di Angela Azzaro
L’ennesimo appello firmato da alcune donne e da qualche uomo contro la gestazione per altri/altre, a seguito della sentenza di Trento che riconosce la doppia gentiorialità a una coppia gay che aveva ricorso alla gpa, mi ha veramente colpito. Nel metodo e nel merito. Penso che se si continua ad alimentare lo scontro tra diverse posizioni non si vada da nessuna parte, ma si faccia solo male a quelle famiglie che già esistono e che sono costituite da due madri e soprattutto da due padri che sono, come si sa, il vero oggetto del contendere. Inutile firmare appelli: queste famiglie esistono, vivono, desiderano, pretendono diritti. Non è scrivendo contro di loro che si risolve la questione. Si fa solo del male alle persone in carne e ossa: agli adulti, e soprattutto a quei bambini che – vi piaccia o meno – sono nati con la gpa.
Per questo partirei nel proporre una moratoria, non contro la gpa, ma contro i divieti. Volete discutere davvero dei rischi e delle potenzialità della gestazione per altri, facciamolo ma senza sentirsi in dovere, ogni volta che c’è un passaggio, di stigmatizzarlo con un appello o bloccando la discussione dicendo: va vietato. Perché voler vietare qualcosa, significa dire che si ha ragione, che si è in possesso della verità. Non mi sembra un modo di voler discutere. E’ un modo per pretendere di imporre agli altri la propria visione su una questione che invece attiene la libera scelta. E non mi dite che questo non sia un modo di procedere autoritario: si è passate da “sul mio corpo decido io” a “sul tuo corpo decidiamo noi”.
Una prima questione che mi interessa affrontare è quella del denaro. Secondo alcune posizioni il fatto che ci sia un passaggio di denaro è di per sé negativo. Ma se una donna si presta liberamente alla gestazione per altri, anche sapendo che c’è un passaggio di denaro, che male c’è? Soprattutto non credo che il passaggio di denaro, qualora ci sia, precluda consapevolezza e gratuità. Le due cose non sono per nulla in contrapposizione. Questo per chi riceve i soldi. Lo stesso discorso vale per chi quei soldi li spende. Io più che vederci qualcosa di negativo, ci vedo il desiderio, l’amore, la voglia di essere padri o madri anche a costo di sacrifici economici. Il problema, contro l’eventuale sfruttamento, va anticipato stabilendo regole certe e permettendo anche a chi ha scarsi mezzi economici di poter accedere alla gpa. E’ quello che hanno fatto diversi Paesi e che invece in Italia sembra impossibile.
La sentenza di Trento (e ora anche la sentenza di Firenze sulla doppia genitorialità di una coppia gay che ha adottato due bimbi) dice una cosa importantissima: che conta più la cura della biologia. E’ una sentenza storica che – come ho già scritto – ogni femminista dovrebbe salutare come un passo in avanti. Eppure, proprio questo passaggio viene da molte contestato, come se si volesse eliminare la figura materna. E c’è chi addirittura, come Luisa Muraro, arriva a parlare, riferendosi a questo caso, di omo-patriarcato, accusando i gay di rappresentare un potere contro le donne, quando la battaglia per la liberazione e la libertà di tutti i soggetti dovrebbe essere considerata una priorità del femminismo, non un nemico da sconfiggere.
La sentenza di Trento, checché ne dica Muraro, non elimina la madre, ma moltiplica identità, ruoli, figure genitoriali. Non dice che le madri devono essere cancellate, ma che l’identità anche materna può essere assunta fuori dalla dicotomia maschile/femminile. E’ la costruzione di identità fuori dai confini prestabiliti, di “generi” che si formano senza le gabbie che la cultura patriarcale aveva definito. Secondo me è la vera scommessa, il vero orizzonte che va enunciato e perseguito. E’ chiaro che su questo punto ci sono ideologie diverse che, soprattutto in Italia, si contrappongono da decenni.
Io resto del parere che, oggi più che mai, la vera sfida è nella messa in discussione dei ruoli, a partire dalla dicotomia maschile/femminile. E’ quel lavorio sui generi che anche il movimento Non una di meno ha messo in agenda e che l’ultimo appello contro la Gpa e le parole di Muraro, invece, negano nel profondo.
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Non è che va vietato. E’ già vietato. E le coppie, tutte, che scelgono comunque di fare ricorso lo sanno benissimo. Quindi questo configura come un atto di prepotenza che fa leva sui diritti dei bambini che infatti dovrebbero essere presi in in considerazione anche molto prima. Molto interessante invece la sentenza di Firenze. Quella sì ha un suo perchè.
L’atto di prepotenza, stando all’appello di qualche giorno fa, la fanno solo i “compagni gay” che sbagliano?
“…gli stati e le leggi non devono riconoscere una cancellazione della donna che li ha fatti diventare genitori” come si vorrebbe tradotta una cosa del genere nella nostra legislazione? Dato che “E’ già vietato”, cosa altro si vorrebbe dalla legge italiana?