Domani Claudia dovrà subire forse la penultima udienza del processo per stupro di gruppo per il cui reato sono accusati alcuni membri della rete antifascista di Parma. Vittima fu una compagna in stato di incoscienza, oltretutto filmata mentre avveniva tutto ed è quel video, messo in circolazione per divertimento, che mostra tutto l’orrore che ha dovuto subire.
Della vicenda abbiamo parlato grazie a chi ha, finalmente, dopo anni di dileggio, ostracismo, isolamento imposto a Claudia, raccolto la sua versione dei fatti. Il video era stato acquisito come prova nell’ambito di un’altra indagine. In termini giudiziari il video diventa una prova d’accusa per un processo che non è ancora finito.
Per noi, compagne e compagni che consideriamo lo stupro un vero e proprio atto di fascismo, non serve un processo per analizzare la situazione che ha coinvolto suo malgrado Claudia. Il fatto che una ragazza sia stata vittima di una così grande prevaricazione, mollata lì nuda, da sola, e che poi, grazie al video messo in circolazione, ha dovuto allontanarsi – lei – dagli spazi militanti perché in tanti e tante, appartenenti al movimento antifascista, hanno deciso che lei fosse l’infame, la cattiva, non la vittima, per quel che ci riguarda è più che abbastanza. E’ sessismo nel movimento quello che porta alla conclusione per cui Claudia sia solo una poco di buono, chiamata “fumogeno” per un po’ di tempo, per via dell’attrezzo del quale si sono serviti per penetrarla.
Dove stavano tutte le persone antisessiste di Parma in quegli anni? Quando Claudia era rimasta sola, mentre gli accusati potevano serenamente continuare a frequentare gli spazi militanti? Quanta omertà è stata imposta su questa vicenda? E, infine, quanto coraggio c’è voluto perché questa ragazza rialzasse la testa contro una serie di pressioni, a volte minacce, accuse moraliste? Sicuramente tantissimo e tuttora continua coraggiosamente ad andare avanti affrontando un processo kafkiano in cui è lei la carnefice.
A parte tutti i vari “se l’è cercata”, giustificati perfino da un perito psichiatra che avrebbe raccontato di lei conclusioni tratte senza neppure averla incontrata, così come dice un articolo su Umanità Nova, quello che restava evidente era la solitudine. Dove stava il supporto destinato a questa ragazza? E’ arrivato, infine, quando è venuta fuori questa storia, ovvero la versione di Claudia e in tante hanno cominciato a raggiungerla fuori dal tribunale ogni qual volta si celebrava una udienza.
Quello che va comunque ancora sottolineato, sebbene appaia ora superfluo farlo, è la dinamica per nulla militante, i metodi usati anche per la difesa di queste persone, che lasciano venir giù il sangue dagli occhi. Antifascisti? Accusati di stupro? E usano la psichiatrizzazione della vittima per screditarla? Quale strumento più autoritario può esserci per denigrare una donna? Dimostrare teoricamente che lei sia pazza perciò incline a mettersi nei guai non costituisce neppure un’attenuante. Semmai un’aggravante. Lei è presente a se stessa, fragile, sola, ora meno sola e un po’ più forte. Se tuttavia fosse stata realmente incapace di intendere e volere, l’azione dello stupro, non sarebbe da considerarsi perfino più grave?
Quale spettacolo deve essere questo arrampicarsi sugli specchi improvvisamente diventati troppo scivolosi perfino per chi immaginava di poterci sciare sopra. Quale pena deve essere guardare gli imputati scambiarsi sorrisini. Noi non siamo dentro quel tribunale, con Claudia, a darle la forza di resistere a tutto questo, ma qui fuori il mondo è con lei e non perdona nessuno, in special modo chi nel contesto militante insiste nell’attribuirle colpe che non ha.
Un abbraccio fortissimo a Claudia e alle persone che la supportano e che mai si sono arrese neppure dopo tutto il mobbing sociale subito.
Siamo qui fuori e ti aspettiamo, libera, forte, sicura del fatto che non sei e non sarai mai più sola.
Abbatto i Muri
—>>>Segnaliamo su Facebook una #Lovestorm con hashtag #IoStoConClaudia. QUI le foto.
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