Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

La sentenza di #Trento è una prova di autentica civiltà

Da I Meme di Una Manu
Da I Meme di Una Manu

 

di Angela Azzaro (da qui)

Ho appena ricevuto un appello delirante di Daniela Danna in cui mi si chiede di firmare contro la sentenza di Trento [QUI le parole dell’avvocato che se ne è occupato e della sentenza depositata] che riconosce la doppia paternità a una coppia gay, genitori di due gemelli grazie alla gestazione per altri. Quell’appello è, secondo me, delirante per una serie di motivi

1) secondo l’appello riconoscere la doppia paternità è una cancellazione della madre. Come se il riconoscimento di nuove forme di genitorialità sia per forza la cancellazione di quelle preesistenti, che peraltro rappresentano la maggioranza. E’ davvero incomprensibile questa paura di sparire, invece di considerare questo passaggio un arricchimento. E’ una paura antica di chi ha costruito la propria ideologia attraverso la centralità e l’idealizzazione del ruolo materno.

2) Legge la gestazione per altri solo in termini di passaggio di denaro, senza riconoscere dignità e soggettività alle donne coinvolte.

3) Invece di discutere si continuano a firmare appelli con la pretesa, anche su un tema così importante e delicato, di possedere la verità e di volerla imporre agli altri e alle altre

4) Non dà importanza al fatto che la sentenza di Trento fa una cosa storica, importante perché sposta la genitorialità dalla biologia alla cura, dalla cosiddetta natura alle relazioni vere tra le persone. E’ un passaggio bellissimo che ogni donna, ogni femminista dovrebbe salutare come un passo in avanti

Qui l’appello per chi lo volesse leggere:

Cari compagni gay, vi invitiamo a non festeggiare la cancellazione della madre

Il 28 febbraio è stata resa nota la sentenza con la quale una Corte d’appello dello Stato italiano ha accettato un certificato di nascita di un paese che ha stravolto il principio della maternità legale, che è basata sulle esperienze della gravidanza e del parto condivise e agite da madre e figlia.
Il paese dove è avvenuta questa nascita non è nominato nella copia con omissis della sentenza che abbiamo potuto leggere, dove però si sostiene che la procedura è accettabile perché la donna diventata madre che ha poi ceduto i bambini alla coppia non sarebbe stata retribuita, ovvero i bambini non sarebbero stati venduti. Questa – benché il tribunale la avvalli – è sicuramente una bugia perché nessuna donna si sottoporrebbe a una gravidanza e maternità per altri, e certamente non per due stranieri supponiamo sconosciuti, se non viene direttamente retribuita, come in California, Ucraina, India, oppure se il suo compenso è mascherato da rimborso spese come in Canada o Grecia, che dichiarano di avere una “Gpa altruistica” mentre si approvano “rimborsi spese” di somme che equivalgono a un vero e proprio salario per il lavoro della gravidanza e non possono poi, nemmeno se lo vogliono, riconoscere i figli. Ad esempio nessuna donna lo fa in Italia, dove non si possono ricevere compensi e dove i committenti non hanno la certezza di vedere il proprio nome sul certificato di nascita come nel luogo dove la coppia di gay della sentenza di Trento ha assunto una responsabilità genitoriale. Come è possibile sostenere che si tratti di “doni” altruistici di bambini o di gravidanze, quando la madre non può essere nemmeno nominata nel certificato di nascita?
Non possono esserci primi e secondi genitori senza una madre: saranno sempre i secondi e i terzi perché la gravidanza e la nascita sono già un rapporto intimo, stretto, imprescindibile nella riproduzione umana tra la futura bambina e sua madre. Se questa non vuole essere nominata, che rimanga anonima (per quanto si vada sempre più affermando un diritto a conoscere le proprie origini biologiche richiesto dai figli dei “donatori”) ma che non venga fatta sparire con un colpo della bacchetta “magica” della legge e dei giudici. Questa bacchetta magica non funziona, e l’origine materna di ognuno di noi rimane un fatto inevitabile. Quella bacchetta magica può solamente togliere diritti alla donna che porta a termine una gravidanza, che non è una tecnica medica di riproduzione, né una gravidanza “per altri”, ma sempre è compiuta in prima persona da una donna che, con la gravidanza e il parto, diventa madre persino se non accetta di chiamarsi tale o di assumersi la responsabilità della crescita dei figli. Se considera il bambino non suo, non per questo il neonato non la riconoscerà e potrà essere trattato come una cosa da vendere per un compenso.
Siamo certi che la coppia gay che in questi sei anni ha cresciuto dei figli lo ha fatto con tutto l’amore di cui è capace, creando una famiglia di cui essere orgogliosi. Festeggiamo con loro il riconoscimento dovuto per il rapporto con i figli che hanno cresciuto. Ma gli stati e le leggi non devono riconoscere una cancellazione della donna che li ha fatti diventare genitori, e non devono accettare che questa madre cancellata sia stata un’operaia della gravidanza. Questo non lo possiamo, non lo dobbiamo festeggiare.

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di Eretica

Questa mania di immaginare in senso complottista la “scomparsa della donna”, come se, avallando la cultura patriarcale, una donna non possa esistere se non come madre, è una deviazione in senso reazionario di un femminismo che già partiva con la fissazione della divisione binaria dei generi, come dire che va bene che i gay si amino ma che lo facciano in casa propria e senza dar fastidio a nessuno.

La presunzione poi di parlare a nome di tutte le donne immaginando che nessuna donna sarebbe mai stata propensa a gestire una gravidanza per altri ricalca una modalità normativa tipica dell’etero/patriarcato. Non è di certo rivendicando la maternità a tutti i costi, includendo il ruolo di cura, che il femminismo va avanti. Mi si spieghi perciò questo passaggio “una donna che, con la gravidanza e il parto, diventa madre persino se non accetta di chiamarsi tale o di assumersi la responsabilità della crescita dei figli.” Che diamine significa? Io dovrei definirmi madre anche se non voglio un figlio? Abbiamo sperato, lottando, di poter condividere il ruolo di cura e di poter anche affermare di non volere figli o non avere il dovere di crescerli quando li abbiamo fatti. Abbiamo raccontato come l’istinto materno non esista e come la funziona materna sia frutto di una descrizione stereotipata che educa le donne a sentirsi colpevoli di qualunque cosa se non corrispondono alla norma. Di certo non serviva che alcune femministe, oggi, dividessero le donne in madri sante o in vittime di sfruttamento, la cui alternativa è solo quella della gravida per altri alias puttana.

Si sollevano pregiudizi su pregiudizi e mi piacerebbe sapere quante delle donne che fin qui stanno discutendo a tutela della “funzione” materna sappiano andare oltre l’integralismo ideologico per osservare e ascoltare le esperienze di omogenitorialità. Lascia poi basite il fatto che non si è detto nulla quando la gestazione per altri riguardava soltanto, in stramaggioranza, le coppie etero. Che la questione interessi oggi perché di mezzo ci sono le coppie gay fa sorgere più di un dubbio sulla natura di queste obiezioni.

Per quel che mi riguarda:

la sentenza di #trento è giustissima ed è una prova di autentica civiltà. i figli sono di chi li ama e li cresce e la step child adoption non apre a nessuna apocalisse, come dicono oppositori, oppositrici, complottisti di ogni specie. perchè interviene a legittimare la genitorialità di bimbi che sono stati cresciuti per sei anni da due genitori che li amano. tutto il resto, per quel che mi riguarda, è pura omofobia e il terrore che si smetta di considerare “naturale” la famiglia etero. quando reazionari, integralisti fanatici e “femministe” si trovano dallo stesso lato della barricata dovremmo farci due domande. questo è il punto. chi alimenta la visione binaria dei generi e ci impone di continuare a girare in tondo con la riproposizione di stereotipi e degli stessi modelli di sempre? inoltre: se l’utero è mio e lo gestisco io allora posso scegliere di fare un figlio per altri. un figlio che non sarebbe “mio” (e in generali i figli non sono mai “nostri). è il figlio che è arrivato grazie a una donatrice di ovuli e del seme di uno dei genitori della famiglia omogenitoriale e presterei volentieri il mio utero per loro. non temo alcuna “scomparsa della donna”. non esiste alcuna lobby patriarcale che sta imponendo la scomparsa della figura materna e, ancora, continuare a definire la madre per valori e stereotipi assegnati dalla cultura patriarcale non ci aiuta affatto a essere soggetti autodeterminati. ricordate che il femminismo non è un dogma e non dovrebbe intervenire con censure. puoi non essere d’accordo con me ma devi rispettare le mie scelte, così è per l’aborto, così è per la Pma e per la Gpa.

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8 pensieri su “La sentenza di #Trento è una prova di autentica civiltà”

  1. Circa gli aspetti giuridici: se un provvedimento straniero non confligge con valori interni inderogabili deve poter essere trascritto anche in Italia.Quali siano questi valori é un concetto mutevole anche alla luce di quello che succede nel resto del mondo\Europa.Circa le riflessioni, non concordo con l’appello, ma mi riesce difficile pensare che una donna si sottoponga ad un sacrificio simile per altri.Ingrassare, rischiare la mia salute, essere limitata nella mia libertá e poi subire il dolore del.parto, affezionarmi alla nuova vita….e poi non tenere il bambino? Preferirei guadagnare prostituendomi se proprio fossi alla canna dl gas.Gratis? Sono masochista? Non lo farei neppure per una sorella…!! Il mondo peró é vario e purché la donna sia consenziente sono affari suoi!!

  2. Il problema della GPA è che tutt* ne parlano senza quasi mai conoscere di cosa si tratti effettivamente! Daniela Danna, la promotrice dell’appello, è una delle maggiori studiose a livello internazionale della GPA, è varrebbe la pena leggere il suo libro (“Contract Children”), prima di intervenire nel dibattito con affermazioni che hanno ben poco senso.
    Ciò che l’ultimo appello-lettera ai compagni gay denuncia è un punto molto preciso della sentenza di Trento, che potrebbe apparire secondario a chi conosce poco il soggetto, ma che ha invece implicazioni fondamentali: il fatto cioè che il tribunale ha riconosciuto come valido un certificato DI NASCITA straniero in cui sono indicati come genitori dei gemelli la coppia di committenti e non figura in alcun modo (nemmeno in forma anonima) l’esistenza della ‘madre di nascita’. Il che è una strada molto diversa rispetto alla giusta e legittima rivendicazione di genitorialità tramite ADOZIONE che una parte del movimento LGBT rivendica.
    Se l’esistenza della donna che ha portato in grembo e partorito i gemelli non figura sul certificato di NASCITA, significa che le leggi dello stato in cui è stato stipulato il contratto di surrogacy annullano completamente la possibilità di autodeterminazione della donna, nel senso che essa è privata del diritto di decidere DOPO la nascita se intende o meno donare i bambini/e ai committenti! In nome del principio che nessuno può decidere cosa faccia una donna col suo utero, simili contratti e simili legislazioni sono assolutamente aberranti e da combattere! è semplicemente questo che dice la lettera-appello.
    Si può poi non essere completamente d’accordo con alcune frasi della lettera, ma sul fondo credo che sarebbe importante riflettere e capire che i contratti di GPA sono delle limitazioni dell’autodeterminazione femminile e come tali andrebbero combattuti. Anche perché se una donna desidera veramente fare un/a figlio/a per una sorella, un’amica, una coppia di amici gay, può già farlo senza alcun bisogno di firmare un contratto, ma semplicemente rinunciando DOPO la nascita a riconoscere il figlio/la figlia, mentre il padre biologico lo/la riconosce e può così crescerlo/a insieme al/alla suo/a partner (e per garantire i diritti di quest’ultimo/a occorrerebbe lottare per rafforzare le pratiche relative all’adozione, sia per le coppie etero sia per quelle omosessuali).

    1. cito: “Se l’esistenza della donna che ha portato in grembo e partorito i gemelli non figura sul certificato di NASCITA, significa che le leggi dello stato in cui è stato stipulato il contratto di surrogacy annullano completamente la possibilità di autodeterminazione della donna, nel senso che essa è privata del diritto di decidere DOPO la nascita se intende o meno donare i bambini”
      Ed il diritto di non voler riconoscere il figlio secondo te non esiste? come fai a dire che le è stata negata la possibilità di segliere dopo la nascita? te lo ha detto lei?

      Grazie ai giudici di Trento.

  3. Togliendo che io ho una posizione un po’ particolare riguardo al “fare figli” in generale, volevo complimentarmi per questo post che riesce a mettere in risalto l’ipocrisia di questo appello che ti è stato proposto e delle persone che sostengono un’ideologia simile. Mi è piaciuto davvero come hai argomentato la tua opinione! -Cat

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