa inerzia perchè prima di tutto sarebbe inutile, poi andrebbe solo ad alimentare tifoserie.
    Però è un dato reale e molta parte del problema viene da qui.
    Secondo. Affinchè tutti i membri della (ex)famiglia abbiano lo stesso tenore di vita anche dopo la separazione, serve una somma maggiore di denaro di quella spesa quando erano assieme nello stesso nucleo. E infatti i ricchi si separano relativamente tranquillamente, la stragrande maggioranza della gente invece suda freddo solo all’idea e la conflittualità esplode proprio su questioni di tipo economico.
    Detto questo, quando c’è un minore, è inevitabile che lo Stato cerchi di garantirgli le condizioni di sussistenza e anche qualcosa di più, e ci mancherebbe.
    Pertanto in separazione o si va a pescare dove veniva il grosso del reddito (o tutto), o lo Stato deve fare grosse spesucce sia immediate e di investimento in welfare, assistenza, politiche per l’occupazione, etc.
    Alzi la mano chi ritiene questo secondo scenario possibile. (io no)

    Finirà che gli italiani faranno da soli cambiando abitudini, è quello che sta già accadendo, ma temo non basterà.
    Che fare?
    Io qui in tanto vorrei fare un sogno. Ovviamente si tratta di una idea fatta da chi ha una visione molto limitata di tutto il sistema, ma la espongo lo stesso. Se avessi delle risorse limitate, più che tochicchiare codici, che va fatto, certo, ma è fatto in vista di un raccogliere i cocci, queste risorse le investirei in istruzione, farei in modo che un/a adolescente cominci a studiare andando fuori di casa già alle superiori se non prima. Bisogna far si che un/a adolescente cominci da subito ad esercitarsi a staccarsi dalla famiglia, certo in un contesto controllato e calibrato da educatori adulti, ma che cominci molto presto in un contesto extra-familiare, ad esempio a pulirsi personalmente i propri spazi e avere responsabilità su sé stesso/a . E avremmo un altro tipo di adulti, di genitori di relazioni famigliari e scommetto meno cocci da raccogliere in futuro.

  4. “..rapporto >equilibrato< con ciascun genitore". ____ Come sempre ci infinocchiano con le parole. "equilibrato" non significa affatto UGUALE o PER QUANTO POSSIBILE UGUALE.
    Se del mio stipendio concedo 60 euro mensili al mio ragazzo, ciò può ritenersi del tutto "EQUILIBRATO", ma non significa che gli ho dato metà stipendio!.
    Quello che deve far riflettere è: Perché si scelse di scrivere "equilibrato" e non si scelse di scrivere "PER QUANTO MATERIALMENTE POSSIBILE UGUALE" ?

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