Vorrei aggiungere alla controversa discussione sull’iniziativa del ministero della salute, quella del fertility day, una riflessione politica su uno degli slogan che ho trovato su quel sito. Dire che la fertilità è un bene comune significa dare al corpo delle donne un valore in quanto riproduttrici alle quali viene negata la libera/personale scelta. Quel che è “bene comune” diventa di controllo pubblico e va bene se si parla dell’acqua, che non va privatizzata, ma una donna non privatizza la scelta di gestione del proprio corpo, non lo fa in senso liberista. Il corpo è privato, è mio, lo gestisco io, e farlo diventare bene pubblico, semmai, diventa un modo per renderlo subordinato a biocapitalismo che fonda le proprie basi sulla riproduzione e sul ruolo di cura.
L’economia della fertilità, la natalità come mezzo per mettere a posto l’economia e per ripulire etnie che si “colorano” d’altro. Giusto perché non si vuole comprendere tra le proprie file produttive e riproduttive le donne migranti e i loro figli. C’è l’estetica della fertilità, tanto da farle assumere ruolo di assoluta magnificenza, bellezza, delirio descrittivo di vite photoshoppate che annullano tanta narrazione sulla maternità responsabile e consapevole, inclusa quella vissuta con grande difficoltà e senza seguire le parole d’ordine normative che impone la società catto/fascista.

Se la fertilità è un bene comune e il corpo della donna è corpo sociale, capite bene che questo diventa un modo per risemantizzare il senso di esistenza del corpo delle donne e delle scelte riproduttive autodeterminate che lo riguardano. Un bene comune viene protetto socialmente, da uno Stato pappone/protettore, prescindendo dalla volontà delle singole persone. Significa che in virtù del diritto tutoriale che lo stato conferisce a se stesso sul corpo delle donne e sulle sue scelte riproduttive, potranno pensare anche di intervenire, con divieti e imposizioni di vario tipo, su questioni come l’aborto, la procreazione medicalmente assistita, la gestazione per altri. E’ un modo per mettere un lucchetto sul nostro utero che può diventare a gestione socialmente “utile” ché, in altre parole, riproduce il senso dell’esortazione fascista a fare figli per la patria.
Mi sconvolge il fatto che non si riesca a vedere quanto la comunicazione politica relativa a questa iniziativa diventi realmente un modo per imprimere significati, simboli, codici di comunicazioni, nella nostra cultura già ampiamente fatta di esaltazione del materno, di esclusione delle persone che vogliono adottare un figlio, e di quell* che formano coppie non eterosessuali.
La fertilità non è un bene comune perché si sta parlando del MIO corpo, un MIO “bene”, una MIA area di decisione. La scelta che riguarda il mio corpo e la mia “fertilità” riguarda soltanto me e nessun altro. Se io decido di abortire nessuno può interferire con questa decisione. Nessuno può usare la semantica governativa per rinvigorire vecchi stigmi e colpevolizzarmi. Nessuno squadrone di donne orgogliose di essere madri può colpirmi al fianco e nessuna donna desiderosa di figli che non può avere può dire a me che sono irriconoscente, ingrata, nei confronti della natura che mi avrebbe premiata con l’abilità riproduttiva.
La fertilità non è un bene comune e non si piega alla necessità di Stato. Il tempo e la scadenza della mia fertilità non può essere dettato dal governo e la spinta a fare presto, con l’esortazione che indica la scadenza del corpo di una femmina riproduttiva, è idiota, offensiva, giacché evita di parlare di economia e reddito, e punta tutto invece su argomentazioni da movimenti no/choice.
Se ci sono donne che vogliono mettere la propria fertilità al servizio dello Stato facciano pure. La mia resta mia e quando andrò in scadenza sarò comunque una persona di valore perché io non sono la mia fertilità. Io non sono la mia capacità riproduttiva. Io sono una persona e sono una donna, che il ministero lo voglia o no.
—>>>Leggi il mio post su Il Fatto Quotidiano
––>>>Leggi quel che era il piano nazionale della fertilità già nelle discussioni a partire dal 2014.
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Ma perché secondo voi loro pensano che le donne fanno i figli da sole autoduplicandosi? No? (Ovvio che no) ed allora non vedo perché vederlo necessariamente come un “attacco” al genere femminile in particolare, l’ Invito alla procreazione per così dire è OVVIO che eventualmente riguarda ENTRAMBI i sessi