Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Precarietà, R-Esistenze, Satira, Violenza

Aboliamo il matrimonio: è sfruttamento!

Se vi dicessi che il matrimonio è un contratto e in quanto tale implica dei doveri da assolvere, tra i quali quello della consumazione del sesso; se vi dicessi che moltissime donne sono state costrette a sposarsi per obbedire ad una morale maschilista e patriarcale, per via di quello status al quale ogni donna dovrebbe tendere (la donna onesta), per non fare nascere figli “illegittimi”, per non fare sesso fuori dal matrimonio, cosa altresì scandalosa e che può costare uno stigma sociale, una lettera scarlatta che non riuscirai a strapparti via dalla pelle.

Se vi dicessi che molte donne restano sposate non perché libere di scegliere ma per problemi economici, perché dipendono esclusivamente dal mantenimento del marito, perché altrimenti lei e i figli rimarrebbero in mezzo alla strada o sotto un ponte. Se dicessi che il matrimonio, quel contratto lì, prevede una regola secondo la quale l’obbligo di dare assistenza morale è uguale all’obbligo di fare sesso con il marito anche se non vuoi [nel link trovate riferimenti a sentenze e interpretazioni dell’art 143 cc]. Se dicessi che il matrimonio è un rapporto con una prostituta in esclusiva, che fa sesso con uno solo, oltre a fargli da madre, moglie, per dovere di cura nei confronti di tutti i membri della famiglia, suoceri compresi. Se vi dicessi che la moglie costa molto meno di una colf, di una prostituta e che soddisfa le esigenze del marito e dello Stato a basso costo, gratuitamente, giacché a fornire le stesse prestazioni per soldi lei potrebbe, eccome se potrebbe, guadagnare quel tanto da renderla economicamente indipendente.

Se vi dicessi che il contratto matrimoniale nasce dalla proposta sessista di chi ritiene che la famiglia naturale debba essere etero, i figli possono nascere solo in quell’ambito e la vita moralmente e socialmente accettata puoi condurla solo se sposata. Se dicessi che il contratto matrimoniale pretende di dettare regole sulla fedeltà e dunque sul fatto che una moglie sia una proprietà del marito. Se dicessi che una moglie e una madre non sempre sono felici di fare quello che fanno e dunque non sono libere di scegliere ma vengono sfruttate a fini riproduttivi e di cura. Se vi dicessi che le donne che non vogliono sposarsi e che non vogliono fare figli vengono colpevolizzate, criminalizzare e patologizzate (perfino psichiatrizzate) da un atteggiamento dogmatico e normativo che le esclude dal branco sociale formato dalle cosiddette persone “normali”.  Se vi dicessi che le donne che fanno sesso fuori dal matrimonio e con chi preferiscono vengono giudicate, ancora, delle zoccole che non meritano l’attenzione dei bravi uomini. Dunque se abolissimo il matrimonio ovviamente cadrebbe lo stigma sulla sessualità libera e consensuale delle donne, con chi pare a loro, quando pare a loro, e per le finalità, il godimento piuttosto che la riproduzione, che piace a loro.

Se vi dicessi che dobbiamo pensare alle donne indiane, per esempio, quelle che per cultura maschilista e per religione sono costrette a sposarsi con tanto di fidanzamento deciso dai genitori, ovvero dal padre, quando erano ancora bambine. Se vi dicessi che dobbiamo fare in modo che il matrimonio sia abolito per togliere dalla schiavitù le spose bambine che in certi Stati e in certe culture hanno bisogno di essere salvate. Se dicessi che il matrimonio è un danno e che a volte in alcuni paesi viene imposto a donne lesbiche sottoposte allo stupro terapeutico. Se dicessi che ci sono donne che devono essere infibulate per meritare un matrimonio. Che dunque il matrimonio è causa di aberrazioni che vengono inflitte sui corpi delle donne.

Se vi dicessi che ci sono “agenzie” europee che campano sul traffico di donne dell’est offerte all’uomo che ritiene più semplice comprare una donna non occidentale poiché sarebbe più incline all’obbedienza. Se vi dicessi che nei contratti  matrimoniali di alcuni paesi ricorre frequentemente il veto di denuncia di stupro commesso dal marito perché una moglie non è ritenuta stuprabile. Se dicessi che la maggior parte delle violenze sulle donne e sui bambini vengono commesse all’interno del matrimonio, all’interno del nucleo familiare. Se vi dicessi che il matrimonio, ovvero lo sfruttamento legalizzato, per cultura e quella che chiamano tradizione, deve essere abolito affinché tutte le donne siano libere di scegliere e affinché i legami siano realizzati in piena libertà e senza che vi siano costrizioni. Se vi dicessi che le donne che tentano di sciogliere un matrimonio spesso vengono uccise con tanto di colpevolizzazione della vittima e giustificazione culturale per il carnefice.

Se vi dicessi che il matrimonio è funzionale al capitalismo perché incastra due individui in lavori non voluti, pur di mantenere la famiglia, a prezzo basso o, com’è per il lavoro di cura della donna, gratuitamente. Se vi dicessi che il matrimonio serve come ammortizzatore sociale per colmare tutti quei vuoti liberal/legislativi in termini di servizi. Se vi dicessi che chi non vuole abolire il matrimonio non è affatto dalla parte delle vittime di sfruttamento ed è neoliberista.

Se vi dicessi che le donne che si sposano e quindi firmano quel contratto hanno la colpa di generare legittimazione per la violenza che altre donne costrette a sposarsi, da culture, da convenzioni sociali e circostanze, subiscono. E se vi dicessi che l’unico modo per salvare le donne sfruttate è quello di abolire il matrimonio, voi cosa avreste da dire?

Se vi dicessi che bisogna combattere contro tutte quelle pubblicità o i film o altri prodotti mediatici che esaltano la figura della moglie e della madre mentendo a tutte noi perché collusi, quei sistemi, con chi sfrutta. Se vi dicessi che le donne che fanno film in cui realizzano pornografia emotiva, i pianti, le romanticherie, inducono gli individui a copiare quel modello sociale sponsorizzato da gioiellieri (l’anello), da sarti per abiti da matrimonio (l’abito da sposa), i ristoranti (per ricevimenti), i negozi per regali (la lista matrimoniale), le agenzie viaggio, le imprese turistiche che realizzano viaggi da crociera, pernottamenti, trasporti, voli aerei (per la luna di miele), e capitalisti di ogni genere. Se vi dicessi che le modelle che promuovono prodotti di pulizia per la casa, di cura del bambino, di realizzazione grazie ad una cucina che costa almeno 30.000 euro, sono funzionali alla creazione e reiterazione di una cultura che addomestica le donne a non percepire la violenza, lo sfruttamento. Una cultura dalla quale non si può sfuggire, salvo rari casi, perché una donna che non si senta realizzata nel matrimonio o nella maternità non viene neppure considerata una donna.

Se vi dicessi che il matrimonio voluto dalla chiesa, dalla religione, è solo un attestato che definisce il giusto modo di vivere la sessualità, con funzioni meramente riproduttive, senza piacere, soprattutto per la donna, e che definisce la sottomissione della donna così come descritto dal vecchio testamento. Se vi dicessi che perfino le donne che dicono di aver scelto liberamente il matrimonio in realtà non sono libere perché hanno introiettato il maschilismo.

Ecco: ora confrontate questo ragionamento con quello delle abolizioniste che vogliono le sex workers tutte vittime e mai in grado di scegliere [leggi QUI e QUI]. Confrontatelo con la loro idea poco laica secondo cui le sex workers devono essere tutte salvate e che nessuna sarebbe stata o è in grado di scegliere, dunque dovrà evitare di definirsi non-vittima altrimenti sarà solo complice degli sfruttatori che creano problemi alle vittime di tratta. Noi sappiamo che ci sono donne che scelgono di sposarsi e donne che no. Quel che sappiamo è che del matrimonio serve migliorare sempre più le regole affinché le donne non siano subordinate in nessun caso e serve che siano tutelate le donne che denunciano di essere state costrette o di subire violenza nell’ambito del matrimonio, affinché possano sciogliere e liberarsi da quel vincolo. Quel che sappiamo delle sex workers è che le vittime di tratta vanno aiutate e va combattuto strenuamente lo sfruttamento, ma va altresì regolarizzata la professione per quelle che scelgono liberamente di svolgere quel lavoro aiutandole a lavorare con maggior sicurezza per la propria salute e aiutandole a poter avere garanzia di un giusto compenso e della scelta dei clienti.

Allora: che ne pensate? Volete che continui a parlarne (in realtà l’ho già fatto QUI) includendo la proposta di abolizione del badantaggio? Ditemi.

Ps: se qualcun@ ha vagamente immaginato che abolire il matrimonio per me sia un obiettivo allora ha letto senza applicare la logica. Non sono autoritaria né sovradeterminante, rispetto i soggetti e non sono certamente neocolonialista (a proposito delle donne indiane verso cui, io bianca e occidentale, non posso manifestare alcun proposito sulla loro pelle e senza ascoltarle). Il matrimonio va bene se scelto. Le donne, per quanto possano usare il matrimonio per sfuggire alla precarietà (un affitto invece che due) verso una qualche forma di emancipazione, combattono per migliorare i termini di quel contratto e io non sono nessuno per dire che piuttosto dovrebbero chiederne l’abolizione. Dunque laicamente va assolutamente integrato nella definizione di nuclei sociali. Allo stesso tempo, però, bisogna combattere contro quelle norme retrograde che impongono un matrimonio a bambine e a donne sfruttate per motivi “sessuali” e per i lavori di cura. Dimenticavo: gli uomini non sono tutti patriarchi violenti e ce ne sono che di fatto condividono con la partner qualunque responsabilità. La descrizione fatta sopra usa stereotipi che di fatto le abolizioniste, nella loro visione del maschio sempre e solo violento e della donna sempre e solo vittima, concepiscono e veicolano.

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13 pensieri su “Aboliamo il matrimonio: è sfruttamento!”

  1. In effetti, in molti casi, il matrimonio è una forma di sfruttamento – già oltre cent’anni fa se ne accorse una persona – un uomo, per inciso: G. B. Shaw (con il suo “La professione della signora Warren”).

  2. “Se vi dicessi che il contratto matrimoniale nasce dalla proposta sessista di chi ritiene che la famiglia naturale debba essere etero, i figli possono nascere solo in quell’ambito e la vita moralmente e socialmente accettata puoi condurla solo se sposata. Se dicessi che il contratto matrimoniale pretende di dettare regole sulla fedeltà e dunque sul fatto che una moglie sia una proprietà del marito.”

    Ah perché le regole sulla fedeltà non valgono anche per il marito? Articolo un tantino fazioso che dite?

    1. Comunque non nascondiamoci il fatto che le “regole sulla fedeltà” nel concreto servono soprattutto a vincolare le donne.

      1. Più che altro servono a identificare con certezza l’erede. Nelle società stanziali dove ci sono beni da lasciare ai figli per garantire loro non solo la sussistenza ma anche il mantenimento di uno status sociale, questo era essenziale. Poi la circostanza biologica che fa si che la madre sia sempre certa, ci mette molto di suo. Si tratta di teorie chiaramente.
        Comunque è ben documentata la relazione tra i modi in cui una certa comunità si garantisce la sussistenza (modi di produzione) e come definisce la gerarchia sociale, come definisce il concetto di proprietà (che non è fisso ovviamente), se e come riconosca o proibisca ufficialmente la poliandria/poliginia, quale struttura struttura familiare standard adotti (come il concetto di proprietà, variabile), quale etica sessuale/riproduttiva esprima, etc. Se varia il primo fattore, gli aspetti seguenti variano..chiaramente non in modo predeterminato o meccanico, non come una funzione del modo di produzione o di un solo singolo fattore, dato che un’etica o un costume comincia a” vivere di vita propria” e con tutte le inerzie del caso.
        Per quello che mi riguarda, mi aspetto (o forse desidero 😉 ) una società sempre più “poligamica”.

        1. E infatti oggi che è venuto a mancare il legame tra famiglia e produzione, e quindi sarebbe possibile una società poligamica, l’ideale monogamico ha cominciato a vivere di vita propria, perché soddisfa un bisogno immateriale (di rassicurazione ecc.). E quindi le resistenze sono grandi, per quanto oggi sia più possibile che in passato vivere in modo diverso, proprio perché sono mutate le condizioni materiali…

        2. Per carità ognuno è libero di fare quel che vuole nella propria vita ed avere più partner in contemporanea (purché i partner ne siano a conoscenza altrimenti è semplicemente inganno e tradimento) ma secondo me, sarà pure un’opinione impopolare la mia, il fascino della monogamia supera di gran lunga quello poligamico, una relazione di totale esclusività, dedicare tutta la vita alla conoscenza di ed alla connessione con una persona…insomma il rapporto che si crea in quel modo secondo me non può essere instaurato in un contesto poliamoroso

          1. Ma non basta dire che semplicemente a te piace di più la monogamia? Te la senti tua, ti ci ritrovi… Io il fascino non lo sento proprio, per esempio.
            E comunque non preoccuparti, la tua idea è la più popolare in giro…

  3. Diciamo che in linea di massima con me sfondi una porta aperta, per me il matrimonio è follia, sia per la donna che, soprattutto, per l’uomo, dato che il 70% dei matrimoni finisce e poi in tribunale l’uomo viene triturato. Per il resto, per mia esperienza, sono proprio le donne che dopo i 30 anni cominciano a spingere per sposarsi, almeno nella maggioranza dei casi e non c’entra niente questo mitologico e presunto “patriarcato” per cui provate una fissazione che ormai ha raggiunto la paranoia… Fosse per me il matrimonio lo abolirei tout court…

  4. hai ragione Eretica, aboliamo anche il triste fenomeno delle divorziate “mantenute” con lauti assegni divorzili spuntati in esasperanti cause post separazione, e riconosciuti sulla base di una legge arcaica basata sul “assistenzialismo” della cd coniuge debole (nel 1972, epoca della legge…). La figura della “mantenuta” è anche offensiva per le tantissime donne single o separate che rinunciano al mantenimento post separazione e che si fanno un mazzo per andare avanti, similmente ai padri separati in difficoltà dei quali parlasti anni fa. Basta col matrimonio come sistemazione, basta con le “mantenute” 🙂

  5. Leggo l’articolo solo ora, visto che pian piano li sto leggendo tutti.
    Non ho mai voluto sposarmi né avere figli e sono pienamente d’accordo che se si vuole la parità tra sessi molte donne divorziate devono smetterla di chiedere il mantenimento, perché non si può avere qualcosa e fingere di essere la parte debole della coppia solo quando fa comodo.
    Da persona che si mantiene da sola e non si è mai fatta mantenere da compagn* di vita reputo assolutamente non etico il comportamento di tante ex mogli. Personalmente non mi farebbe stare bene sapere che per dare soldi a me il mio ex marito deve andare a mangiare alle mense dei poveri o dormire in auto, perché il fatto che un* sia ex questo non l* rende una merda degna di vivere sotto un ponte per dare mensilmente soldi a me.

    Aborro tutto quello che viene usato come mezzo per sistemarsi, e che va contro la mia idea di rapporto totalmente paritario con la persona che si ama (che per me vuol dire che ci si aiuta l’un l’altr* nei momenti di difficoltà di qualunque tipo, altro che l’uomo mantiene la donna sempre e comunque).

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