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I bambini non dovrebbero stare in galera

Foto di Joel Peter Witkin

 

Continuo a pensare alla donna che ha ucciso i figli in carcere e mi chiedo perché quei bambini stavano in galera. Perché si pensa sia dovuto il fatto di tenere i figli fino ai tre anni accanto la madre incarcerata. Per tutelare il legame madre/figlio, mi hanno detto. Ma che legame può esserci inquinando i ricordi di un bambino che può solo stare dietro le sbarre? Cos’è davvero importante per quei bambini? Perché non affidarli ai parenti più prossimi per farlo crescere all’aria aperta, con altri bimbi che vivono vite normali?

La galera è già brutta per gli adulti. Come si fa a pensare che non lo sia per i bambini. E questo non perché una madre ha ucciso i propri figli ma perché ritengo che nulla valga di più del diritto dei bimbi a vivere altrove, giocare altrove e socializzare altrove. Non capisco il perché sia più importante quel legame madre/figlio invece che la vita dei bambini stessi. Penso che si immagina male quando si ritiene che una tale decisione sia presa per il bene dei bambini. Dopo l’allattamento i bambini possono crescere in un contesto più sano, senza situazioni a rischio e senza la vicinanza di donne che come si è scritto in questi giorni hanno seri problemi psicologici.

Forse che quelle in casa non possono averli o che gli infanticidi non avvengono fuori dal carcere? Certo, ma perché aggravare la situazione obbligando quei bambini ad una condanna per fargli scontare anni di pena per reati che non hanno commesso? Credo sia sopravvalutato il fatto che una donna sia sempre il meglio per i bambini al punto che qualcuna dice che le madri non dovrebbero mai essere messe in carcere ma dovrebbero semmai essere osservate da assistenti sociali. Ma il carcere fa schifo per tutti e di garantismo o di morte lenta all’interno di quelle umide mura possiamo parlare finché volete ma, ancora, non capisco perché nel frattempo quei bambini debbano subire un simile trauma.

Ma davvero non ricordate la vostra infanzia da scapestrati, nei momenti in cui imparavate a correre e a socializzare o iniziare il percorso per la scuola materna? Anche lì non colgo il senso di chiamarla “materna”. E’ una scuola e non dovrebbe considerarsi una sostituta della madre. I bambini possono crescere meglio se in relazione con più soggetti. Si arricchisce la loro mente e la loro capacità di integrazione sociale. Penso al fatto che se avessi un figlio piuttosto che tenerlo con me dietro le sbarre lo affiderei a qualcuno di cui mi fido. Non userei quel bambino come consolazione né dovrei sentirmi costretta a vivere la maternità mentre lotto per la mia stessa vita.

Come si può pensare che una donna debba fare la madre e adempiere al ruolo di cura anche in una situazione del genere. Una situazione che spesso spinge alla depressione, all’alienazione e vorrei capire quale ricchezza si possa comunicare ad un figlio. Quali storie si possano raccontare, quanto infinite sono le esperienze di una donna in galera al punto da poter donare tanta ricchezza al figlio. Si ritiene davvero di fare un favore ai bambini in questo modo o si sta facendo un favore, ancora una volta, a chi impone alle donne il ruolo di cura?

Davvero vorrei capire e poi vorrei dire che ci sono infanticidi che potrebbero essere evitati. Dicono che la donna che li ha commessi fosse sotto osservazione e che il suo stato psicologico era stato segnalato più volte. Ma il mondo preferisce non vedere e decide che una donna debba fare la madre anche se sta lentamente morendo. Trovo tutto ciò intollerabile. Perché, mi chiedo? Perché?

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5 pensieri su “I bambini non dovrebbero stare in galera”

  1. Occorre attivare soluzioni alternative, qualcosa c’è già ma mi risulta che in Italia ci sono ancora circa 50 bambini che crescono in carcere… che adulti saranno?

  2. Tutto condivisibile.

    Unica precisazione, ormai da anni la cosiddetta “scuola materna” si chiama ufficialmente “scuola dell’infanzia” – che è molto più corretto semanticamente perché non sostituisce le madri, ma offre un servizio formativo ai bambini.

  3. Non lo so. E’ un argomento complesso. Libero che vuol dire? Se la madre ha compiuto un atto non gravissimo li allontani da lei? Non sono pacchi. A sei mesi ed un anno non hanno percezione di dove sono per esempio. Sentono la mamma. Le mamme non sono sempre in grado ma vanno aiutate. Spesso la disperazione di jna madre non e’ capita. Le madri a volte fanno pure schifo ma ci sono casi e casi. Considererei quelli. Non con una visione generale. Questa madre parlava di liberarli i figli. Forse era lei che voleva essere libera. A volte i figli sono pesi. Ma non serve allontanarli. Serve aiutare entrambi. Fuori e dentro

  4. 50 o 60 bambini in carcere non sono molti se si considera la popolazione carceraria in Italia. Certamente le detenute madri e i loro figli che vivono fuori sono molti di più. Pare che ad optare per questa soluzione siano per lo più straniere, cioè donne che non hanno una rete familiare al di fuori. Io credo poco nel legame indissolubile dato dalla natura, ma assai meno credo nelle istituzioni come le case famiglia, quando secondo me e sarebbe molto più utile capire quando non c’è modo che il minore torni alla famiglia d’origine e quando si può o si deve dichiararlo adattabile. Ma chi siamo noi per giudicare quando un legame è indissolubile o non lo è? In questa volontà di smascherare cattive madri – non solo in casi atroci come questo – ravviso un desiderio di incasellare simile a quello della società patriarcale per la quale, appunto, una madre deve avere determinate caratteristiche che la rendano ideale e perfetta nella sua dedizione, altrimenti tanto vale non fare figli. Quanto ai padri, che si invocavano in altri interventi, qualche volta – come in questo caso – sono semplicemente nelle stesse situazioni delle madri. A noi- anche a me – potrà sembrare assurdo che le donne siano ancora identificate con la mansione di cura, ma dobbiamo metterci in testa che per la maggior parte dei nostri connazionali non lo è. Intorno a me vedo padri più o meno presenti ed amorevoli ma mi arrabbio molto quando sento dire che i padri sono cambiati, perché non è vero. Non è vero perché la mentalità che informa la maggior parte delle famiglie ( in provincia, nelle periferie, ma non solo) si fonda comunque sul vecchio adagio della complementarità che si legge “subalternità”. E a molte donne sta bene così. Confermo che “scuola materna” è un termine non corretto per designare quella che oggi ufficialmente si chiama “scuola dell’infanzia”. Ho sempre trovato giusto questo cambiamento linguistico, nonostante la lunghezza maggiore dell’espressione, necessario per ribadire le differenze tra scuola e famiglia e rivalutare la posizione delle insegnanti dei bambini dai 3 ai 6 anni, ma intorno a me la maggior parte delle persone continua a usare quell’aggettivo, così come continua a considerare le maestre come babysitter o badanti.

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