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Uno spazio per me: storia di abusi e rinascita

"nessuno vuole sapere cosa indossava il mio stupratore". da http://www.oddee.com/item_99278.aspx
“nessuno vuole sapere cosa indossava il mio stupratore”.

 

Cara Eretica,
ci ho riflettuto a lungo, prima di farti questa richiesta.
Ho molta paura di chiederti di pubblicare la mia storia, ma te lo chiedo comunque: potrebbe essere utile ad altre donne. Una speranza, un messaggio per non mollare mai. Ho paura non per quello che sono, ma di essere riconosciuta: non è difficile per chi un pò mi conosce o mi ha vista 😉 Eppure tant’è, è solo una storia, la mia, e se continuo a mettere davanti la paura e il giudizio degli altri e vergognarmi per quello che sono o che è stato, non avrò mai la possibilità di andare davvero oltre.

Sono nata 34 anni fa in Italia, un pò per caso.
Mia madre tedesca, mio padre italiano, si erano conosciuti in un’università per stranieri. Erano giovanissimi ed entrambi belli, venivano da famiglie con problemi abbastanza rilevanti, soprattutto nel caso di mio padre.
Mia madre rimase incinta quasi subito. Chiaramente non era previsto, ma decisero nonostante le alternative proposte dai propri genitori (in questo caso di lei) di tenermi ugualmente e non abortire.

Erano giovani, non erano pronti, non avevano soldi, venivano da ambienti disfunzionali. Io ero troppo piccola per sapere tutte queste cose, così dentro la mia coscienza accettavo qualsiasi cosa dando per scontato che fosse normale.
Fino ai 6-7 anni i miei ricordi sono quasi nulli. Qualche strascico, i miei si erano già trasferiti due volte tra Italia e Germania, e avevano deciso per la terza volta di ritornare in italia, in provincia di XXXXXXX. Io avevo 6 anni e allora parlavo meglio il tedesco. Ero molto introversa con gli altri bambini, venni discriminata fin da subito: mi pare evidente oggi in cui questo ha un termine, che si trattasse di bullismo. I bambini riconoscono la paura, la sensibilità e la stranezza negli altri, come se fosse un odore. Anche in natura il cucciolo strano viene preso di mira e a volte ucciso dagli altri più sani e forti. O più bulli.

Mi screditarono subito: tra le prime offese ricordo “crucca di merda” e “non capisci un cazzo”. Poco più avanti anche “tua madre è una puttana come te”.
In contrapposizione, mi chiusi e iniziai a leggere libri. Mi piaceva molto italiano e adoravo la maestra. Quindi diventai brava alle elementari. Ma ero socialmente incapace di integrarmi ed ero chiaramente emarginata. A 8 anni una compagna di classe invitò tutta la classe tranne me per il suo compleanno. Non capivo e faceva davvero male.

La situazione era ancora normale però, più o meno, fino alla fine delle elementari.
Quando andavamo a casa dei parenti in centro italia vivevo cose assurde. Una zia pazza mi prese a calci senza motivo sulle scale. Un cugino si chiuse in bagno con me e si masturbava. Mia nonna sicula era molto cattolica e credente, e mi diceva che il diavolo mi aveva presa di mira perchè ero strana e prescelta da lui per via dell’eccessiva sensibilità che mi caratterizza. Ho rischiato di essere rapita a 11 anni e sono stata salvata per miracolo da uno zio che per caso mi vedeva aspettare da sola un tizio che era andato a prendere appositamente la macchina per riaccompagnarmi da mia nonna.

E’ difficile riassumere ogni avvenimento a cui dovrei dare uno spazio più dettagliato e approfondito, ma se lo facessi, con dettagli e spiegazioni, questa non sarebbe solo una storia, diventerebbe un romanzo o una lunga autobiografia. Già fare una sintesi con quasi 35 anni alle spalle e una vita piena di cambiamenti non è semplice, ma ci provo.

In ogni caso tutto ciò che dico è vero, anche se non approfondisco i dettagli. Le cose che possono sembrare assurde in realtà derivavano dalla trascuratezza e dall’egoismo dei miei genitori, che a loro volta non erano in grado di rendersene nemmeno conto perchè giovani e provenienti dallo stesso ambiente disfunzionale. Forse se scrivessero la loro storia, non sarebbe poi tanto diversa dalla mia..
Tornando a me, l’inferno vero iniziò a 11 anni, poco prima delle scuole medie.
Mia madre decise di lasciare mio padre e io iniziavo la prima media.
In prima media ero bellissima. Non me ne rendevo conto, anche se quando mi specchiavo vedevo che il mio viso aveva qualcosa di speciale. Ma era mio e ci ero abituata: erano gli altri che mi dicevano sempre che avevo un viso tanto bello. Non essendo abituata a ricevere complimenti (o ricevere in generale, figuriamoci qualcosa di bello), mi sentivo sempre in difficoltà e pensavo di essere in debito con chi mi diceva queste cose, quindi avevo strane reazioni. Ma un giorno molto vicino quel complimento si sarebbe trasformato da tutti in “hai un viso così bello! Che peccato tu sia così grassa!”

Tornando alle medie, mio padre e mia madre litigavano già molto e da qualche tempo. Anche qui non mi soffermo sui dettagli, dalle tazze in pezzi, al budino che colava dal soffitto, dai pianti e dalle urla. Al fatto che loro fossero sempre presi solo dalle loro vite, da loro stessi e io vivevo allevata più o meno alla buona, affezionandomi al cane che era l’unico essere vivente a essermi vicino. Mia madre aveva avuto da poco anche un’altra bimba, mia sorella, che per fortuna visse quei disagi troppo piccola per ricordarseli. Ma era un ulteriore disagio per me: non ricevevo mai le attenzioni che avrei desiderato e vivevo delle briciole, all’arrivo di mia sorella ero ancora più trascurata e vedevo quell’amore che tanto desideravo rivolto a lei. 7 anni e già gelosa. Oltre a questo, a casa era l’inferno, mio padre se ne andò perchè mia madre lo buttò fuori ed era profondamente depresso. Talmente depresso che circa 25 anni dopo non si era ancora ripreso ed è morto di tumore, probabilmente psicosomatico.

Mia madre invece aveva più o meno l’età che ho io oggi: aveva voglia di amore, allegria, riprendersi la vita. Quindi lavorava part time, era in causa con mio padre per avere denaro per sè stessa e noi 2 bambine e si divertiva parecchio. Cosa che va benissimo, fintanto che non vivi in un paesino dove le voci “volano di bocca in bocca”, come cita De Andrè. E a rimetterci sono le figlie, che vedono tanti uomini passare in casa e sentono vicini e compaesani riferire alle spalle cose che i bambini e i ragazzini non dovrebbero sentire.

Tra i suoi amanti c’era il mio insegnante di educazione fisica, per cui io avevo una cotta. Glielo confessai e più tardi scoprì che lei ci andava a letto. L’ho odiata per questo. Come se non bastasse lo scoprii dai miei compagni, e in effetti anche se ero molto ingenua qualcosa avevo intuito quando lo aveva invitato a casa nostra.
Passarono molti uomini in quella casa. Mi mancava papà. A scuola ero la figlia di puttana e puttana anche io. Iniziai ad avere crisi asmatiche come le avevo già avute alle elementari. Cercai attenzioni scappando di casa, facendo atti vandalici, tingendomi i capelli, facendo o la bambina perfettina oppure l’anarchica selvaggia. Tentai il suicidio. Bevevo bottiglie di aceto intere per vomitare e non essere costretta ad andare a scuola. Mettevo il termometro sul termo per fingere la febbre.. Litigavo con mia madre con cui ero furiosa e finivo in castighi tremendi oppure in ricompense materiali per i suoi sensi di colpa (mi diede la camera da letto più grande della casa).

Ne presi talmente tante, di botte, emotive e fisiche, da aver paura ogni volta che qualcuno si arrabbia e alza la voce ancora oggi. Qualsiasi persona.
Iniziai a sfondarmi di cibo di nascosto. Quando vedevo mio padre mi raccontava cose cattivissime su mia madre. E poi ogni tanto mi toccava in mezzo alle gambe. Rideva e diceva che lo faceva per gioco. Ancora ho la sensazione di dover vomitare se ci ripenso.

Io non lo volevo vedere più e dissi a mia madre che non lo volevo. Lei non capiva. Non voleva capire. Non lo so. E io non sapevo cosa fare, cosa volevo. Non avevo i mezzi per comprendere me stessa e gli altri e il caos attorno a me.
Ovviamente così disagiata anche alle medie mi tormentavano. Ero bella, avevo le tette enormi, le ragazze mi massacravano, i maschietti ci provavano e se era un no, chiaramente mi diffamavano. Mi bruciarono il diario, mi tagliarono la giacca nuova, un giorno mi pestarono in gruppo. Il mio rendimento scolastico era talmente penoso che convocarono mia madre per chiederle se era il caso di rimandarmi. Spesso le cattiverie più brutali arrivavano da 3 ragazze, una delle quali oggi è un membro delle forze dell’ordine. Quando si dice il colmo.

Io vivevo di emozioni, confusione, paura, rabbia e dolore. Ero chiusa, ostile, giudicante, eccessiva in tutte le azioni. Fumavo, bevevo, mangiavo. Nonostante l’asma ho fumato per 10 anni quasi 2 pacchetti di sigarette di sax rosse. E mi trascuravo tanto da non aver approfondito la gravità del mio asma. Non mi interessava: io la morte la cercavo. Mi mettevo in situazioni pericolose di proposito, mi sentivo sbagliata, cattiva.

In psicologia un’interpretazione sulla dipendenza da sigaretta denota un conflitto con il capezzolo materno, che dà, ma dà veleno.
Giunsi alle superiori e fui rimandata i primi 3 anni. Mia madre mi obbligò a lavorare nei campi insieme a uomini adulti. Per fortuna non successe nulla, ma capii che era ancora peggio di studiare. Così iniziai a frequentare un liceo che mi piacesse. Divenni un’artista e quel disastro che era la mia vita, poteva tramutarsi in emozioni su carta o tela. Finalmente una ragazza diventò mia amica. Le devo la vita, lei e la sua famiglia mi allevarono e molto spesso ero da loro a volte anche per quasi una settimana intera.

Finalmente vedendo un’altra famiglia, vedevo il marcio nella mia. E faceva male, perchè mi chiedevo perchè meritavo quella vita.
Il mio silenzio è durato anni. Un pò perchè non capivo e non sapevo come spiegare. Un pò perchè pensavo che tutto mi accadesse per colpa mia.
A 17 anni mio padre mi portò dalla sua famiglia in centro italia. Io ci volevo andare perchè avevo una cotta per un mio cugino (non lo stesso che si masturbava in bagno con me, ne ho altri 2 maschi). Purtroppo a quell’età ero appunto allo sbando e i miei cugini non erano da meno (del resto, l’ambiente di provenienza era lo stesso). Uno dei due tutt’ora è in una comunità da anni per droga. Proprio quello che faceva da guardia mentre il suo migliore amico mi stuprava in un parco in centro città dopo un happy hour in cui ci eravamo ubriacati.

Ero vergine, è stato orribile. Avevamo bevuto, il ragazzo era bello. Ma non era gentile. Dopo, quando raccontai dello stupro alla nonna, sconvolta dal dolore, da tutto quel sangue, dalla paura, mia nonna rispose con delle parole che non scordai mai “te lo sei cercata, vestita con i pantaloncini corti”.
L’ho odiata talmente tanto che 2 anni fa al suo funerale mi vergogno ad ammettere che ho quasi goduto mentre la seppellivano. Purtroppo però mio padre era già morto e li hanno seppelliti vicini. Il dolore per la scomparsa di mio padre ancora è molto forte, nonostante tutto.

E’ grazie alla foto in un post di abbatto ai muri su facebook, con una ragazza che ha un cartello in mano che recita “nessuno mi ha chiesto come era vestito il mio stupratore” che ho deciso che la mia storia è come la sua e che va raccontata.
Il mio caos interiore e il dolore mi portarono a sviluppare una dipendenza e una patologia alimentare oggi descritta come binge eating, ovvero il mangiare compulsivo. Quel vuoto e quel disastro che era la mia vita non aveva altro modo di essere riempito. Vorrei dire che oggi anche se sono felice e sto bene non sia più così, ma se ce l’hai è come l’asma cronico, come il bruxismo. Sono cose che ti tieni, anche se puoi lavorarci e farti aiutare. io le ho tutte e altre ancora, con lo stile di vita che facevo, oggi ne pago lo scotto.

In più di un’occasione ho tentato il suicidio, ma non mostrandomi, da sola. Una volta ci sono andata vicino, ma il coraggio per l’ultima mossa mi è sempre mancato e in un’occasione non mi ha uccisa l’gnoranza: ho preso una dose alta di compresse ma non ricordo nemmeno quali, nello stato in cui ero. Comunque poi non è successo nulla, sono stata solo molto male.
Mi sono data la colpa per tutto. Mi sentivo perennemente sporca, sbagliata, confusa e terrorizzata.

Non sono nemmeno riuscita a realizzare il sogno di studiare all’università: avevo troppa paura di essere di nuovo vittima di bullismo o giudizio per i miei 140 kg. Mia madre mi aveva mandata via di casa (a 20 anni, io lavoravo e ci sta) ma ero troppo instabile psicologicamente per camminare con le mie gambe. Quindi mi sono messa con un ragazzo fuori di testa come me e una ragazza ninfomane e borderline sotto allo stesso tetto come conviventi. Non necessita approfondimenti, penso si possa immaginare quanto sia malsano. Sono arrivata a farmi picchiare e a chiamare la polizia. Ma visto che poi ero terrorizzata il poliziotto ha ascoltato il mio compagno e liquidato il tutto come se la pazza fossi stata (solo) io. Una donna isterica. Magari in sindrome premestruale.

Il punto di svolta è stato a 27 anni, dopo aver fatto 3 interventi chirurgici bariatrici per dimagrire. Porto segni su tutto il corpo di quel macello. Un supplizio che non auguri al tuo peggior nemico, perchè nessuno arriva ad un peso simile se non ha problemi diversi, come un’infanzia tragica, abusi sessuali, abbandoni in famiglia, famiglie disfunzionali, violenze psicologiche. Ma a quei tempi si parlava solo di bulimia e anoressia come di malattie. Io ero solo una “cicciona balena di merda” senza forza di volontà (ebbene sì, tra le graziose etichette anche questa mi è stata concessa).
Feci l’intervento più drastico e arrivai a 100 kg.

Qundo scoprii che il peso non scendeva più, pensai che stavolta era davvero ora di farla finita. Ero impiegata in un posto eccezionale per via delle mie conoscenze linguistiche e per conoscenze tramite mia madre e il suo compagno (alla fine se lo è sposato, non mi piace per niente ma almeno lei è migliorata molto come persona. Non da dire che sia diventata generosa, altruista o materna, ma almeno oggi abbiamo un rapporto civile). Prendevo uno stipendio che a ripensarci mi manca tutt’ora. Andai a trovare mia madre e mia sorella con il pensiero che quella sarebbe stata l’ultima volta. Quella volta tuttavia mia mamma ci vide lungo, e mi diede uno scossone, così cercammo in internet se c’era qualche gruppo di aiuto per mangiatori compulsivi. Lo trovai e iniziai a scoprire che era una malattia, un disturbo alimentare ma soprattutto, un problema mentale e non fisico. E non era una colpa, era una parte di me che era riuscita a sopravvivere a tutto quello sfacelo solo facendo così.

Iniziai a conoscere persone meravigliose, e fare un percorso spirituale. L’associazione è bigotta e all’antica, credono in cose come Dio che per me da atea sono assurde (mia nonna materna era la donna più cristiana mai conosciuta e allo stesso anche una delle persone più bipolari e carogne mai conosciute, e mio padre mi ha obbligata per un anno intero già adolescente ad andare in chiesa tutti i giorni) ma mi ha regalato amicizie profonde e meravigliose che ho tutt’ora. D’altro canto un motto recita “prendi quello che ti serve e lascia andare il resto”, infatti la perfezione non esiste.

Molte delle persone che ho conosciuto qui e in altre associazioni che permettono di lavorare su si se’ si dedicano a psicologia, filosofia, counseling, yoga o meditazione, discipline che mi hanno aiutata a fare luce sulla mia vita e su di me e quindi amo particolarmente. Oltretutto queste persone mi hanno permesso di aprirmi e raccontarmi e riconoscermi negli altri come simili e non come nemici. Loro semplicemente spesso sono, pensano o agiscono come me e capiscono cosa provo e come mai faccio oppure ho fatto certe cose. Ma non mi giudicano, piuttosto mi ascoltano con empatia. E viceversa.

Oggi non ho un peso forma ma sono calata da sola e il mio peso o è stabile, o scende verso il basso. Sono sempre grassa, ma accetto il mio corpo. Da ragazza non andavo al mare o mi mettevo una maglietta perchè mi vergognavo, oggi sfoggio il 2 pezzi con naturalezza, con ciccia, cellulite e grossi tagli sulla pancia per interventi chirurgici non andati a buon fine.

Grazie alla spiritualità, all’aver chiesto aiuto, alla mia evoluzione personale, oggi aiuto chi ha problemi come i miei. Ho trovato anche l’uomo che a differenza dei precedenti, non è nè psicopatico, nè depresso, nè strambo, nè dipendente da qualcosa o qualcuno. Oggi ho un uomo al mio fianco che mi ama, è colto, mi ascolta e mi insegna a ricevere o impara qualcosa anche da me. E’ un uomo che non pensavo di poter meritare, che mi ha insegnato cos’è l’amore e che non significa solo andare sempre e solo d’accordo o stare attaccati l’un l’altro perennemente. Significa scegliersi ogni giorno, avere la libertà di essere se’ stessi al 100%, amarsi anche nei momenti in cui si è a disagio, quando si è malati con l’influenza o tristi.. E dirsi la verità, guardarsi dentro, essere onesti. Io tutte queste cose, beh, non le sapevo.
Io non l’ho mai conosciuto questo sentimento, credevo di essere talmente indipendente e chiusa da non trovare mai un uomo adatto a me, perchè mi ritenevo intimamente comunque indelebilmente indegna e sbagliata.

Quindi oltre ai miei traumi e prima di trovare l’amore anche in un partner, ho dovuto partire da me.
Poco alla volta per anni ho iniziato a fare azioni coraggiose, a lavorare, a chiedere aiuto, ad ascoltare gli altri. Ho scoperto e potenziato gli aspetti positivi del mio carattere: a ridere un pò più spesso, a essere empatica, sensibile ma con dei confini più sani. E i difetti, come il giudizio (soprattutto nei miei stessi confronti) il perfezionismo, l’egoismo, la paura che mi bloccano spesso dal fare qualcosa di buono per me o per gli altri. Beh, ci lavoro ancora ogni giorno, cerco di migliorarmi.
Questa dunque la mia storia, che dedico a chi ha una storia simile alla mia o che ancora vive nel buio della disperazione e del dolore. E a chiunque abbia avuto la voglia di leggerla.

Il messaggio di speranza è che il buio non è perenne, e si può cambiare.
I miei primi 27 anni di vita ho solo desiderato che la vita finisse, non c’era altro che schifo e degrado. Che era sempre colpa mia o degli altri. Ma cambiando me stessa e concedendomi la possibilità di guardare il mondo con occhi diversi, grazie all’aiuto di altri, della cultura, dei libri, degli amici, dei professionisti.. Beh il mondo non è certo cambiato, ma sono cambiata io. E adesso, oggi, sto bene! 🙂

E’ un miracolo dopo quello che ho passato. Lo è per la mia piccola insignificante vita in mezzo a milioni di altre. Perchè oggi la vita la desidero quando mi sveglio la mattina e mi alzo facendo colazione con il mio amore, anzichè poltrire ore davanti a serie televisive sul divano mangiando quintalate di cibo fuggendo dal resto dell’umanità e dalle mie emozioni negative.
Non ho buoni rapporti con quel poco che resta della mia famiglia ma almeno ci parliamo e ci vediamo o sentiamo con il contagocce. Spero un giorno di riuscire anche a perdonare meglio me stessa e loro e andare oltre. Lo spero soprattutto per me, per non cadere vittima dell’autocommiserazione o del rancore che fanno male solo a me stessa.

So che è un viaggio e mi impegno a porre degli obiettivi poco per volta, apprezzo i successi ottenuti in questi anni.
Mi dedico a me stessa, al mio corpo, ai traumi, ai miei amici intimi, a chi ha bisogno e me lo chiede, al mio Amore e al mio dolcissimo cane.
Oggi semplicemente vivo e ho il diritto ad esserci anche io come tutti gli altri. Oltre la società, la religione, i giudizi, i pregiudizi, la cultura.
Cambiare si può, ma come diceva Gandhi o qualche altro santone indiano, devi cambiare tu, il mondo non cambia per te.
E io voglio solo vivere in pace: la guerra (quella piccola, strisciante e nascosta all’interno di molte nostre case del cosiddetto mondo benestante) l’ho vissuta per gran parte della mia vita.
Ma oggi posso scegliere.

Ringrazio per aver avuto la possibilità di con-dividere la mia storia.
Affido il fatto che sia pubblicata oppure no, perchè per me l’importante è aver trovato il coraggio di scriverla.
Grazie ancora per l’esistenza di questa pagina su Facebook: per me è un faro nel buio per chi come me ha vissuto certe cose e oggi vuole giustizia e pace.
C.

1 pensiero su “Uno spazio per me: storia di abusi e rinascita”

  1. Non so se leggerai mai questo feedback, ma sappi che pur non conoscendoti di persona sono orgogliosissima di te!
    Non saprei cos’altro aggiungere perché hai già detto tutto tu e, soprattutto, hai già fatto tutto: dallo smarrimento più totale sei riuscita a ritrovarti e, con grande impegno, a rimetterti in pista. Hai preso in mano la tua vita e con gran cura hai cercato di recuperare il recuperabile, hai cercato di sistemarla, di cambiarla.
    La tua non è una “piccola insignificante vita” ma è un vero e proprio esempio per tutti! Non puoi fare altro che essere orgogliosa di te stessa!
    Un abbraccio ❤

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