::Avviso Spoiler::
E niente. L’ho visto. Mi è piaciucchiato ma condivido con chi l’ha recensito prima di me il fatto che c’è qualcosa che spiace. L’arte non si critica. E’ arte e descrive una situazione che va presa per quel che è. Non penso che il film avesse intento pedagogico e non sono così assatanata da saltare sul carro delle viscere scoperte quando si parla di stupro, però inequivocabilmente la storia racconta di un tizio che supera la fase del delirio di onnipotenza dell’uomo forte, pronto a usare la forza per rubbbare, solamente passando attraverso uno stupro ai danni di una innocente la cui consensualità mi è sembrata assolutamente prevaricata.
Lo stupro lava le cattive intenzioni dell’omo che così diventa un eroe? E se il buono che c’è in lui lo si ottiene attraverso il risciacquo di uno stupro poi gli si perdona? Bella la complessità, dove il buono non è del tutto buono e il cattivo non è del tutto cattivo. Mi piace più che le storie di quei supereroi ammmericani che sembrano cavalieri senza macchia e senza paura sempre in cerca di donzelle da salvare. Se si voleva sporcare il modello del super eroe per renderlo più imperfetto e umano, per quanto lo stupro più che una imperfezione mi pare proprio totale assenza di empatia e ascolto dell’altr@, diciamo che sono riusciti nell’intento.
L’eroe americano diventa eroe salvando le vergini e difendendo il loro onore e ‘sto tizio invece trova la ragazza mentalmente rifugiata in un mondo tutto suo, senza difese, senza saper bene esprimere i suoi desideri, o meglio, avendo espresso desideri da bambina, desiderosa di carezze e tenerezze e per nulla felice di quel che lui invece le ha restituito, e che per “salvarla” vuole sia pagato un pegno. Ti compro l’abito e ti stupro nel camerino di un negozio, perché m’hai provocato e mo’ ti infirzo, è una versione un po’ forzata della faccenda, sicuramente coerente con il personaggio ma un po’ devastante rispetto a quel che arriva dalle espressioni di lei. Unico personaggio femminile, a parte l’altra che è una criminale, una boss possiamo dire, rappresenta l’idea di una fanciulla martoriata, abusata continuamente e che tuttavia possiede una propria morale. Certo che anche i super eroi belli belli sono stronzi con le donne, giacché non stuprarle ma adottare con loro atteggiamento paternalista da patriarca buono direi che è sostanzialmente uguale. Di fatto si considerano i corpi delle donne sempre e solo come appendici a compensazione dell’ego di ‘sti eroi.
Ho un po’ di dubbi ma queste parole le scrivo così di getto e magari ci ripenso su e vi ridico. Per il momento dico che pur non pretendendo mai un coerentissimo lieto fine nella lotta tra il bene e male – e figuriamoci – e amando più un super eroe sporco rispetto a quelli “puliti”, avrei gradito forse che la ragazza sembrasse un po’ meno martire, ché addirittura si fa ammazzare per difendere il suo “eroe”, e un po’ più una che fosse stata in grado di usare quel super potere che le donne a volte possiedono e che ci dà la forza di dare calci in culo a chi ci fa del male. Non so. Ditemi voi.
A contributo, Elisa scrive:
“a me pare che il significato sia l’esatto opposto. non è lui che deve salvare lei, infatti non ci riesce perché non ne è capace. e non è un gioco di ricompense, è analfabetismo emotivo e sessuale. è lei che salva lui perché lo riconnette alla sua umanità. lei lo salva vedendolo con occhi con cui nessuno lo ha mai visto. lei non è fuori di testa ma si difende dalla barbarie in cui vive. lui le dà la possibilità di uscire dalla sua difesa e ribellarsi. dopo la ribellione i loro rapporti cambiano e entrambi cambiano. mollano le loro difese. il film non normalizza lo stupro ma lo mette a nudo e stigmatizza come parte di una incultura e incapacità relazionale. infatti lui stupra perché non sa amare, non riesce ad amare. lei lo cambia. lei è un personaggio catartico del passaggio dalla barbarie alla crescita morale.”
E vi invito a dirmi e commentare perché voglio confrontarmi su questo e ovviamente non sono certa della lettura che ne ho dato. Ditemi che ne pensate. 🙂
condivido il pensiero di Elisa, alla fine è come nel film di Castellitto “Non ti muovere” : nonostante la sua condizione disperata è lei che salva lui.
ciao, così, al volo (come sempre avrei acceso pc per lavorare e mitrovo depistata ovnque: felice di esser depistata qui stamane! 😉 ): ho visto il film, mi è piaciuto, avevo intenzione di scriverne anch’io (se lo farò segnalo 😀 ); sono d’accordo con Elisa e sono anche d’accordo con te contemporaneamente. perché? perché quella scena mi è cmq rimasta impressa in maniera un po’ disturbante. e mi son trovata ad appuntarmi che avrei dovuto riflettere se desse fastidio a me per un senso del pudore o se veramente qualcosa stoni, di là dalla possibilità “realistica” e “salvifica”. difatti, la scena si presenta comunque come troppo cedevole a certi cliché: rimane intrigante, rimane attraente, in qualche maniera. dunque: è realisticamente-soggettivamente attraente perché vuole trasmetterci l’APPEAL che prova il soggetto amschile in quel momento o lo è perché costruita sensualmente e basta, quale CEDIMENTO DELLA REGIA AD UN CLICHE’, AD UN LUOGO COMUNE, AD UN SOLLETICO MASCHILE (ed anche femminile, per taluni versi) CHE NEMMENO LUI IN UN FILM COSì CRUDO E’ RIUSCITO A SOPPRIMERE DAL FONDO DEL BACKGROUND CULTURAL-PSICHICO? punto di domanda. devo dire, senza pensarci troppo, che temo sia più la seconda che ho detto. fatte salve le buone intenzioni (ovviamente un Grande Maestro della regia, avrebbe fatto meglio e diversamente, ma questa sa va sans dir…). grazie per queste vostre ottime ed intelligenti riflessioni! 🙂
ps non ho visto “non ti muovere” e ben mi guardo dal leggere qualsiasi cosa di Mazzantini; scusate, capisco che de gustibus, ma trovo decisamente stucchevoli, forzati, romanzati e decisamente tendenti al polpettone (benché in rollatura medio-borghese e velina intellettualoide) quel tipo di prodotti; già solo il titolo fa incazzare: “non ti muovere”. trovo quel filone di film di castellitto/mazzantini registicamente superficiali, narrativamente sfondanti, senza grazia ed di un sentimentalismo sguaiato. ben lungi dalla finezza dell’arte o dalla capacità di un realismo narrativo (che invece presumo di mostrare), sono delle FICTION lunghe due ore che fan presa sulla fame di eccesso sulla pretesa trasgressione sentimentale che si nutre – al contrario – di clichés e pruderie prese a man bassa…😵 non se ne può fare una colpa alla Cruz (la quale, da buona LATINA, probabilmente ci si appassiona pure!) ma certo, dopo aver lavorato con ALMODOVAR, che tonfo! della serie: come dire DAVVERO delle cose e CON ARTE (ed Almodovar capisce che forse per essere realista sino in fondo può ricorrere soltanto all’iper-realismo) e come fingere di dirle, senza arte, con pacchianaggine e magari, guardando bene, stiamo arrivando esattamente alla riaffermazione del clichés, attraverso l’affermzione di altri clichés…
sic!
Concordo in pieno con Elisa 🙂
sono d’accordo con Elisa, ma vorrei aggiungere qualcosa, e mi è uscito un sacco di roba.
(SPOILER) io credo che la domanda fondamentale che lega questo stupro in particolare e questo viaggio eroico è “cosa vuole lui?”. non è uno stupro in cui lui vuole il corpo di lei e lei lo nega e lui lo ruba. non è nemmeno detto che lei non sia consenziente all’inizio, che lei non avrebbe voluto fare sesso; lei gli dice “piano”, lui non rallenta e lei soffre. cosa è che lui vuole così fortemente da impedirgli di sentire il corpo di lei mentre la tocca per afferrarla, di ascoltare la sua voce che dice “mi fai male”, di vederla disgustata? Non è motivato dalle fantasie pornografiche, che però sono la dimensione della sua sessualità: anche lui è, come tu hai descritto lei, “mentalmente rifugiato in un mondo tutto suo”. Lui fino a quel momento è stato completamente non violento con lei, anzi era quasi disinteressato al suo corpo, rispetto all’interesse che aveva per il porno. Non è nemmeno detto che lei non avrebbe gradito quel tipo di sesso in un altro momento, o in quella stessa situazione se lui avesse rallentato. Anche ipotizzando che il problema sia nel porno, lei i porno se li guarda. Che strano tipo di “piacere” sta provando in quel momento in cui lei – per lui – praticamente non c’è? La penetrazione è un piacere automatico a differenza di quello di femminile? Oppure è la sensazione di onnipotenza maschile che lui vuole? Nei porno c’è l’onnipotenza maschile? La posizione della pecorina che lui si guarda nelle prime scene del film è l’onnipotenza maschile?
Secondo me lui nel film non passa dall’onnipotenza maschile alla generosità. In quella scena di stupro lui non cambia, è lei che cambia. Lei si esprime dopo questa scena, si arrabbia, e lui la prova ad affossare, è brusco e aggressivo mentre prima avevano passato quei momenti “dolci” al luna park vuoto; e ora invece distrugge le sue fantasie e le dice che il padre è morto. E lei lo lascia perché “non te ne frega niente di nessuno”, e lui non le risponde, la lascia andare. Lui poi torna da lei e le dice in ginocchio “scusa”, e lei “scrostate”, e lui “non è vero che non mi frega di nessuno, di te me frega”, e lei “come tutti l’altri”, e lui “insegname te, io non lo so come si fa, io co le donne n ce so bono”, lei “levate che devo andrà da mi padre”, e lui “te ce accompagno io”. Prima lui non avrebbe mai detto che di qualcuno gli fregava, nemmeno verso di lei lo aveva detto esplicitamente. Forse non c’è niente in particolare che lui voleva di così forte da impedirgli di sentire lei; l’ossessività che lo alienava (“narcisismo”) non era una fantasia di onnipotenza, ma una specie di desiderio di stabilità. Ma che desiderio è? Di non desiderare, di scomparire in sé stesso (i porno, gli yogurt). Più che un desiderio di potere, quasi un desiderio di impotenza – di automatismo, di necessità. E’ rimasto bloccato alla comitiva degli amici diciottenni di tor bella monaca che sono tutti morti, gli è rimasta la voglia di morire con loro. Lui rubava per cosa? Di certo non voleva fama e potere, non era come Marinelli. Più che a un tiranno, assomigliava a un parassita – l’improvviso potere non sapeva minimamente come gestirlo (il bancomat). Non è che impara a gestire il potere, a usarlo per il bene; Jeeg scopre grazie a lei di averlo questo potere, di essere libero di esercitarlo, di volerlo, di essere qualcuno che vuole le cose. Scopre di volere lei, scopre di conoscerla perché prima la guardava come un fantasma (come quando guardava i porno – guardava senza vedere nulla di reale). E volerla significa “insegname te”, “ti accompagno”; scopre addirittura di relazionarsi a qualcuno, di voler imparare qualcosa (da chi fino allora trattava come una minorata). Forse quando la stupra Jeeg sta soddisfacendo il suo desiderio di non desiderare nulla, di sentirsi automatico; forse lui crede che la penetrazione sia un piacere automatico e intende soddisfarlo come tale. Essere amato (o desiderato) è la più grande crisi per Jeeg; ma paradossalmente, invece di mettere in crisi il suo ego, lo crea. Lei non è un’appendice per lui, lui si basa su di lei.
Secondo me lei libera Jeeg. E per di più lo fa anche attraverso la sensibilità che lei ha in quel mondo di fantasie, quel mondo rifugiato, che invece di renderla inferiore le danno una forza speciale. La forza di Jeeg non è niente senza la forza di lei perché lui non sa nemmeno di averla come propria, non si rende conto che è qualcuno e libero di usarla. Lei quasi lo sporca con quella fantasia dei cartoni animati, una fantasia morale; lui era coerente prima, aveva un’identità di ferro, e più che immorale era amorale, della “gente” non gliene fregava semplicemente nulla. Invece quella fantasia le resta addosso anche quando lei muore, e cresce con lui e gli mostra cose diverse. Lei, con quel suo essere “senza difese, senza saper bene esprimere i suoi desideri, o meglio, avendo espresso desideri da bambina” ha davvero qualcosa in più. Il suo mondo dei cartoni animati, con cui ha elaborato gli stupri subiti dal padre, non è solo il mondo di una “vittima”, ma un mondo dove lei ha ritrovato una forza di desiderare, una sensibilità morale, una sorta di volontà che Jeeg non ha. Ma non sto dicendo che lei è forte perché ha subito degli stupri; forse lei è forte con gli stupratori perché ha subito degli stupri, ma anche per tanti altri motivi suppongo (certo questi aspetti non sono esplorati). Lei ama persone che l’hanno stuprata. Non dico che sia una cosa non criticabile, ma è reale. Il film racconta di una relazione sentimentale tra uno stupratore e una vittima di stupro, anche se non sembra. Paradossalmente, non sarebbe un “vittimizzarla” maggiormente dire che tutto il mondo di lei è “irreale”, che il suo amore e il suo perdono per quei mostri sono fantasie da bambina o da minorata? Dire che la sua forza che effettivamente ha, di desiderare e di amare, sia in realtà il frutto di un’ostinazione ossessiva?
In realtà non lo so. E’ una relazione faticosa, e il difficile del film è perdonare lui alla fine – per tutto; io personalmente, durante il film ho empatizzato con lui, ma alla fine non ho conservato una simpatia. Però per la loro relazione malata (oltre che per lei) si; perché nel contesto di aridità che ha descritto Elisa, mi suona come un’ostinazione a vivere. In un contesto diverso non so se avrebbe lo stesso senso.
Spero di non aver detto niente di offensivo, ho parlato con leggerezza di un film, sono argomenti che nemmeno immagino la difficoltà di affrontare realmente.