Sara scrive:
Raramente scrivo riflessioni personali su facebook.
Ritengo la mia vita privata e i miei pensieri qualcosa da custodire con un minimo di cura; proprio per questo, pubblico solo quando ritengo di dover comunicare un messaggio che abbia qualche tipo di valenza sociale.Sarà un post molto lungo, probabilmente arrabbiato, certamente amaro, con delle premesse piuttosto dettagliate per chiarire bene il quadro della situazione:
In una struttura di una località balneare della riviera romagnola semi deserta in inverno verranno ospitati per qualche giorno 26 profughi.
Per non essere da meno, dopo le “eroiche” vicende di Gorino, due sezioni locali di partiti di destra ed estrema destra (che per evitare pubblicità indesiderata non nominerò) hanno deciso di manifestare la loro ostilità al soggiorno degli ospiti dell’albergo.Con alcuni amici decidiamo di partecipare al contro-presidio, in solidarietà ai profughi.
Ci armiamo di qualche testo e strumento musicale e, insieme ad alcune delle altre persone presenti, cerchiamo di esprimere la nostra benevolenza nei loro confronti con un po’ di musica. Qualche canto d’emigrazione, di protesta e un paio di tarantelle per tirar su il morale della truppa e rendere la nostra presenza un minimo accogliente data la cupezza della circostanza.
Un paio di amici preparano pure una torta e riescono a recapitarla all’interno della struttura.Per magra che sia la consolazione, mi rallegro del fatto che forse noi siamo di più degli xenofobi che popolano l’altro schieramento.
Dopo un’oretta questi se ne vanno e ci viene permesso di avvicinarci ai cancelli dell’albergo per comunicare il nostri benvenuto ai ragazzi all’interno (a vederli dalle finestre sembrano tutti giovanissimi).Non ho intenzione di commentare in questo post la questione rifugiati, xenofobi, razzisti ecc. E’ una cosa enorme, ma riguardo alla quale sapete benissimo come la penso e se uno non capisce c’è ben poco da discutere, semplicemente, per me, gli manca un elemento psichico chiamato empatia, nonché dosi massicce di nozioni storiche e sociologiche. Per oggi, solo per oggi, ci metto una pietra sopra.
Il nodo che voglio affrontare in questo caso, sto per esporvelo ora.
Ci avviciniamo dunque ai cancelli, intoniamo una canzone, gridiamo welcome, benvenuti, ciao! Dalle finestre si sporgono volti forse dapprima un po’ intimiditi ma sorridenti e anche tante mani che salutano e gesticolano.
Apro una parentesi: chi abbia mai messo un piede fuori dall’Italia, ma talvolta anche solo fuori regione, sa che il significato dei gesti e della mimica è tutt’altro che universale.
Diversi ragazzi dalle finestre fanno un gesto che nella nostra cultura d’origine rappresenta la vagina.
Ripeto nella cultura nella quale sono cresciuta, rappresenta la vagina.
Ma nella testa di chi lo ha fatto, che cosa significa?
Una vagina? Forse.
Un cuore? Forse.
Un gesto di ringraziamento, un segno di vittoria…?
Non posso saperlo.
Certo, l’ho visto e mi sono posta la domanda, ma non ho la risposta, non so interpretarlo.
Evidentemente a un paio di metri da me c’era qualcuno che una risposta se l’era data.
“Mandiamogli su le compagne, altro che musica e torte!”.Non so definire con precisione come mi sono sentita, dal momento che in me si sono succedute rapidamente una quantità di emozioni diverse.
Mi sono sentita oggettificata, vulnerabile, arrabbiata, delusa, umiliata, spaesata, demoralizzata.
E’ stata proprio una cosa corporea.
Forse solo le donne e gli omosessuali conoscono questa miscela peculiare di sensazioni.
Forse anche gli stranieri.
La rabbia ha rapidamente preso il sopravvento, “meglio”, ho pensato in un lampo, “la preferisco alla vulnerabilità e all’umiliazione, almeno è un principio di riscatto”.
Mi sono avvicinata al “compagno” e gli ho fatto notare che non era davvero il caso, che essere antirazzista e antifascista doveva significare essere per l’uguaglianza di tutti, donne comprese.Non solo il compagno non si è scusato, ma ha rincarato la dose, spalleggiato dagli amici e, cosa per me ancora più grave, dalle amiche, dicendo che si trattava solo di una battuta.
Al mio insistere che era comunque una manifestazione di sessismo e che, come donna mi sentivo offesa dalla sua “battuta”, mi sono sentita dare della frigida.
Qualcuno mi spieghi, per favore, la logica inoppugnabile secondo la quale se una difende l’autodeterminazione delle donne dovrebbe essere frigida!
Vabbè, questo è il livello, però in certi ambienti una vorrebbe sentirsi, al sicuro, al riparo da certi abiti culturali.
Non è qui che dovremmo combattere anche il sessismo e le discriminazioni di ogni genere?
Che senso ha il nostro manifestare, se siamo noi i primi a discriminare?Mi vien rabbia per non avergli saputo rispondere “le compagne sanno scegliere da sole con chi sco.pare, se proprio ci tieni a mandar su qualcuno, forse puoi offrirti volontario”.
Sarebbe stata l’unica risposta sensata.
Invece no, la rabbia mi ha sopraffatta e le parole mi sono morte in bocca. Nessuno ha detto niente, quasi fosse normale accettare queste esternazioni.
Voglio precisareche qualcuno, probabilmente, nella confusione non ha sentito, ma in ogni caso è impossibile che nessuno si sia accorto di nulla, perché la conversazione non si è certanmente tenuta sottovoce.
Il fatto è che siamo abituati a tollerare, neppure ci si fa caso.
Io ci faccio sempre caso e ammetto che in diverse occasioni anche con cari amici, e quel che è peggio, con care amiche, mi è capitato di storcere il naso ma di tacere per quieto vivere.Credo che non lo farò più, ogni volta che sentirò una battuta sessista, ogni volta che sentirò la parola, zoc.cola, put.tana, tro.ia (metto il puntino per aggirare la censura di fb), che qualcuno si permetterà di giudicare la condotta sessuale di una donna, farò notare che mi infastidisce anche se non è rivolto a me. Che le donne hanno lo stesso diritto degli uomini di usare il loro corpo come liberamente decidono e che nessuno dovrebbe permettersi di giudicarle per questo.
Ribadirò che le parole pesano, che scavano solchi e alzano muri e che non vanno usate con leggerezza.Giusto un paio di precisazioni prima di chiudere.
La mia non vuole essere un’accusa verso gli uomini come categoria, credo che di questa cultura, in fondo, pure molti di loro siano vittime.
Inoltre, mi preme precisare che in questi ambienti ho conosciuto pure un sacco di gente che riflette e si spende seriamente per il superamento di ogni forma di discriminazione, inclusa quella di genere.
Nella maggior parte delle situazioni lo stato dell’arte è mediamente ben peggiore, solo che qui mi aspetterei di più, invece mi accorgo che la strada è ancora lunga.