Antisessismo, Autodeterminazione, L'Inchiostrato, Personale/Politico, R-Esistenze, Violenza

“Ti sborro in faccia”, una storia vera

di Inchiostro

Eravamo, io e Lisa, giunti intorno a quell’ora in cui la gente torna verso casa, quando non è più notte, ma ancora non c’è abbastanza luce da poter dire che è mattina.
Lei aveva bisogno impellente di trovare un bagno, io ponderavo l’idea di comprare un’altra birra. Era già da un po’ che camminavamo ed eravamo arrivati in Piazza Duomo, quando Lisa ha visto questo McDonald’s in procinto di chiudere e ha detto “ci provo, magari mi fanno entrare per andare in bagno”.

“Ok” ho risposto, rimanendo fuori a fumare la mia ennesima brava sigaretta.
Ora, non vi so dire con esattezza quanto ci rimasi là fuori ad aspettare, ché dopo un certo numero di birre, complice anche l’orario strano in cui eravamo appena entrati, il tempo sembra dilatarsi fino a fermarsi e, per certi versi, è come se non trascorresse più. E’ come se ce ne fosse davvero solo uno, cioè il presente, e si vivesse sempre nello stesso preciso attimo fino al sorgere del sole. Una specie d’immortalità passeggera, se posso azzardare.
Comunque, dopo una quantità indefinita di minuti e due sigarette e mezza, la vidi riemergere dal locale ridendo come una matta, di gusto.

“No, non puoi capire” ha esordito.
Io l’ho interrogata con un mezzo sorriso sghembo e la sigaretta nella mia mano destra, ché ero ancora mezzo impelagato nelle mie digressioni sul senso d’immortalità che ti coglie durante la notte.
“Non puoi capire, davvero, cos’è successo là dentro” ha continuato “prima, appena fuori dal bagno, un inserviente mentre uscivo mi ha detto ti sborro in faccia, poi, dopo, il buttafuori mentre mi apriva la porta mi ha chiesto e il tuo ragazzo dov’è? E io, cioè, io sono scoppiata a ridere, queste cose sono assurde”.

Ora, come ben penserete voi, io ero lì che ridevo, sì, ma pensavo anche una cosa tipo ma-come-cazzo-ma-dai-non-ci-credo e forse l’ho anche detta questa frase, in un modo molto simile a come la sto trascrivendo.
Non tanto per il buttafuori, capitemi, ma per la frase di quel genio del flirt.
“Ma cosa pensava di ottenere, voglio dire, dicendo quella cosa?” stava continuando Lisa “Cioè, che vita grama di relazioni sociali devi avere, se il tuo modo di rapportarti con le persone è quello lì?”.

Il tutto, questo dovete proprio immaginarlo, stava accadendo nell’ilarità. Camminavamo e ridevamo, e continuavamo a ripetere solo cose tipo “Cioè, boh!” e niente di più. Ed in effetti, sarete d’accordo anche voi, cosa mai si può dire d’una frase come ti sborro in faccia?
Io ero allibito – lo sono tutt’ora – e cercavo di immaginarmi lo schema mentale che ti porta a dire una cosa simile, e più cercavo d’immaginarlo e più finivo in quel cioèboh! che stavamo ripetendo a cadenza regolare, ogni volta che provavamo a dire qualcosa sull’accaduto.

Che poi, penso io, non è l’uscita in sé ad essere esilarante, e se ci si pensa non c’è proprio niente da ridere. Credo che la risata sia un modo di reagire a quella che, a tutti gli effetti, è un’aggressione, di certo non un complimento.
Come poi, dopo un po’, ha detto Lisa, se si fosse incazzata e avesse affrontato il novello casanova, ne sarebbe scaturita una potenziale rissa verbale, che non avrebbe portato a niente, se non, forse, ad ulteriore rammarico e delusione, per non dire forse a rabbia e tristezza.

E sarebbe stato davvero un peccato – questo lo dico io – se un paramecio simile, con la sua forbita uscita, avesse rovinato quella che, a tutti gli effetti, era una serata, ragazzi miei, molto più che piacevole.
Io penso che Lisa sia riuscita a fare una gran cosa, ridendo in quel modo così spontaneo e disarmante, perché non ha permesso che quel genio del male l’annichilisse, la abbattesse. Nel gioco di forza dell’insulto atto a distruggere la personalità, lei ha indubbiamente vinto. Nel non farsi rovinare la serata, lei ha indubbiamente vinto. Roba tipo 1 a 0 e palla al centro, testa di cazzo. Secondo round?

E così abbiamo proseguito la nostra lunga passeggiata, alla ricerca di un’altra birra che avevo deciso di bere, e in testa avevano iniziato a suonarmi le canzoni degli Smiths, i testi di Morrissey, con tutta la costruzione d’immaginario che, voi capite, ne consegue.
L’orario, come detto, era quello in cui esiste solo il presente e nessun altro tempo, quello dove anche la luce che cade sul cemento sembra immobilizzare ogni cosa, e tu ci passi in mezzo, come camminando in un fermo immagine, sentendoti al di fuori di tutto e, al contempo, così immerso nella vita da essere certo non finisca mai.
E l’ilarità di Lisa, che esce sinceramente divertita da quel McDonald’s, che risponde a quel modo ad un’uscita veramente insultante e merdosa, mi ha fatto pensare che per davvero una risata li seppellirà.
E loro, di questo mentre camminavo ne ero certo, e più camminavo e parlavo con Lisa e più ne ero certo, loro non potranno farci niente.

—>>>Potete trovare i post di Inchiostro nella categoria L’InchiostratoQUI la sua biografia.

1 pensiero su ““Ti sborro in faccia”, una storia vera”

  1. Ancora meglio se Lisa gli ha riso in faccia, così magari il tizio la prossima volta si tiene le sue uscite da maschio pseudo-alfa per lo specchio.

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