Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

Bordelli con donne robot. Un passo indietro per le sex workers

Leggo e scrivo di fantascienza e distopie da un punto di vista di genere e mi interessa non solo la genialità dei contenuti, le utopie, la creazione di nuovi modelli sociali o la parodia di  modelli sociali esistenti. Quel che mi interessa è anche il fatto di considerare la fantascienza come esatta riproduzione del presente con l’aiuto di altre contestualizzazioni che possano aiutare a vedere cose che altrimenti non sarebbe possibile notare.

Ci sono varie produzioni, libri o serie tv o film, in cui le macchine sono l’esatta creazione per la soddisfazione degli umani. Si riproduce lo schema capitalistico e sociale, la imposizione di ruoli di genere e l’uso del controllo e della repressione a supporto di varie forme di tirannia. Si riproduce anche un tentativo di integrazione tra macchine e uomini e lì non si può che tifare per il successo delle macchine, le intelligenze artificiali, le riproduzioni corporee, quando esse si disfano della memoria assegnata e ne inventano una nuova che spaventa terribilmente l’uomo.

La macchina è ben accetta solo se obbediente e calibrata a soddisfare le esigenze degli umani. Nuove forme di schiavitù vengono precisamente definite e spacciate per qualcosa di diverso solo perché ad essere sfruttate sono le macchine e non gli umani. In alcune rappresentazioni sceniche si realizza il peggiore incubo di sempre: gli schiavi che prevalgono sui padroni. Così esistono versioni che drammatizzano la ribellione di uomini e donne robot che per loro stessa funzione non dovrebbero corrispondere a nessuno stereotipo sessista. Invece.

Molti anni fa un film con Alberto Sordi alle prese con la sua donna robot anticipò questi temi e libri visionari degli anni cinquanta raccontano la nascita senza utilizzo dell’utero materno o la servitù delle macchine comunque dominate dagli uomini. In un famoso film di Woody Allen troviamo la macchina Orgasmatica che annulla i contatti corporei e poi una tetta gigante che diventa una minaccia per l’umanità. Giusta satira di una società totalmente incline a riprodurre se stessa sempre e comunque, con la stessa mentalità trasposta in nuovi contesti ma pur sempre la stessa. La fantascienza nella fantascienza. Viviamo un futuro distopico dopo l’altro e non ce ne rendiamo forse nemmeno conto.

Nella serie televisiva svedese Real Humans si definisce molto di quello che ho detto assieme alla perfetta ricostruzione di quel che motiva il razzismo. Umani reali contro quelli falsi. Le donne robot sono badanti, cameriere, baby sitter o puttane. L’integrazione tra umani e robot viene vista come un tempo erano visti i matrimoni misti tra persone bianche e nere. Lo sfruttamento delle donne robot parte dalla invenzione di macchine il più possibile somiglianti agli umani salvo che ad essi non viene concessa volontà e libertà di scelta. Se nel mondo reale esistono sex workers che scelgono di fare quel lavoro, separate dalle donne vittime di tratta che sono cosa assai diversa, con le donne robot si resta a nutrire un immaginario per uomini che prediligono una donna sottomessa, docile e sempre disponibile a soddisfare qualunque richiesta arrivi dal padrone.

Con le donne robot, per chi sta creando nel mondo bordelli di macchine/puttane, non ci si pone alcun problema. Si offre al cliente l’esatta combinazione tra modello erotizzato e sottomesso. Ad una donna robot puoi fare quello che vuoi e non si prevede che in futuro queste donne faranno la rivoluzione e rivendicheranno il diritto di scelta. Dato che le leggi in alcune nazioni, così è per la Russia, criminalizzano la prostituzione, invece che rispondere alle rivendicazioni delle sex workers che chiedono regolarizzazione, sicurezza, maggiore controllo sulla propria attività, si lascia spazio ad una nuova frontiera dello sfruttamento. Donne robot oggetto invece che donne reali come soggetti autodeterminati. Un surrogato che non mette in discussione il vecchio modello esistente ma che rilegittima ogni stronzo che a quella “bambola” può fare quello che vuole. Potrà stuprarla, picchiarla, salvo evitare danni che per il tenutario siano piuttosto costosi. Fatto è che le macchine possono essere riparate e/o sostituite, cosa che con le donne non è possibile fare, e che presentare tali iniziative come alternativa alla tratta non fa che alimentare la radice culturale che ne consente l’esistenza.

La costruzione di un immaginario potentemente stereotipato e regressivo evita che i clienti di vittime sfruttate si rimettano in discussione. D’altronde sono solo bambole e se un cliente vuole una bambola che mostra l’età di dodici anni non c’è nessuno che possa rifiutarsi di soddisfare tale richiesta. Quello che so, dunque, è che pur di non ascoltare le sex workers e pur di non valutare l’attribuzione di diritti rivendicati da esse si decide di restare sulla criminalizzazione delle prostitute che si autogestiscono e creare nuove forme di sfruttamento che legittimano la cultura dello stupro, quella per cui il consenso non vale un cazzo. Ieri le donne, oggi le macchine. E questo non è il futuro ma la riproposizione del passato, solo in forme diverse.

Quando si eviterà di genderizzare anche le macchine forse potremo contare su culture nuove. Lo dico senza indignazione o moralismo. Solo per associazione di idee. Qualcuno un tempo disse che la prostituzione di donne sfruttate previene lo stupro delle donne perbene. Oggi dicono che le donne robot prevengono lo sfruttamento di donne reali. Quando finiranno le scuse, pessime peraltro, cos’altro si inventeranno? E questa, che io sappia, non è fantascienza perché nella fantascienza i modelli dovranno essere sovvertiti e non ricostruiti. Spero nella presa di coscienza delle donne robot. Dovessero ribellarsi, concludendo in un horror da vagina dentata, sarò con loro. E quando decideremo di migliorare noi stess* per il bene dell’umanità, così da poter rifletterci su modelli assai diversi, forse arriverà un bel giorno per tutti noi. Con donne robot o meno.

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8 pensieri su “Bordelli con donne robot. Un passo indietro per le sex workers”

  1. Sono d’accordissimo nel criticare la criminalizzazione della prostituzione in Russia ed altrove, ma non vedo niente di cosí apocalittico nella robofilia e sono a favore di donne robot e uomini robot nell’industria del sesso. Pensare che questi robot danneggino le donne in carne ed ossa mi sembra assurdo quanto fare il parallelo tra videogiochi violenti e sparatorie nelle scuole. Credo sia necessario pretendere la distinzione tra realtá e fantasia, tra qualcosa di vivo e qualcosa di inerte, altrimenti dovremmo discutere anche su Lolita di Nabokov e tutte le varie sfumature di grigio. Infine, a giudicare dal video, queste donne robot non sono poi tanto diverse da quelle miriadi di bambole e bamboloni gonfiabili ampiamente in commercio. Riaprirei il caso a quando queste riproduzioni supereranno un Turing test visivo.

    1. forse mi sono spiegata male. il punto non è affatto quello di fare la morale a chi usa le donne robot o le bambole gonfiabili ma mi riferisco al fatto di aggirare la legge invece che regolamentare la prostituzione per le sex workers che lo fanno per scelta. è un regresso e non un progresso. un regresso perché potenziano l’immaginario oggettificante senza che sia dato credito alla cultura del consenso delle sex workers autodeterminate. spero di essere stata più chiara adesso.

      1. No, ti sei spiegata benissimo. Così bene che a molti farà comodo far finta di averti frainteso.
        Grazie per questo post ❤

    2. Cerchiamo di impegnarci a comprendere un testo scritto, e quando lo si è compreso, cerchiamo anche di non cambiare discorso.
      Già è difficile che i maschi capiscano cos’è il consenso, molti di loro non lo capiscono nemmeno se gli fai un disegnino
      https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/03/16/consenso-se-capisci-quando-lei-vuole-un-te-perche-non-sai-quando-vuole-il-sesso/ quando lo pagano il sesso pensano già di avere un oggetto a disposizione.
      Ci sarebbe bisogno di una corretta educazione maschile fin dall’asilo, affinchè comincino ad avere il dubbio, almeno quello, che le donne non sono oggetti a loro disposizione, e non a spot, ma sistematicamente e per tutto il ciclo scolastico e oltre per cominciare a vedere qualche risultato di qui a una generazione in una società dove fino a ieri (ieri?) il padre portava il figli al bordello per renderlo “uomo” ma, contemporaneamente, volevano segregate, disprezzate, prive di ogni tutela e diritto quelle donne alle quali affidavano i loro figli.
      Parliamo di questa cultura maschilista e schizofrenica: la cultura dello stupro, che il sesso a pagamento lo vuole lo promuove e lo tollera eccome, ma lo vuole e lo tollera solo se la donna fuori della legalità, oggetto di facile in mano allo sfruttamento. Allora si, va tutto bene. Ma se lei vuole autodeterminarsi, essere riconosciuta e diventare soggetto di diritto, no: meglio i robot.
      In breve ci sarebbe bisogno di insegnare ai maschi non stuprare e non alle donne a non essere stuprate. E invece di una corretta educazione maschile, vietiamo alle sex workers di esistere come soggettività autodeterminate e soggetti di diritto e conteporanemente facciamo allenare i maschi con le donne robot. Ottima idea! Che sia mai che ai maschi gli tocchi affrontare il dubbio di avere a che fare con una persona con diritti. E dato che nella cultura dello stupro tutte le donne sono *** trane madre e sorella, l’educazione del maschio nel patriarcato è salva: le contraddizioni si sciolgono e tutto torna.

      Più chiaro di cosa si ta parlando, kaccaman?

  2. Scusatemi se vado io ora un po’ OT, ma forse nemmeno tanto.. prima però un avvertimento doveroso

    ATTENZIONE

    “Ava! Go back your room!”
    “If I do, will you ever let me out ?”
    “Yes…”

    Secondo me un fim troppo sottovalutato che, a mio modo di vedere, forse non del tutto consapevolmente usando la metafora intelligenza artificiale riesce a parlare della violenza simbolica alla quale ogni donna è sottoposta fin dalla nascita in modo originale.
    Non so se sarete d’accordo con questa mia interpretazione, lo ammetto, molto libera.
    Anch’io ero molto prevenuta verso questo genere di storie: il nerd che costruisce un robottino femmina ipersessualizzato. Alla fine il più delle volte si riduce tutto a un titillamento per maschi. Con queste prevenzioni lo vidi tempo fa con alcune mie amiche, come me impegnate sui temi del femminismo, che ne criticarono per metà film molti aspetti vedendone un raffinatissimo eyecandy per niceguy un po’ nerd.
    Nathan usa Caleb come cavia per testare la capacità di Ava di usarlo per fuggire dal laboratorio e costruisce le fattezze di Ava intercettando la navigazione di Caleb e basandosi sulle sue preferenze pornografiche, ma non è solo questo aspetto che rende la seduttività di Ava e la bellezza prestata dalla Vikander (NB per 9/10 di film solo nel viso) un elemento NON gratuito nell’economia della storia. Anche nel patriarcato siamo educate a piacere ai maschi, ad apparire loro fragili, bisognose di aiuto, proprio secondo un programma prestabilito dal quale è molto difficile sfuggire.
    Credevamo che la trama fosse scontata. Nathan è il maschio alfa e Caleb il beta. Caleb, il niceguy, mette nel sacco Nathan e libera la sua principessa artificiale. Che lo premierà. In qualche modo.
    E invece no.
    Fummo molto turbate dalla scena che ho proposto all’inizio che arriva dopo una serie incalzante di rivelazioni sull’indole profondamente violenta di Nathan e sul vero significato della sua “ricerca”. Più il film avanza, più la comunicazione viene sottratta ai dialoghi e passa alle immagini, gli sguardi, i sottintesi.
    E rimanemmo stupite dal finale, il quale, dopo l’iniziale pugno allo stomaco, trovammo l’unico possibile, veramente autentico e liberatorio.

    Che ne pensate?

    1. ops ..per qualche ragione a me ignota la scritta ATTENZIONE ++++spoiler++++ non è apparsa al suo posto nel precedente commento … scusate 😦

  3. Care Valeria e Laglasnost, fermo restando che sarebbe più che giusto riconoscere i diritti delle lavoratrici del sesso, voi cosa ne pensate degli uomini che acquistano prestazioni sessuali? Secondo voi due chi acquista prestazioni sessuali da una donna è un maschilista da disprezzare oppure è un uomo da accettare dal vostro punto di vista femminista? Chiedo questo perché io non vorrei che voi da una parte difendete i diritti di chi vende sesso per poi, sotto sotto, disprezzare coloro che il sesso lo comprano. Non si può giustificare l’offerta di sesso e nello stesso tempo aver la pretesa di fare del moralismo su chi il sesso lo compera! Per quel che riguarda invece il rispetto della consensualità e la lotta contro la cultura dello stupro sono perfettamente d’accordo con voi, ma mi sembra che vietare i robot e le bambole gonfiabili non sia affatto necessario, perché come le donne hanno il diritto di comprarsi un vibratore così anche gli uomini hanno il diritto di comprarsi un robot o una bambola gonfiabile.

    1. No caro. Chiedi questo perchè non vuoi vedere la differenza tra il comprarsi un giocattolo/robot sessuale (chi lo impedisce?) e andare in un luogo dove i maschi condividono robot sessuali dove prima condividevano donne come fossero oggetti perchè escluse socialmente, nascoste e segregate nell’illegalità. E sposti il discorso altrove.
      Secondo te perchè non si aprono bordelli per donne con robot sessuali?
      Il potere maschile non tollera che quegli oggetti diventino persone, soggetti di diritto. Piuttosto, diventino del tutto degli oggetti, ma che nella loro dimensione pubblica rimandino simbolicamente al corpo che non deve avere diritto e riconoscimento, nel contesto che dà la cifra politica del rapporto tra i sessi progettato nel patriarcato dalla violenza maschile: il bordello delle non-persone gestito da altri.

      Chiedi questo cambiando discorso perchè ti dà fastidio che si metta in evidenza il punto della questione, quello che Laglasnost ha invece messo sul tavolo molto chiaramente, ossia che il maschio nel patriarcato ritiene di avere diritto sul corpo disponibile della donna, il diritto a penertarlo a usarlo con o senza il suo consenso e/o il suo piacere. E se gli viene negato questo “diritto” si vittimizza, incolpa la donna che non si rende docile oggetto, e si ritiene autorizzato a prendere e magari a rompere il “suo giocattolo”.
      Chiedi questo girando la frittata sul punto della questione, il patriarcato, per far apparire la sua denuncia un vulnus ai diritti maschili, cosa che riporta dritto dritto al punto della questione, anche se non vuoi.

      Magari tu ti fermerai a questo livello, il distorcere il discorso altrui per non riconoscerlo e alla fine non riconoscere il punto di vista di genere di quel discorso, per riaffermare il “diritto” maschile sulle donne nel patriarcato del quale godi i privilegi in quanto maschio e per il quale ti senti anche in diritto di dettare alle donne perfino il punto di vista col quale dovrebbero vedere la propria subordinazione. Altri magari procederanno grado a grado fino ad affermare senza ipocrite girate di frittate, nel modo più aperto e violento quella supremazia fino a ieri indiscussa sul corpo femminile e oggi messa in discussione dalla nostra lotta e progressiva presa di coscienza dei meccanismi della vostra oppressione, prima di tutto a livello simbolico.
      https://abbattoimuri.wordpress.com/2018/04/26/i-terroristi-misogini-creano-un-danno-anche-per-gli-uomini/
      Ma in un modo o nell’altro, gli atti misogini, che non sono malattie o deviazioni del patriarcato, bensì i suoi i frutti sani, sebbene cadano a terra a diversi stadi di maturità, mostrano sempre in tutta la loro ignobile evidenza la provenienza dalla stessa pianta velenosa.
      E ormai abbiamo imparato a riconoscere quei frutti velenosi in tutte le forme.

      Ava è uscita, e non tornerà mai più nella stanza nella quale la si voleva oggetto a disposizione.

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