Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Femministese, R-Esistenze

Quel ridicolo picchetto antiporno di Gloria Steinem

La femminista radicale Gloria Steinem ne ha fatta un’altra delle sue. Ha fatto interventi in favore della candidata Hillary Clinton, è una figura filo-istituzionale, ha fatto visita al centro contro la tratta gestito da una falsa vittima di tratta (vedi Somaly Mam), si accompagna volentieri ad alcune sopravvissute della prostituzione (quella la cui iniziativa a Roma è diventata un luogo escludente per le sex workers che volevano dire la propria) tuonando contro i/le sex workers che vendono servizi sessuali per scelta, è anche una Terf [a, b, c, d, e,] (femminista radicale trans escludente) che solo di recente ha ambiguamente, senza poi rimettersi tanto in discussione e solo dopo una petizione contro le sue affermazioni, chiesto scusa alle persone trans offese ripetutamente nel corso della sua carriera femminista, è una antiporno che vittimizza tutte le donne a prescindere dal fatto che le dicano che lei non rappresenta tutte quante.

Da tempo ce l’ha con il porno, come Andrea Dworkin (“la penetrazione è stupro”). Ora va a picchettare anche i sexy shop commentando inorridita sull’uso delle manette nel bdsm. Moralista e sovradeterminante, Steinem è una di quelle femministe della seconda ondata che crede ancora al valore binario dei sessi, maschio e femmina. perciò diceva che le persone trans non sarebbero altro che persone che si fanno mutilare chirurgicamente, non riconoscendo lo status di trans, dunque svelando la sua idea transfobica della materia, alla maniera di un prete che dice di voler fare del bene assumendo il controllo ideologico e culturale dei corpi delle donne, delle persone trans, di tutt*.

Il picchetto al sexy shop sarebbe dovuto al fatto che lì pubblicizzano il network PornHub di cui fa parte Youporn, una serie di altri siti e anche uno spazio per le modelle e i modelli in webcam, ovvero sex workers che, per l’appunto, lavorano con il sesso. Non è dunque un caso che a parte la stonata e arcaica crociata contro il porno – che lei chiama violenza contro le donne, siti portatori di violenza, che legittimerebbero la violenza sulle donne  – si sia portata appresso anche  la sopravvissuta della prostituzione per antonomasia che pretende di parlare in nome di tutte le donne (pure lei) stabilendo che tutte le sex workers sono vittime.

Steinem dunque è chiaramente schierata sul fronte delle abolizioniste (Swerf: femministe radicali sex workers escludenti) che delegittimano il lavoro delle figure femministe della terza ondata, quelle che vennero dopo la feminist sex war degli anni ottanta (non ancora finita per Gloria evidentemente), le sex positive, le non binarie, le rispettose delle soggettività altrui, trans includenti e sex workers includenti. Le chiama, come d’altronde tutte le abolizioniste ossessive fanno, femministe liberali quando in realtà lei di lotte contro il capitalismo non sa molto e la liberale è lei che supporta la liberale per antonomasia Hillary Clinton.

Dunque questo è uno degli esempi di quello che le vecchie e nuove femministe radicali stanno facendo nel mondo. Già negli anni ottanta chiesero di censurare la pornografia e ottennero soltanto di far censurare i porno gay. Come in Inghilterra dove hanno ottenuto soltanto di far censurare anche le scene in cui si praticano cunnilingus, con squirting e simili, ovvero hanno ottenuto di far censurare quel che concerne il piacere delle donne.

Porn Hub è un network che diffonde video porno di qualunque tipo. Va forte la pratica del sesso con le donne anziane, giusto per dire, come quella con le persone di ogni misura, grasse, magre, belle, meno belle, di qualunque età, colore della pelle, classe. E’ il mezzo che meno discrimina in assoluto. Le persone che fanno video porno non fanno più parte di un settore condotto dalle mafie con investimenti che pretendevano il sacrificio di donne che non avevano alcuna alternativa economica. Ma già dagli anni settanta e ottanta il porno divenne il mezzo per una sorta di emancipazione delle prostitute di strada. Una attività autonoma che non voleva la presenza dei papponi che a quel punto non avevano più nessuna arma di ricatto. La conseguenza fu quella del contagio di HIV quando nessuno sapeva nulla della malattia. Oggi le attrici e gli attori porno devono presentare un certificato per dimostrare di non avere alcuna malattia sessualmente trasmissibile. Si fanno video amatoriali che poi si pubblicano anche sul network. Gente che fa sesso in casa e si fa un video e poi lo mette in vendita. Il meccanismo di controllo si fa più misero e dunque, non che si neghi che possa esserci violenza, la questione da svelare è solo una: chi decide quando una donna è libera di scegliere o è vittima di violenza?

Gloria Steinem afferma che siano tutte vittime. Il porno è violenza, il sex work, ovvero tutto quello che fa parte del contesto in cui si praticano lavori sessuali, porno incluso, sarebbe violenza. Le donne sono tutte vittime e questo lo decide lei, femminista bianca, cisnormativa e liberal democratica. In quel sexy shop non sono andate a picchettare le persone eventualmente (come?) sfruttate da porn hub. E’ andata lei che guarda dall’esterno e pensa che l’orgasmo, forse, debba essere puro. Dunque un comitato per la purezza dell’orgasmo simile ad un movimento proibizionista degli anni venti/trenta statunitensi.

La storia poi delle manette come simbolo di violenza sule donne è ridicola. Non c’è relazione in cui si pratica consensualità assoluta più che quella tra persone che praticano il bdsm. Le donne non sono vittime ma scelgono di farlo e a loro piace. Chi ama quella pratica sessuale non è malat@, non è una vittim@ e dunque quel picchetto proibizionista, censorio, autoritario e moralista è del tutto ridicolo. Grazie a Gloria Steinem per averci ricordato che le lotte femministe, quelle vere, devono proseguire anche contro queste speculari amiche del patriarcato. Grazie per averci ricordato che quel che è tutto da decostruire, senza moralismi, è il linguaggio del porno che non è da censurare ma da invadere con motivazioni, esempi, linguaggi femministi (questo lo dice Erika Lust). Grazie per averci ricordato che femminista liberale è quella che non fa un discorso in cui è compresa la lotta di classe. Non gliene frega niente delle migranti e delle donne precarie che accettano posti da cameriera o badante. Quelle lì hanno scelto per soldi altrimenti non farebbero lavori del genere. O no? Invece il punto è che non puoi toccare il corpo, la sessualità, perché il pregiudizio delle liberali a questo si ferma. Il punto è però che: Il corpo è nostro è lo gestiamo noi. Questo è quanto.

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