Vorrei raccontare il mio punto di vista su un argomento che penso vada trattato senza usare stereotipi. Leggo i commenti sotto un post che parla di depressione e tali commenti generalizzano su quel che è oggi la psichiatria e sulla pericolosità degli psicofarmaci. Dal personale al politico, eccomi.
Anch’io so quanto sia stata dannosa la psichiatria per le donne e quanto potrebbe esserlo ancora oggi ma, la mia esperienza mi dice che, bisogna valutare di caso in caso. Dopo che mi è stato diagnosticato un problema che richiede terapie continue la mia voglia di vivere e lottare per un po’ è venuta meno. Non sapevo fino a quel momento quali effetti potesse avere la depressione. Soffrivo già di disturbi alimentari ma non avevo considerato di rivolgermi ad uno psichiatra. Avevo invece intrapreso un rapporto di analisi con una brava psicologa che mi ha aiutato molto. La vita, le tante cose da fare, hanno fatto il resto. Fortuna che ci sia un lato di me che prende le cose con ironia e anche questo mi ha aiutato.
Ma quando mi sono sentita vulnerabile e impotente tutto è tornato a galla e quel tutto comprendeva un livello di depressione che mi ha impedito di uscire di casa per molto tempo, ha resettato i miei tempi di vita, non avevo interesse per tante cose che mi avevano reso attiva fino a quel momento e con molta difficoltà, conoscendo le battaglie dei collettivi antipsichiatrici, ho dichiarato a me stessa che non ce l’avrei fatta da sola e così ho chiesto aiuto.
Pensavo di trovare persone che mi avrebbero negato il diritto di decidere di me stessa e invece ho incontrato una donna speciale che mi ha in qualche modo salvato la vita. Non mi ha prescritto subito dei farmaci perché, contrariamente a quanto si pensa, l’uso dei farmaci è l’ultima opzione possibile. Con l’aiuto di questa persona ho cercato di impormi disciplina, pasti regolari, veglia/sonno regolari, ho tenuto testa ad attacchi di panico e mi sono imposta di lottare contro una sorta di agorafobia. L’immobilità e la tendenza a estraniarsi dal mondo è una delle conseguenze della depressione. Così almeno è stato per me.
Mi sono confrontata con lo stigma che questa malattia porta con se. Non sono stata del tutto compresa dalla mia famiglia d’origine e invece ho trovato ampio supporto da parte di alcune vecchie e care amiche e da parte del mio compagno che mi è sempre stato accanto con amore e fiducia per il futuro. Anche a lui devo moltissimo. Anche a lui devo la vita. Ed è stato difficile affidarmi, proprio io che ho sempre combattuto per la mia indipendenza.
Il percorso terapeutico per me è stato difficile ma totalmente autodeterminato. Quando ammetti di non sapere tutto devi trovare il modo di collaborare con chi vuole aiutarti. Se non collabori non c’è una soluzione al problema. Quella che prima mi sembrava una resa poi mi si è svelata per quello che era: una umile condivisione di saperi e la volontà di usare ogni risorsa possibile per il mio bene. C’ero io, quella che aveva bisogno di aiuto. C’era la psichiatra, una mia risorsa.
Ad un certo punto abbiamo deciso insieme sull’uso di alcuni farmaci. Ero terrorizzata. Pensavo di morire o di perdere l’uso del cervello. La cosa che ho chiesto più insistentemente era la rassicurazione sul fatto che io avrei comunque potuto continuare a pensare lucidamente. Mi hanno spiegato che è vero che esistono farmaci che ti rincoglioniscono ma non tutti hanno questo effetto. I farmaci che ho usato servivano a stabilizzare il mio umore e a regolare il disordinato rapporto tra veglia e sonno. Così sono riuscita a dormire la notte e a pensare e vivere di giorno. Non sono mai stata rincoglionita, neppure per un momento, a meno che non si pensi che vivere con l’ansia e il terrore di esistere sia meglio che gestire la giornata con tempi decenti.
I farmaci hanno degli effetti collaterali, è vero, come ogni farmaco che si rispetti, ma d’altro canto regolando la giornata e i pasti ho riacquistato la voglia di vivere e anche un bel po’ di salute e benessere. Se hai un cancro ti occupi di curarlo e se hai la depressione, quella che ti immobilizza e ti impedisce anche di respirare, farti la doccia e uno shampoo, uscire a goderti una bella giornata, pensare, lavorare, vivere, allora la curi con un altro farmaco.
Non sono qui per sponsorizzare il business delle case farmaceutiche ma per dire che la generalizzazione fa male e che un certo terrorismo psicologico a me ha impedito, per esempio, di chiedere aiuto ben prima di quando l’ho effettivamente fatto. Demonizzare le professioni non è un buon modo di salvare la gente. Perciò ho ben chiaro che ci siano alcune persone che vogliono essere libere di non prendere dei farmaci ma non si può dire che chi accetta di prenderli sia colluso con un sistema repressivo che usa sedativi sociali. In special modo se si tratta di persone consapevoli del fatto che la psichiatria come agente di repressione esista per davvero (vedi tso e morti inspiegabili conseguenti).
A me stessa e alle cure sulle quali ho investito devo la capacità di arrivare a raggiungere obiettivi che diversamente non avrei raggiunto. Non dico che sto perfettamente bene perché ci sono fasi di ricaduta che non riesco a spiegare e che già confidarle mi fa sentire più vulnerabile ad attacchi esterni, ma non vivo di negazione e ho sempre voluto essere presente a me stessa in qualunque momento della mia vita. Spero che questo aiuti qualcun@ a comprendere che affrontare certi mali non è semplice e che chiedere aiuto non equivale a commettere sempre un errore. Un abbraccio a tutt*.
Meno&Pausa – Avere la patata e non sentirla – racconta fatti reali di una donna che usa questo pseudonimo per raccontarsi.
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Assolutamente, ASSOLUTAMENTE, daccordo con te. Demonizzare farmaci e medici (che sono persone, dunque diversi l’uno dall’altro) non è un bene. Lo stesso Basaglia non era mica contrario ai farmaci, ed era uno psichiatra. C’è una persona che amo molto che ha problemi di salute mentale e so che i farmaci sono essenziali, dei veri e propri salvavita, anche se certo non sono sufficienti. Io stessa prendo degli antidepressivi e non hanno alcun effetto collaterale, Quello che dico a chi mi critica per questo è che sicuramente mi faceva più male l’ansia che mi attanagliava prima, che mi faceva male anche fisicamente, che faceva danno anche a chi mi vuole bene.e che mi impediva di tenere in mano la mia vita. L’Italia è l’unico paese al mondo dove non esistono più i manicomi, ricordiamocelo, anche se è necessario tenere alta la guardia per difendere certe conquistei e c’è molto ancora da migliorare. Comne si torna indietro su tutto anche sulla gestione della salute mentale si vedono segni brutti. un abbraccio grande
A me dispiace veramente tanto che il sentire comune, per alcune persone, riguardo la psichiatria sia un’accozzaglia di medicastri che vogliono sedare persone inermi.
Chissà se nei collettivi antipsichiatrici sanno che anche questo è stigma.
Son felice di sapere che la tua esperienza è stata diversa!