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Chi definisce la pornografia? In questi giorni, è Facebook

La bellissima foto di Flora negri, che ritrae donne in lotta contro la cultura dello stupro, censurata perché facebook ha cancellato, intendendola pornografia, quella originale. QUI la versione non censurata.
La bellissima foto di Flora negri, che ritrae donne in lotta contro la cultura dello stupro, censurata perché facebook ha cancellato, intendendola pornografia, quella originale. QUI la versione non censurata.

 

da la WashingtonPost (Traduzione di Elena Montselles e condivisione da QueerNotes)

Di Jillian C. York
Jillian C. York è una scrittrice e attivista il cui lavoro interseca tecnologia e politica.

Nel caso del 1964 Jacobellis contro Ohio – che discuteva se lo stato dell’Ohio potesse vietare la proiezione di un film che aveva ritenuto osceno – il giudice della Corte Suprema Potter Stewart definì emblematicamente la pornografia hardcore, un genere non costituzionalmente protetto, dicendo: “La riconosco quando la vedo. ” Il film in questione, ha aggiunto, non lo era. . Meno di dieci anni dopo, nel caso Miller contro California, la Corte Suprema ha messo a punto un sistema giuridico a tripla verifica per decidere se una cosa fosse oscena – chiamato il test di Miller – basato su ciò che una persona normale trova offensivo.
Il problema dell’applicazione efficace di questi standard alla pornografia su Internet, anche al di fuori di un contesto giuridico, è il modo in cui il cyberspazio è governato. Oggi gli spazi in cui interagiamo online sono in gran parte controllati da società che in linea di massima non si basano su qualcosa che somigli al test di Miller, ma più sul vecchio standard di Stewart “La riconosco quando la vedo”. Come ha affermato Rebecca MacKinnon, questi “sovrani del cyberspazio” non eletti operano senza dover rendere conto a nessuno, e spesso con poco rispetto per le libertà che abbiamo duramente conquistato.

[La tesi per vietare la pornografia]

Oggi su Internet quelli che fanno le regole non sono funzionari eletti ma tecnocrati – per lo più di sesso maschile e per lo più americani. E quelli che prendono decisioni giorno per giorno su quello che possiamo o non possiamo vedere non sono giudici con anni di formazione, ma lavoratori a basso salario di aziende terziarizzate in luoghi come le Filippine.
Prendiamo, per esempio, Facebook. In qualità di società per azioni, è responsabile in primo luogo verso i suoi azionisti. Gli utenti sono, in un certo senso, un di più; più un prodotto che un cliente. L’azienda ha creato una propria serie di “norme comunitarie” che sono intenzionalmente applicabili a livello globale. Il risultato è censorio: degli utenti sono stati banditi dalla piattaforma – temporaneamente o definitivamente – per aver usato un nome diverso dal proprio, per la pubblicazione di campagne di sensibilizzazione contro il cancro al seno che mostrano un accenno di capezzolo, persino per dei discorsi politici.
Secondo le regole di Facebook, ogni contenuto sessuale è vietato, così come la maggior parte dei nudi (anche se esistono eccezioni per le opere d’arte famose, le foto di madri che allattano e le immagini post-mastectomia). Sono vietate le foto a torso nudo di donne, mentre quelle maschili vanno bene. In particolare, gli standard aziendali non includono la parola “pornografia”, alla quale invece ci si riferisce con “immagini esplicite di rapporti sessuali” e “attività sessuale”. Quando gli utenti tentano di segnalare tali contenuti, tuttavia, la prima opzione che hanno è: “Si tratta di nudità o pornografia,” con “eccitazione sessuale”, “atti sessuali” e “persone che istigano al sesso” come esempi elencati di seguito.
Questa fusione tra nudità, sessualità e pornografia è molto più pericolosa della pornografia in sé. Il corpo umano non è intrinsecamente sessuale, né sono pornografiche tutte le rappresentazioni di atti sessuali. Trattando senza distinzione il porno vicino a tutti gli altri contenuti sessuali – e i contenuti sessuali alla nudità – Facebook sta definendo un nuovo standard, che è molto più restrittivo della nostra Costituzione, ed è uno standard che tratta il corpo delle donne come qualcosa di cui vergognarsi.

[Il porno non è un pericolo per la salute pubblica. È un capro espiatorio.]

Ma per quanto riguarda la pornografia “reale”? Sicuramente, come il giudice Stewart avrebbe riconosciuto, vi è una differenza tra un contenuto pornografico potenzialmente dannoso e delle semplici immagini di nudo, anche sessualizzate. In effetti c’è, ma i censori di Internet (umani e non) sono raramente in grado di capire la differenza. Facebook, Instagram, YouTube, i governi nazionali e i fornitori di servizi internet non riescono quasi mai a distinguere tra questi tipi di contenuti. Nel tentativo di vietare la pornografia, questi censori troppo spesso mettono in scena restrizioni radicali che catturano nella loro rete dei contenuti molto più innocui. In altre parole, vietare la pornografia è quasi del tutto impossibile, a meno che non siamo a nostro agio con i danni collaterali.
Mettendo questo discorso da parte per un attimo, ci sono buone ragioni per dubitare di dover vietare la pornografia tout-court. Qualunque sia il suo potenziale danno per la società, il fatto è che gli americani consumano pornografia in grandi quantità, il che suggerisce che a molti stia bene. Secondo uno studio di Harvard, i residenti dello Utah si collocano tra i maggiori consumatori di porno. Se per gli standard del test di Miller dobbiamo giudicare i contenuti in base a ciò che la persona media trova offensivo, allora la pornografia con i suoi milioni di spettatori non rientra tra essi.
In definitiva, quindi, censori di Facebook e legislatori dello Utah non sono poi così diversi. Entrambi desiderano imporre i propri standard su una popolazione che per la maggior parte non è d’accordo, stabilendo un precedente pericoloso per la libertà di espressione.

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