Sono cresciuto in un contesto che mi ha lasciato libero di esprimermi. Mi sono reso conto della fortuna che ho avuto quando ho visto altri ragazzi che vivevano in una prigione fatta di paure, un recinto terribile che li castrava mentalmente e che non gli dava modo di mostrarsi per quel che erano realmente. Forse dico delle banalità ma per me era normale il fatto di non dover sforzarmi di essere eccitato alla vista di un culo di donna. Non credo che gli uomini, o almeno per me è così, siano sempre eccitati alla vista di una donna attraente. Il fatto di rapportarmi con l’altro sesso avendo in testa sempre e solo il bisogno di imporre il mio desiderio non è mai stata una mia prerogativa. Invece ho visto chi si sforzava di sembrare virilmente brutale esprimendosi per rutti, il turpiloquio, che non serve per mostrare alla donna quanto sia desiderata, ma è un gioco a dimostrazione degli altri maschi ed è così che ti metti al sicuro e sai che hai pagato una tangente per poter stare tranquillo ed essere trattato da vero maschio.
Mi sono sentito condizionato anch’io, perciò, perché pensavo che quelle paure dovessero avere fondamento. L’accettazione è un’esigenza per ogni animale sociale. Il bisogno di riconoscersi, di fare gruppo, di sentirsi parte di qualcosa. Se sei un leader ti stacchi dalla massa e crei il tuo gruppo, con le tue regole. Se invece non lo sei o te ne resti da solo o ti allinei a quello che esiste già e non sei in grado di ribellarti. Quella era la pressione che sentivo di subire. Non veniva dalla mia famiglia, dalla scuola, ma dai compagni di strada, i cosiddetti amici, quelli del quartiere con i quali giocavo fin da piccolo. Loro mi mostravano la via e si comportavano come se fare quelle cose fosse una sfida, come se si trattasse di cose pericolosamente proibite e anticonformiste. In realtà non c’era niente di più facile che assumere coscienza dei privilegi che ha un maschio che vive in una società maschilista, privilegi che restano tali se ti adegui, ovviamente, altrimenti ti cacciano fuori dal branco e ti insultano. Non c’era niente di più facile che ripetere frasi fatte, concetti cretini, le femmine puttane, le pompinare, le palle moscie, i froci e i glabri che passavano da femmine.
Crescendo mi sono circondato di amicizie femminili perché non volevo fare parte di quel mondo violento. Violento con me, prima che contro altre persone. Non volevo subire le ritorsioni per essermi staccato dal branco. Se non sei un leader in grado di creare un tuo gruppo allora ti allei con chi fa parte di un gruppo diverso, incluso quello composto da donne. Ci sono rimasto per un po’, per sentirmi protetto, e poi però mi sono detto che per trovarmi avrei dovuto cercare in me stesso e avere la forza di dire no, a donne e uomini, quando non fossi stato d’accordo con loro. Sono un uomo, sono etero, a modo mio sono anche religioso, ma non mi piace rappresentare uno stereotipo.
Mi sono accorto poi che tutti questi problemi erano facilmente superabili al di là della frontiera italiana. Mi è bastato andare all’estero per trovare un posto in cui puoi essere chi vuoi senza subire pressione sociale. Ogni tanto pubblico su facebook le mie foto, il mio viso rasato e un po’ truccato, le mie braccia senza peli e il mio abbigliamento che fonde varie culture e vari colori.
Gli unici che mi sfottono e si sentono autorizzati a insultarmi sono delle mie parti. Non voglio fomentare razzismo perché non tutti sono così, anzi, ma la cultura che c’è lì è pessima e se lo è per me che sono un uomo e tutto sommato non devo subire tante ripercussioni quante ne subisce una donna chissà quanto deve essere dannosa e violenta per una donna. Ho ripensato ultimamente ad alcune cose che mi diceva mia madre quando ero adolescente. Mia madre ha sempre lavorato e non ha mai preteso che i figli si comportassero in modo diverso per via del sesso biologico. Mia madre diceva che eravamo fratelli, sorelle, uniti da un legame di solidarietà che prescindeva dai doveri assegnati per sesso. Quando mio padre si è ammalato eravamo io e mio fratello a darci il cambio per assisterlo mentre mia sorella finiva la specializzazione all’università e mia madre lavorava. Per noi era naturale fare così e quando una zia, idiota, disse maliziosamente che eravamo tanti cari, io e mio fratello, a fare quello che avrebbe dovuto fare mia sorella o mia madre le rispondemmo che lei era, appunto, un’idiota e offesa se ne andò perché non le cedemmo la possibilità di accorrere in nostro aiuto, da salvatrice dei maschi di famiglia, in sostituzione delle femmine inadempienti. In quell’occasione mi resi conto di quanto sessismo alcune donne trasmettono, a volte anche in modo più violento, perché inaspettato, di quanto non facciano certi uomini.
Non sono un uomo che partecipa alle manifestazioni femministe e non dico queste cose per scoparmi più donne, come mi disse una volta un misogino del cazzo. Dico cose che penso e per quanta frustrazione io possa avere per miei fallimenti personali, per progetti non realizzati, mai e poi mai ne darò la colpa alle donne del pianeta dalle quali non mi aspetto sempre un Sì e neppure che mi facciano da geishe perché io sono nulla più e nulla meno che un essere umano che prova a comportarsi con un minimo di civiltà. Mia sorella dice sempre che non devo coccolare il vittimismo di certe donne e io non lo faccio, non ho alcuna voglia di soccorrerle e non ho voglia di sembrare più macho di quello che sono. Anche in questo voglio distinguermi da un maschilista che prova ad appropriarsi del diritto a controllare le donne dicendo di volerle salvare. Io so che le donne subiscono violenze continue ma so anche che sono in grado di ribellarsi e quando e se mi inviteranno a festeggiare la loro vittoria io sarò con loro, non per prendermi il merito dei loro successi ma per complimentarmi per la loro forza. Questo sono io ed è difficile dirlo senza subire insulti. In un certo modo la vostra campagna mi ricorda che non devo starmene zitto e devo raccontare queste cose ad alta voce e più frequentemente, anche se gli “amici” italiani mi insultano su facebook. Mi insultassero pure. Non me ne frega niente.
Jacopo
—>>>Questo è un contributo di Jacopo per la campagna #mascolinitàfragile. Inviateci storie, immagini, quel che volete, su stereotipi che riguardano il maschile e oltre. Su abbattoimuri@grrlz.net
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