Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Ethan Bonali, Personale/Politico, R-Esistenze

Gender Creative: la libertà di essere Tomboy

Di Ethan Bonali

Propongo oggi, continuando la serie di articoli sulla libertà di genere e sul diritto all’autodeterminazione dei bambini, un articolo del 2011 comparso sul Telegraph

L’articolo, apparentemente innocuo, tratta temi molto interessanti che varrebbe la pena (e lo faremo) approfondire. Nonostante la figura del Tomboy (bambine/ragazze che assumono comportamenti, gestualità, vestiario, espressione di genere tradizionalmente attribuita a persone di genere maschile) sia considerata, in alcuni ambienti, ormai obsoleta, vale la pena di esplorare questo atteggiamento gender bending che ha risvolti interessantissimi sia a livello di emancipazione femminile, sia a livello di sfumature di identità di genere. Il genere non è una linea retta continua, come alcune pensatrici femministe dicono, ma è un complesso e più che tridimensionale insieme di variabili.

Leggendo queste sono state le mie considerazioni:

– i bambini nascono inseriti già in un ambiente non neutro in cui è deciso che i sessi sono due, hanno determinate caratteristiche e che, per accedere ai vertici di godimento della società, ma a volte anche solo per accedere alla società, è necessario/obbligatorio, conformarsi a costruzioni sociali vendute come definitive e naturali.

– i bambini sperimentano, cercano il benessere nella realizzazione delle proprie inclinazioni.

Sono gender creative, gender bending, gender non conforming. E tali definizioni sono necessarie solo per il fatto che è necessario un termine che indichi una diversità rispetto ad un sistema imposto.

Altrimenti sarebbe sufficiente solo la parola bambino/a/*.

–  una forma di condizionamento, il sottoscritto la chiamerebbe violenza, è la precoce sessualizzazione dell’infanzia. Questa passa dalla divisione per colore e attività di vestiti e giocattoli, al fatto che l’espressione di genere viene incanalata precocemente verso modelli adulti. Si insegna da subito che un determinato modello avrà più successo, piacerà di più. Sostanzialmente si fa entrare in punta di piedi il sesso.

Questo condizionamento si manifesterà molto chiaramente in seguito sotto forma di “appetibilità sessuale”. C’è una frase che mi ha molto colpito in questo articolo. L’autrice spera che la bambina Tomboy si “femminilizzi”, una volta arrivata all’adolescenza, per non essere solo un’amica per i ragazzi.

Sono solo io che ci vedo del male?

– il condizionamento precoce elimina la fase di sperimentazione e conoscenza di se stessi cui ogni bambino ha diritto, ed elimina, quasi irreparabilmente, la capacità di pensare fuori dagli schemi.

Capacità che si può recuperare ma a costo di una ri-educazione dolorosa e lunga.

– l’eliminazione delle figure questioning, creative, dal marketing e dalla narrativa è funzionale a questo impoverimento di possibilità esistenziali.

– l’imposizione di modelli di sessualizzazione sempre più estremi porta alle reazioni scomposte dei genitori di fronte ad un bambino che è in grado di autodeterminarsi ed è in grado di comunicarlo.

Si ricorre subito ai professionisti e si grida al transgenderismo e/o al gender di fronte a situazioni normalissime e gestibili con la buona volontà di ascoltare e capire.

– purtroppo i bambini tendono a proteggere i genitori che vedono in difficoltà e di cui bramano l’amore.

La conseguenza, terribile e incomunicabile, è la rinuncia a sé o a parte di sé per proteggere dei genitori che non sono in grado di criticare e difendersi da imposizioni sociali.

Che società vogliamo?

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Ho appena finito di riordinare vestiti e giocattoli del mio figlio maggiore decidendo quali passare alla sorellina.  I pantaloni “da battaglia” vanno nella pila dei no. Non posso immaginare che mia figlia, Phoebe, possa voler arrampicarsi e strusciare per terrà fino a causare il completo deterioramento degli indumenti. In effetti ho un lieve sussulto se ci penso.

Perché? Anche io ero un tomboy, negli anni ’70 quando ci sembrava di vivere in tempi più semplici. Mia madre racconta che sceglievo le macchinine e non le bambole e che non mi vergognavo di scegliere le attività preferite dai ragazzi del posto come arrampicarsi e sporcarsi di terra,  e che ero meno propensa rispetto ai giochi da “brave bambine” delle loro sorelle. Ma allora sembrava perfettamente normale. […]

Oggi la situazione è più complicata. I modelli di ruolo ed espressione di genere (ndr) per le nostre figlie sono basati sempre più e in maniera ossessiva sull’apparenza, sono superficiali e valorizzano non ciò che si fa ma come si appare – pensiamo a Quinn in Glee e a Blair in Gossip Girl.

I Tomboy possono essere spariti dalle nostre televisioni e dalle pagine dei libri – ma questo non significa che abbiano smesso di esistere. Così, cosa succede sé vostra figlia è più maschile che femminile?.

La figlia più piccola di Laura Virgoe, Elsa, cinque anni, è stata estremamente determinata nel suo esser maschile da quando Virgoe ricordi. “Da un’età estremamente precoce ha cominciato ad assumere ruoli maschili nei giochi con le sorelle maggiori. Anche nelle recite scolastiche voleva ruoli maschili.

Nell’ultimo anno ha insistito nel chiedere cose da bambino e a indossare vestiti da bambino. L’ho accettato. E, dopotutto, i vestiti da bambino sembrano essere più resistenti”.

Come avrebbe reagito Virgoe se Elsa avesse continuato a scegliere vestiti e attività da ragazzo anche nel periodo dell’adolescenza? Per il momento sembra crescere in questo senso – non vede l’ora di avere uno skateboard e vorrebbe anche una batteria. Ma penso che le piacciano i ragazzi e che quando crescerà potrebbe decidere di essere un po’ più femminile per essere qualcosa di più di un’amica – ma ci vorranno ancora molti anni!

Non ho fatto caso se qualcuno la etichetti come Tomboy, ma le persone sanno com’è. Ama confondere. Infatti, la settimana scorsa, al “soft play, ha fatto amicizia con un ragazzo che le ha chiesto se fosse un maschio o una femmina – e lei ne è stata felicissima.

L’aspetto interessante è perché ci chiediamo quali siano i sentimenti dei genitori riguardo la parola Tomboy – e perché la parola esista. Secondo Peggy Orenstein, autrice di Cinderella Ate My Daughter: Dispatches from the Front Lines of the New Girlie-Girl Culture (HarperCollins), le donne sono felici di descriversi con questa parola quando parlano di sé in retrospettiva.

Sono sicuramente molto più a mio agio parlando di me al passato come Tomboy che nel vedere mia figlia diventarlo. La Orenstein afferma che è molto più facile e piacevole associare se stessi in retrospettiva con ciò che viene classificato come comportamento maschile.

‘Ci fa sembrare più ribelli – meno passive.’ Ma si chiede anche perché comportamenti più estroversi, attività non domestiche o modi di vestirsi non iper-femminilizzati siano classificati come “da maschi”. La scrittrice si augura che tali comportamenti vengano visti come positivi e non necessariamente sessualizzati.

Il film, Tomboy, parla di una bambina di 10 anni androgina, Laure, che si trasferisce con la famiglia in un nuovo quartiere e che ama essere scambiata per un ragazzo dagli altri bambini. Presentandosi come Michel, attira le attenzioni romantiche di una ragazzina del vicinato, Lisa, ma la costruzione della sua identità, basata su una ragnatela di espedienti, crolla prima della fine delle vacanze.

Il film ha diverse suggestioni che mi ricordano più gli anni ’70 che l’essere ragazzini oggi è mi spinge a chiedermi cosa sia successo a tutti i positivi ruoli da Tomboy dell’ultima parte del secolo scorso. Usando i termini della Orenstein, perché l’affermarsi del carattere narcisista-consumistico è spesso ostile nei confronti delle altre ragazze?

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Il ruolo del modello Tomboy ha perso popolarità perché c’è meno opportunità di promuoverlo commercialmente, afferma Maggie Chapman, professoressa al College of Cognitive Behavioural Hypnotherapy (ccbh.org.uk) e terapista specializzata nello sviluppo degli adolescenti.

La terapista afferma ancora : i prodotti femminili sono promossi sempre prima nella vita delle ragazze, portando ad esempio una pubblicità di reggiseni rivolta a ragazzine pre-tees. ‘L’immagine promossa dalle celebrità  è quella di donne estremamente femminili, i ragazzi sono sempre alla ricerca di modelli  la società gli sta dicendo che il modello femminile è quello che val di più.

Ma cosa succede sé vostra figlia detesta qualunque cosa femminili? Come nel caso della figlia di sei anni di Clarie Smith, Lyra? Ho capito che poteva essere un Tomboy tre estati fa, racconta Smith. Quella è stata l’ultima volta che ha indossato un vestito. Abbiamo discusso all’inizio, ma ora facciamo shopping solo nel reparto maschile – in quella maniera ho un minimo di controllo. Dopo l’abbigliamento è arrivato lo skateboard, il cricket, e gli scout. Rifiutava di partecipare a qualunque cosa avesse un minimo indizio di femminilità e nascondeva i suoi capelli lunghi sotto cappelli militari.

Smith ha – o aveva  – una tendenza a comprare abiti maschili. Ma che sentimenti prova per quella bambina che aveva immaginato con vestiti da favola è che ora viene chiamata Tomboy? “Mi ci sono voluti anni per accettarlo. Ero in ansia per quello che potevano pensare gli altri; ora ho capito che a Lyra non importa nulla, e questa è la cosa più importante. Gli adulti possono essere estremamente giudicanti; agli altri bambini non importa.

Lisa Carr non aveva notato tendenze da Tomboy nella figlia di tredici anni, Georgia, fino ai sei-sette anni di,a bambina. Ora, molti di suoi amici sono bambini e lei si sforza di trovare url osa in comune con le bambine della sua età. Indossa pantaloni e boxer per andare a scuola, suona la batteria è sta imparando la chitarra.

Riguardando le mie foto di bambina, penso di essere stata un Tomboy anche io, ma non come Georgia, dice Carr. Dopotutto ho spesso portato i capelli corti e indossato jeans, anche ora non mi dispiace farlo in alcune occasioni, mentre Georgia sembrav davvero soffrire quando ha dovuto vestirsi femminile per il mio matrimonio. Carr è sposata con una donna. Si chiede spesso se l’essere circondata dalle sue amiche lesbiche abbia, in qualche modo, avuto un’influenza su Georgia, abituandola a persone che sono “diverse”, non convenzionali , con un loro stile.

Il Prof Carol Martin, un ricercatore dello sviluppo di genere della Arizona State University, afferma che i genitori dovrebbero incoraggiare i figli a sfidare i ruoli di genere tradizionali. “Penso che il comportamento più saggio che possano tenere dei genitori sia quello di insegnare ai bambini a chiedersi se alcuni dei ruoli presentati come da maschi o da femmine diano loro benessere”.

Molti ricercatori sono allarmati dal marketing che spinge per il ruolo di principessa poiché tale ruolo è molto limitato e superficiale. Allo stesso modo, il ruolo da “uomo duro” per i bambini può portare a sviluppare relazioni non sane con gli amici e le (i ndr) partner.

E cosa ne pensa Georgia dell’etichetta di Tomboy che le viene applicata? “Non penso di essere un Tomboy; questo è solo quello che sono” dice. Carr è molto tranquilla riguardo allo stile di sua figlia. Io resto preoccupata ma sono molto felice del fatto che Georgia non senta il bisogno di conformarsi.

Molte madri di Tomboy, comunque, cercano di imporre alle loro figlie un po’ stile più femminile prima di arrendersi. Posso capirlo – è normale desiderare che la propria sia chiaramente femminile. Parlando con Carr e le altre madri mi rendo conto che il mio desiderio per Phoebe di crescere lasciando una scia di glitter per tutta casa può essere sbagliato.

L’autrice Julia Llewellyn ha due figlie di sei e quattro anni. “Dal giorno in cui sono nate sono state bombardate da vestiti rosa e giochi da principesse. Dai loro primi giorni gli è stato detto che devono conformarsi a stereotipi zuccherosi e leziosi.”

È facile affermare che avrei dovuto opporre resistenza a questo sistema, ma le madri oggi hanno altri pensieri che rifiutare regali ben intenzionati per le loro bambine i quali sono solo ciò che è maggiormente e più facilmente disponibile.

Posso comprenderlo – la vita con dei bambini non lascia molto tempo per proporre modelli positivi di Tomboy. […] Sarò per sempre grata a Jo in Piccole donne per non aver fatto la scelta più ovvia e sposare il suo amore dell’infanzia.

Ho spostato i pantaloni “da battaglia” nella pila dei si. Non perché io desideri che Phoebe diventi un Tomboy, ma perché voglio che impari che essere donna non dipende dai vestiti – nonostante l’inevitabile bombardamento sulle varie cose-da-principessa. E se vorrà arrampicarsi, testare la resistenza dei pantaloni in qualunque modo e anche più di suo fratello, lo vedrò come un suo modo di divertirsi e non come un comportamento da Tomboy.

Claire Smith mi dice che ora le piace che sua figlia sia così diversa dagli stereotipi. “È felice e questa è la cosa più importante. L’averla lasciata libera di essere chi è ha migliorato moltissimo la nostra relazione. Non vorrei che cambiasse per nulla al mondo”.

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1 pensiero su “Gender Creative: la libertà di essere Tomboy”

  1. “Ma è un maschio mancato”, dicevano questo le amiche e le parenti di mia madre guardandomi scendere da un albero o giocare con le pistole.
    io le snobbavo come snobbavo le cuginette tutto latte e miele che uravano se vedevano un ragno; mia madre rispondeva loro che no, non ero un maschio mancato, ma una femmina riuscita. Sono potuta crescere “strana”, ho fatto studi e lavori maschili, ho avuto quasi solo amici maschi, ma questo, mi dispiace per la scrittrice, non mi ha reso “solo un’amica per i ragazzi”; tutt’altro, spesso mi ha favorita.
    Ma sono nata nel ’60 e forse questo ha aiutato.

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