Antirazzismo, Antisessismo, La posta di Eretica, Personale/Politico, Precarietà, R-Esistenze, Violenza

Sei “cubana” e il marito ti picchia? Allora te la sei cercata!

Lei scrive:

Ciao, Eretica, ho bisogno di uno sfogo perché nonostante sia passato un giorno intero, percepisco ancora la sensazione di un mattone ad altezza stomaco dopo l’episodio accadutomi ieri. Sono una ragazza di 26 anni e lavoro in uno studio dentistico come assistente alla poltrona. Ieri durante la pausa pranzo ho assistito a uno dei discorsi più maschilisti e beceri a cui potessi mai fare da testimone. Una nostra paziente, una ragazza cubana di 23 anni sposata con un uomo italiano molto più grande di lei, si è presentata in studio con lividi e punti al volto, confidandoci di essere stata picchiata e minacciata dal marito, di essere andata al pronto soccorso e di aver denunciato il tutto alla polizia, la quale è adesso sulle tracce dell’uomo.

Il medico, maschilista, xenofobo e omofobo, non appena si è trovato solo con gli altri colleghi maschi non ha perso occasione per dar voce alla sua opinione, asserendo che sicuramente la ragazza si è meritata le botte, che ha sposato l’uomo solo per ottenere la cittadinanza italiana e che adesso che ha ottenuto lo scopo si starà sicuramente divertendo in giro con altri uomini, dando perciò al marito il movente per averla picchiata. E sarebbe finita qui, se non fosse che il medico, rivolgendosi a un collega di 24 anni, ha perfino aggiunto: “Lo so che te la vuoi fare, ma al momento meglio far calmare le acque o il tizio come minimo ti accoltella. Appena la situazione sarà tornata alla normalità ti sbatti la ragazza, ci fai un giro e poi ne fai quello che vuoi”.

In genere sono una persona che esprime la propria opinione quando c’è un dibattito in corso, ma di fronte a un simile discorso mi si sono chiusi lo stomaco e la bocca. Ero incredula, sconvolta, paralizzata e furiosa al contempo, eppure non sono riuscita a urlare la mia rabbia a quell’uomo che ho sempre disprezzato. Forse perché, tra chi gli dava retta, c’era anche un amico di famiglia che ho sempre ammirato e a cui ho sempre voluto molto bene e che mai mi sarei aspettata di vedere dare corda a un essere tanto spregevole. Sono tornata a casa svuotata e un po’ mi vergogno ad ammettere che ho pianto di rabbia, delusione e amarezza di fronte alla consapevolezza che per molti, noi donne, siamo e saremo sempre oggetti, streghe e puttane.

Credo che questo episodio sia stata la fantomatica goccia che fa traboccare il vaso: non è la prima volta che mi tocca assistere a simili discorsi da parte del dentista, tra troie, musulmani di merda e froci ne ho sentite di tutti i colori. E io, da lesbica, ho sempre evitato il coming out nel luogo di lavoro proprio per timore di ritorsioni. Ma dopo l’ennesima manifestazione di odio e disprezzo gratuiti, ho preso la decisione di sopportare ancora qualche mese e di trovarmi un nuovo lavoro. Non riesco più a trascorrere la metà della mia vita in un simile ambiente.

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