Sono a fare su e giù – Italia/Dublino – da un po’ più di un anno. Qualche mese lì e un altro mese qua, da brav@ soggett@ nomade, e mi viene da prendere in considerazione, dopo un tot di difficoltà, la possibilità di cercare un lavoro in Irlanda. Dublino è la capitale della Repubblica D’Irlanda e a parte alcune sfumature ha poco a che fare con i centri britannici comunemente conosciuti per via del fatto che si parla la stessa lingua. Oddio, la stessa proprio no. Provate ad ascoltare un britannico e un irlandese con le sfumature celtiche e le locali forme idiomatiche e vi renderete conto del fatto che si tratta quasi di un’altra lingua. La sostanza celtica potete vederla in ogni angolo dove sotto alla via nominata in inglese c’è la traduzione in lingua celtica. L’Irlanda resiste nel linguaggio, nelle tradizioni, nei canti, nella musica diffusa per le vie del centro, la city attorno a Temple Bar.
Ho visto altri luoghi e altre città irlandesi, Galway, Belfast (Irlanda del Nord) con i suoi muri di separazione – simbolici o reali – tra gli abitanti cattolici e quelli protestanti. Non sono stata a Cork ma in compenso ho visto Kilkenny, lieta cittadina in cui risiedeva l’antica strega processata eccetera secoli fa. C’è un pub al posto della di lei locanda. Anche a Dublino c’è un percorso streghesco, salvo arrivare alla piazza in cui c’è la donna (Molly Malone) con le puppe al vento che il mondo intero ama circoscrivere con le mani per mostrare in foto l’atto del toccare due tette – seppur scolpite – impunemente. Quale gioia migliore che quella di poter sperare in una donna di pietra, il cui consenso è indubbio a prescindere, pur se ella è un po’ dura da abbracciare.
Ho attraversato la città in lungo e in largo e ho benedetto il temperamento di questi individui colonizzati in malo modo, come per ogni luogo colonizzato dall’imperialista Inghilterra, che conservano quel loro essere un po’ terroni, come me. I Terroni dell’impero britannico a quel tempo e oggi comunque i più disobbedienti e biricchini tra i popoli la cui tradizione gli inglesi tentarono e in parte riuscirono a cancellare. Ho quasi nutrito della simpatia per i cattolici in tenuta da resistenza contro i protestanti. Ho detto quasi, perché poi qui vedi chiese e scuole e istituzioni cattoliche ovunque. Il prezzo lo pagano le donne che ancora oggi non possono abortire legalmente salvo in caso di stupro o grave malattia. Ma poi di che si lamentano ‘ste donne, eh? Basta un volo per raggiungere Londra e abortire là. Classismo per i diritti non concessi. Ipocrisia da tonache istituzionalizzate.
Ho imparato storie sull’Irlanda della carestia e su quella dell’immigrazione negli Stati Uniti. Quegli irlandesi considerati di altra razza rispetto ai bianchi perché un po’ più scuri, bassi e corpulenti. Ho vissuto i pub del centro e quelli di periferia. Ho mangiato le pietanze tradizionali e considerato che comunque quelle pietanze dovevano essere in altri tempi per ricchi. Ho raccolto dati e studiato facendo i dispetti alla mia amica che continua ancora oggi a correggermi mentre io nomino il ponticello bianco e il dildo gigante (Half penny bridge e The Spire). Qui penso che il freddo in realtà sia una condizione mentale, interiore, ma dal filosofico al pratico constato realmente che oggi, per esempio, c’è la stessa temperatura sia a Dublino che a Palermo. Casa che mi richiama indietro? Tanto so che torno presto.
Dicevo, prima di perdermi in chiacchiere, che ho in mente di cercare lavoro ché tanto in Italia non ce n’è. Non per sempre ma per un po’. Fatto il curriculum mi rendo conto di quanta energia buttata letteralmente al vento. Ma tanto cosa vuoi che conti quella fatica quando in realtà quello a cui puoi aspirare lì come qui è un posto da donna delle pulizie o da assistente cameriera, sparecchia tavoli e lavapiatti o, al massimo, se proprio ti va di culo trovi un posto in un call center per proporre ad imprese italiane servizi irlandesi. Mi andrebbe bene tutto eh, senza dubbio. Qui per lo meno ti pagano e sei in regola. Senza assistenza sanitaria né contributi pensione ma sei in regola. Chissà. Intanto ho da distribuire curriculum a tempesta. Poi magari ogni tanto mi fermo a scrivere qualcosa, perché di scrivere in ogni caso non perdo il vizio.
A presto
E.
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Buona fortuna! E che belle le tue parole su Dublino e sull’Irlanda, finalmente lontane dai classici stereotipi che è facile leggere in giro…
A Dublino ho vissuto per sei anni, ho avuto anche un compagno irlandese e presto tornerò a viverci, perché me ne ero andata a causa della recessione economica che mi aveva fatto perdere il lavoro, e anche per motivi personali, ma in Irlanda ho lasciato il cuore e ci ho vissuto benissimo, avevo uno stipendio che mi ha permesso non solo di togliermi ogni sfizio o quasi, ma anche di portare a casa dei risparmi piuttosto consistenti, cosa che in Italia ormai possiamo davvero solo sognarci.
Gli irlandesi sono persone che all’inizio possono apparire un pò represse, specie a livello emotivo-sentimentale, e non ho mai apprezzato assolutamente che avessero, e hanno, bisogno di bere a più non posso per aprirsi e diventare espansivi e loquaci, ma tutto questo è da attribuirsi a mio avviso a secoli di repressione cattolica che solo con le nuove generazioni sta finalmente crollando pezzo per pezzo.
Nella mia esperienza l’Irlanda è uno dei paesi dove si vive meglio, e io ho vissuto e lavorato in svariati paesi del mondo, Turchia inclusa e quindi so di cosa parlo, e dove se hai un sogno e lavori sodo, quel sogno lo puoi realizzare, altra cosa che in Italia ormai si può solo sognare ahimé. E io, che progetti ne ho e non partirò da sola, so che faremo del tutto per consolidare i nostri progetti, che in Italia non hanno potuto decollare per un insieme di ragioni che non starò a spiegare (leggasi mentalità piuttosto ottusa verso artisti indipendenti che non vogliono leccare il culo a nessuno per farcela, forti del loro talento e di recensioni sempre positive), e stavolta se ci riesco, ovvero se riesco a restare per oltre 5 anni su suolo irlandese, chiederò la naturalizzazione, cosa non fatta a suo tempo e di cui mi sono sempre pentita, ma stavolta se le leggi me lo permetteranno non mi lascerò scappare l’occasione.
Riguardo alla lettera di cui sopra, volevo puntualizzare che molte aziende pagano invece i contributi previdenziali per la pensione, ma a me personalmente la questione non interessa e non penso al futuro in quei termini, voglio vivere QUI E ORA e lo farò presto, di nuovo, nella mia amata Dublino della quale ho conservato intatto l’accento 🙂