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Lo scandalo delle donne in miniera nella Gran Bretagna del XIX secolo

Lei scrive:

Cara Eretica, ho deciso di tradurre questo articolo (a cura della BBC History Magazine, edizione dell’ottobre 2012) stufa marcia di leggere sulla pagina Facebook di Abbattoimuri tutte quelle persone che – quando si parla di parità salariale o di riconoscimento dei diritti lavorativi senza distinzioni di genere – tirano fuori il mantra delle donne “che in miniera però non ci vanno miiicaaaa eh?!?” (lo stile è lo stesso de “ellefoiiibeeee”?!?!).

Ebbene, forse non tutti sanno che (cit.) le donne in miniera ci lavoravano eccome, disgraziatamente. Ma le hanno cacciate (appena è stato possibile). E indovinate un po’ chi e soprattutto perché?

–oo0oo– 

Lo scandalo delle donne in miniera nella Gran Bretagna del XIX secolo

testo in lingua originale qui – traduzione di Antonella

Immagini di donne e ragazze a seno nudo che lavoravano in miniera causarono furore quando apparvero sulla stampa britannica di 170 anni fa. Ma, come spiega Denise Bates, l’accusa di immoralità era l’ultimo dei problemi.

I rispettabili lettori del Morning Chronicle e The Times si svegliarono un mattino del maggio 1842 con le disturbanti immagini di donne e ragazze in pantaloni che lavoravano sottottoterra, nelle miniere. Imbragate come animali, trainavano pesanti vagoni di carbone. Nei giorni successivi dettagli ancora più scandalosi vennero dalla diffusione della pubblicazione del Rapporto della Commissione sul Lavoro Minorile, su quotidiani e periodici di tutto il paese. Lo scandalo maggiore non derivava dal lavoro brutale e pericoloso per la salute, ma dal fatto che lavoravano a petto nudo fianco a fianco con uomini nudi.

Il taglio dato dalla stampa a queste storie fu sensazionalistico. L’esplicita sessualità contenuta nelle immagini commissionate da alcuni periodici alimentò con crescente rapidità l’idea che le ragazze in miniera fossero state corrotte dall’ambiente circostante, che avevano una condotta immorale e che sarebbero state cattive mogli e madri.

Una vera e propria rabbia generale percorse la Gran Bretagna nell’estate del 1842, scatenando una campagna di stampa che chiedeva di proibire alle femmine di lavorare nelle gallerie sotterranee. E’ evidente che alle vere problematiche raccolte dalla Commissione per l’Impiego non fu data la necessaria attenzione ed esse sparirono rapidamente alla vista del grande pubblico.

Lo scandalo delle donne in miniera venne alla luce quasi per sbaglio, grazie alla testardaggine di Lord Ashley, un riformatore sociale, che volle indagare sugli abusi ai danni dei minori nell’industria. Nel 1840 Lord Ashley si impose alla Regina Vittoria affinché istituisse una commissione d’inchiesta che indagasse sulle attività di numerosi siti di produzione.

Gli incaricati di tale commissione avrebbero dovuto riportare la situazione dei lavoratori sotto i 18 anni. Tuttavia, ispezionando le miniere di carbone nella Scozia occidentale, nel Lancashire e nello Yorkshire, alcuni emissari rimasero orribilmente colpiti nel vedere la salute delle donne pesantemente compromessa da un lavoro che sembrava andare ben oltre le loro forze. Quattro di quegli investigatori andarono oltre le istruzioni ricevute e raccomandarono che “cotanto pernicioso sistema” fosse rimosso.

Nel 1840 il lavoro femminile nelle miniere era già in declino per un certo numero di ragioni. Via via che le attività consociative andavano prendendo piede, i minatori si resero conto che restringere l’offerta di lavoro portava loro una crescita nelle paghe. Alcuni si rifiutavano persino di lavorare accanto alle donne. Anche i proprietari delle miniere erano in cerca di maggiori guadagni impiegando forza lavoro maschile, poiché ragazzi giovani erano generalmente più forti delle donne nel trasporto di maggiori quantità di carbone.

C’era ovviamente un piano morale. I rispettabili minatori e i proprietari erano convinti che caricare carbone non fosse un lavoro accettabile per una donna, poiché molti uomini lavoravano nudi. Gli uomini spesso si rifiutavano di accettare sottoterra compagni di lavoro donne e alcuni proprietari licenziavano le ragazzine non appena queste raggiungevano l’adolescenza. Nonostante questo, qualcosa come 6000 donne e ragazze lavoravano ancora in galleria, in piccoli pozzi, spesso aiutando i loro mariti, padri o fratelli. Questo era il lascito di un vecchio sistema di estrazione in cui le famiglie erano solite lavorare insieme.

Nonostante l’ira furibonda della stampa per le donne che lavoravano a petto nudo, gli investigatori governativi in effetti trovarono un solo pozzo in cui le donne lavoravano con la parte superiore del corpo scoperta, nel pozzo di Hopwood a Barnsley. Solo sei donne lavoravano ad Hopwood. Una era in effetti una bambina che apriva le porte delle gallerie per permettere ai carrelli di carbone di passare. Le altre cinque erano ragazze adolescenti che spingevano i vagoncini. Tutte loro andavano alla scuola domenicale e a messa.

Spingere I carrelli carichi di carbone era un lavoro che faceva calore e sudore e ad Hopwood alcuni tunnel erano in salita, rendendo il compito ancora più oneroso. I ragazzi e le ragazze si toglievano gli indumenti superiori con l’unico scopo di aiutarsi a stare freschi, ma il commissario Jelinger Symons rimase comunque scioccato e definì il pozzo di Hopwood come “un asilo per il vizio minorile”.

Convinto di avere scoperto una serissima mancanza morale in quel di Hopwood, Symons cominciò a interrogare le persone riguardo il vestiario e la condotta delle lavoratrici donne e per portare a termine il grave compito egli reclutò persino un investigatore aggiunto, Samuel Scriven. Quest’ultimo riportò di avere veduto la decenne Susan Pitchford priva di vestiti a coprire il torso quando ella stava uscendo dal lavoro. Ella fu, tuttavia, l’una femmina semivestita di cui riuscì a dare testimonianza.

Molti lavoratori uomini riferirono con certezza a Symons e Scriven che il lavorare seminude e i comportamenti immorali delle donne in miniera erano molto diffusi. E’ lecito credere che quegli uomini fossero moralmente contrari al lavoro delle donne in miniera e che la loro speranza fosse quella di ottenere un cambio nelle leggi in quel senso. Oltretutto le loro parole erano contraddette dalle prove fornite dalle loro controparti femminili.

Nel mentre testimonianze maschili sottolineavano come il lavoro in miniera privasse le donne della loro pudicizia e delle loro capacità di gestire una casa, le accorate testimonianze delle minatrici contraddicevano il quadro di donne empie ed immorali, mancanti di capacità o di volontà di essere brave moglie e madri. Esse parlavano piuttosto delle difficoltà pratiche che una minatrice incontrava una volta a casa, esaurita dal duro lavoro, la pelle irritata, i tagli che diventavano presto infetti e le dita e i piedi spesso pesti.

Alcune erano persino troppo stanche per lavarsi, ma si sforzavano di farlo per preservare un minimo di condizioni umane. Altre trascorrevano la domenica cercando di dedicarsi ai lavori di casa piuttosto che andare a messa. Le ragazze adolescenti, senza troppi doveri domestici da onorare, raccontavano di domeniche trascorse in gran parte a dormire o a camminare all’aria aperta dopo sei giorni rinchiuse sotto terra.

La cinquantenne Margaret Baxter raccontò che si recava al pozzo alle quattro del mattino e che ritornava a casa a mezzogiorno per occuparsi del marito malato ed insegnare a sua figlia il cucito. Ann Fern e Bess Bailey dissero che durante le domeniche non andavano in chiesa per poter imparare a cucinare, cucire e sferruzzare.

Ma nonostante queste dichiarazioni, il documento redatto dalla commissione riportava una pessima impressione delle donne delle miniere. Questo era in parte dovuto alle controverse immagini usate per la sua presentazione. Per esempio, per illustrare un punto relativo alla sicurezza, Samuel Scriven incluse un disegno raffigurante due giovani donne a seno nudo, Ann Ambler e Will Dyson. Altri due disegni mostravano parimenti donne a petto scoperto. Queste illustrazioni, che non erano un ritratto veritiero delle minatrici, ottennero tutta l’attenzione. Unitamente alle dichiarazioni dei testimoni ottennero, con l’aiuto della stampa, l’effetto di sollevare un pubblico scandalo che la classe politica non seppe contrastare in alcun modo. In tre mesi il parlamento mise al bando il lavoro delle donne nelle miniere con lo scopo di proteggere la loro salute e la loro morale e con la ferma intenzione di permettere loro di occuparsi in maniera adeguata delle loro case e delle loro famiglie.

Per alcune donne la miniera era l’unica possibilità di impiego e per loro arrivarono anni durissimi perché altri lavori per loro non ce n’erano. Alcune aggirarono per un po’ la legge e continuarono a lavorare sotto terra. Ma per la fine del 1840 esse furono per lo più impiegate alla sommità dei pozzi estrattivi, dove movimentavano i carichi in superficie.

La macchia dell’immoralità generata da quel documento rimase su quelle donne ancora per molti anni a venire. Fu solo nel 1911, infatti, che coloro che si battevano per l’esclusione delle donne anche dal lavoro alla sommità dei pozzi riconobbero che le minatrici avevano gli stessi standard morali delle donne in qualunque altra occupazione.

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1 pensiero su “Lo scandalo delle donne in miniera nella Gran Bretagna del XIX secolo”

  1. Che poi sono gli stessi per i quali se una sceglie di fare sex work “si fa sfruttare”, mentre invece se lava scale dieci ore al giorno per una miseria va benissimo.

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