Bologna. Non Una di Meno. In ascolto di rivendicazioni, momenti di reciproca galvanizzazione e poi viene il momento di parlare di sciopero globale delle donne. Ma lo sciopero globale deve essere dei generi dai generi. Da ogni obbligo di genere, produttivo e riproduttivo, perché serve dire che senza il nostro lavoro nulla sarebbe mai lo stesso. Il lavoro delle donne non viene mai tenuto in debita considerazione, perché viene pagato meno, non viene pagato affatto, perché realizza il welfare come ammortizzazione sociale in sostituzione di servizi assenti senza riconoscimento alcuno. Perché il lavoro di cura è quasi totalmente assegnato alle donne e il lavoro riproduttivo è una pretesa da parte di chi immagina sia ancora il tempo dei piani di fertilità.
Se vi siete chiest* perché uno sciopero e perché aderire alla piattaforma internazionale che vede trenta paesi a chiedere lo sciopero nazionale delle donne, dei generi, dai generi, potrete confrontarvi con il risultato della riflessione che tante persone hanno generato negli otto tavoli di Roma, il 27 novembre, e di Bologna, il 4 e il 5 febbraio.
Chiediamoci tutt*: quanti e quali siano gli obblighi di ruolo dei generi ai quali dobbiamo obbedire. Quello che devi fare per forza, ogni giorno, perché sei una donna, sei gay, sei lesbica, sei trans, mtf o ftm, sei intersex, se maschio etero che non vuol godere di alcun privilegio. Smetti di obbedire per un giorno anche se siamo cert* che lo fai già da tutta la vita, perché le imposizioni ti hanno messo in una posizione subordinata che ti ha portato a reagire alle oppressioni. Smetti per un giorno di sorbirti la merda che ti lanciano addosso per quel che hai scelto di essere. Smetti di fargliela passare liscia, di ridere alle battute sessiste, di sminuire le denunce sociali di chi, come te, risente di abusi, non solo a partire da persone violente ma anche da quel che rappresenta la costruzione eteropatriarcale di dispositivi di potere che minacciano le nostre esistenze.
Il nostro diritto al transito, alla cittadinanza, al reddito, alla protezione, alla autodeterminazione, all’aborto, alla transizione. Violenza istituzionale, delle carceri, dei Cie, delle polizie che sedano rivolte e inibiscono il dissenso. No ad alcuna forma di autoritarismo, ai fascismi sui nostri corpi, sulle nostre vite, sui nostri respiri. No alla banalizzazione dei nostri sforzi e delle nostre battaglie quotidiane. Siamo stanch* di doverci giustificare quando ci dicono che definirci “femministe” è estremo, quando in realtà abbiamo ben chiaro che il sessismo è insito nei comportamenti di molte persone, incluse quelle che frequentano spazi di movimenti, che dovrebbero essere liberi, dai sessismi, dai fascismi, dai razzismi.
Non staremo zitt* e non ci fermeremo perché la nostra lotta per la sopravvivenza è sempre lì a definire la nostra condizione di soggettività negate, che rialzano la testa e non si lasciano intimidire da chi crea barriere per persone “abili” e “disabili”. Abbatteremo i muri, chiunque sia a ergerli, perché ostacolano il nostro cammino nella rivendicazione del riconoscimento dei diritti civili per tutt*.
Blocca il lavoro di cura, sputa in faccia al datore di lavoro che ti chiede di firmare dimissioni in bianco, non tenerti tutto dentro e realizza i tuoi desideri senza però imporre norme ad altr* che adoperano per sé stesse soluzioni diverse. Blocca la società che conta sul tuo lavoro per andare avanti. Afferma il tuo diritto a esibire la tua intelligenza, perché non è mai stato così forte il pregiudizio contro persone che non vengono mai rispettate nella loro interezza. Pretendi di essere assistita se vuoi abortire. Pretendi di trovare consultori che ti indichino la strada migliore. Pretendi la pillola del giorno dopo e informazioni corrette a scuola a proposito della tua sessualità e del rispetto dei generi.
Smetti di accondiscendere alle imposizioni di un contesto catto/fascista che ti vuole obbediente e fedele ad una norma eteropatriarcale che tutt* riconosciamo come la forma più alta di oppressione assieme a quella razzista, classista, economica, fascista. Quel che abbiamo sentito a Bologna è stato un grido di ribellione che può raggiungere ciascuna@ di voi, nelle vostre case, nelle vostre micro o macro realtà sociali, nei contesti che vi obbligano a non fermarvi mai.
Sciopera dai doveri perché nessuno riconosce i tuoi diritti. Porta la tua pretesa ovunque, in casa, fuori casa, nei luoghi di lavoro. E se non puoi mancare indossa per un giorno abiti nero e fucsia, per dirti unanime al grido di rivendicazione mondiale. Esigi spazi di riunione per parlare di noi, di voi. Esigi che la tua denuncia per violenza subita non porti alla medicalizzazione del tuo corpo e della tua psiche. Esigi di veder riconosciuto un diritto al reddito, alla casa e alla cittadinanza se sei straniera e denunci di aver subito una violenza.
Lascia che a prendersi cura dei tuoi cari siano padri, fratelli, mariti. Esigi di vedere riconosciuto il tuo diritto a dire NO, perché il tuo consenso è importante e nessuno dovrebbe mai compiere azioni sul tuo corpo se tu non vuoi.
Racconta la tua esperienza di oppressione, gli stereotipi sessisti che subisci, quello che ti mortifica, perché non sei sol@. Si tratta di dare voce ai propri pensieri, di smettere di subire chi ti tratta da vittima e vorrebbe “salvarti” tuo malgrado anche se alla fine ti impone solo la propria soluzione e non ti dà ascolto. La tua parola conta e conta il tuo diritto ad autorappresentarti, che tu sia una studentessa, una lavoratrice precaria, una operaia, una disoccupata, una sex worker, una intelligenza prestata alla deficienza altrui.
Sciopera con noi, smetti le imposizioni per un giorno o continua a farlo se sei parte di una resistenza attiva che ti dà il diritto di ritenerti partigian@ che si è sudat@ ogni conquista fatta, per te, per chiunque tra noi.
Grazie se riterrai di farlo perché il tuo sciopero aiuterà chi non può e servirà a dare forza a tante persone oppresse che non hanno libertà di poter dire o fare nulla per sè stesse. Grazie perché quello che fai non è mai solo per noi stess*. Ci serve una lotta comune in cui le rivendicazioni siano tante e varie quante sono le anime di chi le inserisce in un discorso collettivo.
Noi ci saremo. Se anche tu ci sei dillo forte assieme a noi.
Abbatto I Muri
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CHIAMATA ALLO SCIOPERO INTERNAZIONALE DELLE DONNE – 8 MARZO 2017 DI NI UNA MENOS
Scioperiamo per denunciare:
Che il capitale sfrutta le nostre economie informali, precarie e intermittenti.
Che gli stati nazionali e il mercato ci sfruttano quando ci indebitano.
Che gli Stati criminalizzano i nostri movimenti migratori.
Che guadagniamo meno degli uomini e che il divario salariale tocca, in media, il 27%.
Che non si riconosce il fatto che il lavoro domestico e di cura è lavoro non retribuito, che si somma mediamente per 3 ore in più alle nostre giornate lavorative.
Che questa violenza economica aumenta la nostra vulnerabilità di fronte alla violenza maschile, di cui l’atto estremo più aberrante sono i femminicidi.
Scioperiamo per reclamare il diritto all’aborto libero e perché nessuna sia obbligata alla maternità.
Scioperiamo per rendere visibile che se i lavori di cura non diventano responsabilità di tutta la società noi ci vediamo obbligate a riprodurre lo sfruttamento classista e coloniale tra donne. Per andare a lavorare dipendiamo da altre donne. Per spostarci dipendiamo da altre donne.
Scioperiamo per valorizzare il lavoro invisibilizzato che facciamo, che costruisce reti, sostegno e strategie vitali in contesti difficili e di crisi.
Scioperiamo perché mancano le vittime di femminicidio, voci che si spengono violentemente ad un ritmo da brivido di una al giorno solo in Argentina.
Mancano le lesbiche e le transessuali assassinate da crimini di odio.
Mancano le prigioniere politiche, le ricercate, le assassinate nel nostro territorio latinoamericano per difendere la terra e le sue risorse.
Mancano le donne incarcerate per delitti minori che criminalizzano forme di sopravvivenza, mentre i crimini delle multinazionali e del narcotraffico rimangono impuniti perché beneficiano il capitale.
Mancano le morte e le prigioniere per aborti insicuri.
Mancano le desaparecidas.
Di fronte a luoghi che diventano un inferno, ci organizziamo per difenderci e prenderci cura tra di noi.
Di fronte al crimine maschilista e alla sua pedagogia della crudeltà, di fronte all’intento dei mezzi di comunicazione di vittimizzarci e terrorizzarci, trasformiamo il dolore individuale in complicità collettiva e la rabbia in lotta collettiva.
Noi ci appropriamo degli strumenti dello sciopero perché le nostre domande sono urgenti. Facciamo dello sciopero delle donne una misura ampia e attuale, capace di proteggere le occupate e le disoccupate, le donne senza salario e quelle che prendono un sussidio, le lavoratrici in proprio e le studentesse, perché tutte siamo lavoratrici.
Noi scioperiamo.
Ci organizziamo contro il confino domestico, contro la maternità obbligatoria e contro la competizione tra donne, tutte forme spinte dal mercato e dal modello della famiglia patriarcale.
Ci organizziamo in ogni dove: nelle case, per le strade, sui luoghi di lavoro, nelle scuole, nei mercati, nei quartieri.
La forza del nostro movimento sta nei legami che creiamo tra noi.
Ci organizziamo per cambiare tutto.
Tessiamo un nuovo internazionalismo.
Dalle situazioni concrete in cui ci troviamo, interpretiamo la congiuntura.
Vediamo che di fronte al rigurgito neo-conservatore, localmente e globalmente il movimento delle donne emerge come potenza di una alternativa.
Vediamo che la nuova “caccia alle streghe”, che ora perseguita ciò che nomina “ideologia di genere”, prova giustamente a combattere e neutralizzare la nostra forza e a spezzare la nostra volontà.
Di fronte alle spoliazioni multiple, alle espropriazioni e alle guerre contemporanee che occupano la terra e il corpo delle donne come territori prediletti di conquista, noi ci accorpiamo politicamente e spiritualmente.
Perché #ViveELibereCiVogliamo, noi ci arrischiamo in alleanza insolite.
Perché noi ci appropriamo del tempo e apriamo spazi di libertà per noi, facciamo dello stare unite un sollievo e una conversazione tra alleate, trasformiamo le assemblee in manifestazioni, le manifestazioni in festa, la festa in un futuro comune.
Perché #SiamoPerNoistesse, questo 8 marzo è il primo giorno della nostra nuova vita.
Perché #CiMuoveIlDesiderio, il 2017 è il tempo della nostra rivoluzione.