La posta di Eretica, Personale/Politico, Storie, Violenza

Pensarsi vittima ed essere violenta. Storia di una ex stalker

“Ti amo”, mi dice lui e se ne va. Esce senza far rumore. Non sbatte la porta, non sbuffa, nessun segno di insofferenza. E’ rassegnato, o almeno questa è l’impressione che mi dà. Gli ho appena detto che non voglio più proseguire. Non voglio più stare con lui. Non so se lo amo, gli voglio bene ma nulla di più. Abbiamo trascorso insieme gli ultimi dieci anni e dopo tante discussioni e un lungo momento di crisi in cui non abbiamo mai fatto l’amore, ciascuno di noi ha maturato una consapevolezza diversa. Lui non ce l’ha fatta a dire la parola fine, io invece si. Non dovrebbe sorprenderlo e uscire di casa comunque non vuol dire che abbia accettato la cosa. Ha lasciato tutto qui, in quella che è stata casa nostra negli ultimi sei anni. Ricordo la cura che abbiamo messo nella scelta dei colori, le belle cose che ci facevano sentire bene, appropriandoci di pavimenti e pareti, infissi e rubinetti. In una sola parola: casa.

Dopo qualche giorno mi telefona chiedendomi il permesso di venire a prendere le sue cose. Non vuole incontrarmi, lo farebbe soffrire troppo e non vuole che sia più difficile di quel che è. Gli dico che ovviamente può fare quel che vuole. Andrà quando sono al lavoro. Ha tutto il tempo. Così torno a casa e trovo l’armadio semivuoto, i cassetti senza i suoi profumi, e le narici intercettano un odore, un aroma mai sentito. Non appartiene a lui. E’ venuto a casa mia con qualcuno o con qualcuna. Il profumo è femminile, lo distinguo bene, dunque non era solo. Ecco perché è così sereno. Chissà da quanto tempo andava avanti, alle mie spalle, senza dirmelo. E poi diceva a me che stava soffrendo perché non ci siamo più toccati. Mi fa rabbia non sapere. Non conoscere questa parte di lui. Decido che è il momento, lo chiamo. Chiedo e lui nega. Dice che era assolutamente da solo. Mi sento ridicola. In ogni caso non sono affari miei.

Vado ad aspettarlo all’uscita della ditta per cui lavora. C’è una giovane ragazza che lo aspetta in macchina. Sorride e lui ricambia. Lo vedo salire a bordo e poi scompaiono dietro una curva. Ho un nodo in gola, mi sento piena di contraddizioni. La parte razionale di me dice che dovrei farmene una ragione, lasciarlo in pace. Che cosa mi aspettavo? Di sicuro che non avesse una sostituta pronta in un paio di giorni. L’incoerenza, lo strascico relazionale, non ha avuto rispetto di me. Devo dirglielo. Lo invito a cena, per comunicargli cose importanti. Lui chiede se è il caso e io dico che lo è. Per tutta la sera tento di sedurlo. Lui non mi respinge, anzi. Sento che dipende ancora dalla mia pelle. So come dargli piacere. Io lo conosco. Facciamo sesso sul divano, come se fosse la prima volta. Voglio che si concentri su di me. Non voglio stare con lui ma lui non può stare con nessuna. E’ mio.

E non è vero che sono solo sentimenti maschili. Sono solo sentimenti e basta. Diventano ossessioni, a volte. Il mio imprinting sessuale gli dà una speranza. “Cosa facciamo adesso?”, chiede. E io rispondo che è tutto come prima. Vorrei dirgli che godo nel vederlo speranzoso. Ho vinto la mia battaglia. Non mi ha dimenticato e, anzi, lui vuole me e non quell’altra. Gli dico che potremmo vederci, ogni tanto, per fare sesso, perché nulla ci vieta di farlo. Lui, deciso, mi guarda con disprezzo. “Ho capito… mi vuoi tenere legato a te con il collare lungo… ma io non sono un cane”. Stavolta esce facendo molto rumore. Sbatte la porta e io trascorro due minuti buoni a pensare che sono una stronza. Chi mai farebbe una cosa del genere? Perché questo tira e molla? In effetti è una tortura, e poi ripenso alla metafora del collare. Lui è sempre stato così bravo con le metafore.

Il fatto è che lui è anche stato il mio migliore amico. Il mio riferimento intellettuale. E ora con chi parlo di libri, di notizie, di quello che mi interessa? Improvvisamente capisco: sono sola. Voglio scusarmi, non mi piace che mi ricordi così. Gli mando un messaggio, poi un altro, per giorni lui non dà notizie. Sono tentata di andare a prenderlo al lavoro, ma poi incontrerei quella là. Mi sentirei patetica, di fronte alla coerenza del mio ex compagno. In quella partita giocata a casa mia è lui quello che ha vinto, e ora sa che io sono ancora attratta da lui. Questo gli dà forza. Chissà cosa proverebbe se sapesse che sto con un altro. Mi sento travolta dagli eventi, dalle emozioni. Io che ho sempre teorizzato la maggiore razionalità delle donne. Sono loro, gli uomini, quelli che soffrono di più, quelli deboli, possessivi, paranoici, ossessivi, stalker. Le donne, invece. Invece cosa? A furia di negare la nostra imperfetta umanità abbiamo sepolto la sola possibilità che abbiamo di risolvere, affrontandolo, quel punto vuoto lasciato nel quaderno in cui parliamo delle nostre debolezze.

Sono spinta solo dalle emozioni. Sto soffrendo. Vado in un bar. Lì c’è un cameriere che mi ha sempre guardata in un certo modo. So che ogni tanto, la sera, il mio ex ha l’abitudine di prendere un aperitivo prima di andare a cena. Allora provoco il cameriere e flirto con lui. Di tanto in tanto, tra un servizio e l’altro, si ferma e mi bacia. E’ fatta, mi dice che se l’aspetto dopo il lavoro verrà con me e staremo insieme. Vedo il mio ex entrare con altre persone, allora attiro l’attenzione del cameriere e lo bacio appassionatamente. Mi sento stupida, una ragazzina, ma è il mio modo di farlo soffrire. Voglio ripagarlo con la sua stessa moneta. Il punto è che lui non l’ha fatto apposta, io invece si. E dopo mi sentirò peggio, forse. Chissà come funzionano queste cose. Non lo ricordo più. Il mio ex mi vede, ed è visibilmente contrariato. Non sorride più. Mi guarda e fa una smorfia, come dire “ma che cazzo stai facendo…”. Ma lo dice come se sapesse, anzi, sono sicura che lo sa, perché mi conosce forse meglio di quanto non mi conosca io.

Poi lui va via. Io aspetto un po’ e poi sparisco, lasciando il cameriere con il mio numero e una bugia inventata su due piedi. Quello che sto facendo al mio ex, in poche parole, è molestia. Gli mando altri messaggi, gli chiedo scusa, poi gli chiedo scusa per avergli chiesto scusa, poi gli chiedo di incontrarci, perché ho bisogno di chiarire. Lui accetta, ma ci incontriamo all’aperto, in pubblico, perché se stiamo vicini, così lui dice, poi finisce che facciamo sesso. Dunque ci tiene. Ma la stronza sono sempre io. Mi dice che gli dispiace e che da come mi comporto capisce che sto soffrendo. Dice che non ho il diritto di perseguitarlo e io gli chiedo di quell’altra. “Quale altra?”, dice lui. Così scopre che mi sono appostata a spiarlo, gli confesso che il bacio al cameriere l’ho dato per ingelosirlo. Mi avvicino a lui, tento di prendergli la mano, e lui si scosta e, a voce bassa, mi chiede “ma che cazzo vuoi, si può sapere? ma non ti accorgi che ti stai facendo del male? e lo stai facendo anche a me…”.

Ha perfettamente ragione, ma io non so come gestirla. E nel frattempo spio le sue mosse su facebook. Pare che nel fine settimana parteciperà a quel tale evento. Vedo la foto della tipa che avevo visto con lui quella volta, all’uscita dal suo lavoro. Anche lei partecipa all’evento. Allora provo a vedere quello che scrive sulla sua bacheca ma la gran stronza ha scelto di nascondere le notizie a chi non è sua amica. Allora le chiedo l’amicizia. Cretina che non sono altro. Sicuramente lei sa chi sono e non mi accetterà mai nella sua cerchia. Invece accetta e io comincio a spiare tutti i suoi contenuti per capire quante volte, quanto tempo, che cosa fanno insieme. Non c’è alcuna foto di baci, uscite, interessi comuni. Forse è solo un’amica ma il dubbio mi sta facendo impazzire. Comincio a rispondere in modo allusivamente acido ai suoi status. Lei all’inizio non capisce, poi, probabilmente, lui le dice chi sono e all’improvviso mi bannano, tutti e due. Lui mi butta fuori dalla sua vita virtuale. E ora? Cosa faccio?

Gli mando una mail incazzatissima. Gli dico che non può farmi questo e che ho tutto il diritto di restare in contatto con lui. Non mi risponde. Non mi risponde per giorni e giorni. Il suo telefono è sempre irraggiungibile. Non so se legge le mail. Non posso messaggiarlo su facebook. Mi chiama un’amica comune che dice di avergli parlato e che sa che lo sto perseguitando. Dice che dovrei lasciarlo in pace, per il bene di entrambi, e accenna al fatto che se continuo così lui mi denuncia. “Mi vuole denunciare perché provo a fargli capire che ci tengo?”, e proprio non capisco. Non penso di stargli facendo una violenza. Mi pare che il mio comportamento sia normale. Non l’ho mica picchiato. Queste cose le fanno solo gli uomini. Allora si che noi donne dobbiamo avere paura. Ci ammazzano, ci stuprano, ci perseguitano. E dico a me stessa che io non ho fatto niente di male, neppure quando ho scritto sulla mia bacheca facebook un po’ di status in cui alludo a cose pessime sul mio ex. Poi scrivo qualche messaggio ad amici e amiche chiedendo che prendano posizione. O con me o contro di me. Mi ignorano, giustamente. Tranne uno che mi dice che forse dovrei chiedere aiuto.

Aiuto io? E perché mai? E’ lui che mi sta mettendo contro i miei amici. Racconta un sacco di bugie e sono certa che anche la stronza che mi ha bannato fa la sua parte. A questo punto vorrei che soffrissero, lo dico a me stessa, non ad alta voce. Ma dormo, respiro, vivo male. Incontro, “per caso”, la madre del mio ex. Le parlo come se non fosse cambiato niente e lei è visibilmente a disagio. Poi passano un paio di giorni e ricevo una comunicazione con raccomandata. Il mio ex ha assunto un avvocato e minaccia di denunciarmi per stalking. Mi intima di non cercarlo più, di non molestare amiche e amici e neppure la sua famiglia. Inizialmente rido. Non l’ho mica molestato. Non percepisco quel che faccio come una molestia. Sono solo una donna ancora innamorata, forse, confusa. Non so cosa sto facendo ma se mi desse l’occasione di spiegargli. Ignoro la lettera dell’avvocato. Chiamo la madre del mio ex e le chiedo di dire a lui che voglio incontrarlo per l’ultima volta. Non so cosa gli dirò ma so soltanto che ne ho bisogno e che se lui non accetterà di incontrarmi tutto per me non avrà più senso. Mi sento decisamente male, sola, senza prospettive. Chi amerò? Chi mi amerà come mi ha amata lui?

Il suo avvocato mi informa di aver presentato denuncia documentando la mia lunga attività di stalking. Devo lasciarlo stare. E io mi sento malissimo, vedo solo me stessa. Non me ne frega niente di come si sente lui. Anzi. E’ lui il maledetto egoista. Sto facendo quel che sto facendo a causa sua. Solo a causa sua. Dopo tanti anni trascorsi insieme come può trattarmi così? Allora penso di non avere altra scelta. Tenterò il suicidio così lui non potrà non vedermi e tutto si sistemerà. Mi sento un po’ ridicola, in realtà, ma lo faccio lo stesso. Apro la mia finestra e minaccio di buttarmi di sotto. Piango, disperatamente, urlo cose senza senso, fino a che un vicino non si accorge di me e chiama carabinieri, l’ambulanza. Resto appesa lì ancora un po’. Lo sguardo perso nel vuoto. Voglio morire davvero. Se non lo faccio sarà tutto inutile. Io voglio che lui si senta in colpa. Voglio che soffra. I vigili del fuoco arrivano con le scale posizionate alla mia altezza. Mi lascio salvare e mi trovo così con l’infermiere che mi dà un calmante e da lì mi portano nel più vicino reparto di psichiatria. Faccio in tempo a scrivere un messaggio, breve, al mio ex. “Ho tentato il suicidio. Mi stanno portando all’ospedale xxxxxxx.”.

Ma lui non si fa vivo. Deve essere stato condizionato da quella stronza. L’avvocato forse l’avrà trattenuto. Impossibile che lui non si preoccupi per me. Lo psichiatra scruta la mia espressione. Mi chiede il perché del mio gesto e io gli dico che non lo so. Voglio vedere il mio ex e il mio ex non vuole vedere me. Trascorro una settimana in ospedale. Nulla cambia e nulla è migliorato. Resto in casa, da sola, per qualche settimana. Avevo delle ferie arretrate. Mi merito un periodo di riposo. Le settimane diventano due mesi, per malattia. Sono depressa. Leggo e rileggo molte cose. Mi imbatto in un blog, poi in una pagina facebook, e allora scrivo a una tale Eretica e mi aspetto che lei mi dia ragione. Lei, invece, non è una femminista con il paraocchi. E’ dolce, comprensiva, materna, ma non mi risparmia le sue critiche. Mi dice che non è un prete e non può assolvermi e mi chiede di scrivere la mia storia. Vuole leggerla. E’ interessata a capire di me quello che io posso svelare. E scrivendo mi rendo conto che ho fatto una montagna di cazzate. Mi sento di merda e riesco a dirlo a me stessa perché mi pare che qualcuna mi stia osservando con empatia e umanità. La violenza è una cosa complessa, mi dice, e prima o poi ciascuno di noi deve fare i conti con quel che di noi ci piace meno. Nessuno è migliore dell’altro. Però abbiamo tutti la possibilità di fare del male e dobbiamo tenerne conto.

Eretica mi chiama “stalker”. Lo dice alla prima risposta che mi dà. Non ha peli sulla lingua e parla senza ombra di ostilità. Mi capisce. Capisce le debolezze umane, ed è così raro incontrare una persona così. Tiene a dire che sarebbe stato lo stesso se le avesse scritto il mio ex e le avesse detto di aver fatto quello che ho fatto io. La violenza è una cosa complessa e non possiamo smettere di fare del male se non siamo in grado di percepirla. Sono giorni che io e lei ci scambiamo mail. Oggi mi sono decisa a tirare le conclusioni del nostro dialogo. Quello che ho scritto corrisponde a quello che ho capito di me. A quello che ho capito di lui. Sono severa con me stessa perché devo esserlo per ricominciare. Prima di questo ho telefonato all’avvocato del mio ex. Gli ho detto di fare le mie più sentite scuse al suo cliente e che non farò mai più nulla che possa nuocergli. Lui dice, informalmente, che se mi comporterò bene la cosa non avrà seguito. Ringrazio Eretica e ringrazio chiunque abbia letto questo lungo bilancio. Cercherò di farmi aiutare da un terapeuta. Ricomincerò a vivere. Potrò nuovamente respirare.

Ps: è una storia vera. Grazie a chi l’ha raccontata.

[Non ho fatto niente di eccezionale. Ho letto quello che mi ha scritto ed è lei che ha mostrato consapevolezza di tutto. E’ lei che in tanti mesi, sintetizzati nel suo racconto, ha capito tante cose. L’unica cosa che ho fatto è un po’ di editing al racconto per correggere refusi e qualche errore. Grazie a lei per la fiducia e la stima, ma io non ho il merito di nulla. Eretica, ndb]

11 pensieri su “Pensarsi vittima ed essere violenta. Storia di una ex stalker”

  1. La vicenda mi prende perché sono io stesso a rischio stalking – stalking “ex novo”, non da ex partner, non sono mai stato con lei, soltanto la amo da otto anni – forse alle donne in particolare questo è incomprensibile, ma accade, semplicemente. Poi non so se sono uno stalker, in linea di massima scrivo poesie per lei, non mi sono mai appostato sotto casa sua o dove lavora, non le ho mai telefonato. Ma forse questo non vuol dire. Ci sono tanti modi e tante sensibilità.
    Ma ecco, appunto, mentre leggo la storia qui sopra, la mente mi scivola via dalla tematica specifica dello stalking e va alle modalità relazionali in generale. Ci sono parole che mi fanno capire che forse vivo in un altro mondo. Molte parole. Per esempio “sostituta”. Non riesco ad attribuire un senso. Nella mia vita nessuna ha mai sostituito nessuna, ogni relazione è a sé stante, possono essere nessuna o tre contemporaneamente, ma non c’è nulla da sostituire, nessun avvicendamento. Non c’è in me uno spazio da occupare e non comprendo come in qualcuno possa essercene. Lo spazio dentro me è solo mio e fuori di me ci sono relazioni, intensissime, amorosissime, ma ognuna è a sé, e nell’iniziare una nuova relazione nulla conta che io già ne abbia, e nel finire una relazione nulla conta che io non ne abbia altre. Eppure “sostituta” sembra una parola normale, comprensibile ai più.
    Forse vivo in un altro mondo, sia pratico sia emozionale. Chissà. Neanche la ragazza verso la quale sono a rischio stalking occupa uno spazio in me, non sostituisce né è sostituibile: semplicemente, mi piace moltissimo e la amo. A me sembra persino semplice. Ma capisco che, complessivamente, non lo è.

    1. credo che il problema nasca quando il tuo amore interferisce con la sua vita. se lei non gradisce le tue poesie e le tue attenzioni. a volte quello che per noi sembra un gesto d’amore può provocare disagio nella persona che ne è oggetto ma non te l’ha mai chiesto.

      1. Già. Ed è difficile che un amore non interferisca. Il livello di interferenza del mio poetare sembrerebbe trascurabile, soprattutto se a lei non importa di me (pensare che invece le importi è una tentazione pericolosa). In un dialogo con lei, mi piacerebbe “contrattare” la licenza di amarla, in modo puramente platonico e contemplativo, conscio che altro non è possibile. Ma mi sa che questo risulta un po’ incomprensibile, soprattutto oggi – a Dante e Petrarca verrebbe suggerita una psicoterapia per smetterla con lo stalkling a Beatrice e Laura. A me è stata suggerita, la psicoterapia, e ho seguito il suggerimento, ormai da quasi due anni; il percorso psicoterapeutico non ha risolto la questione (né poteva) ma ha chiarito, illimpidito delle cose, di tutta la vita, ed è già molto. Parlarne con lei – la ragazza – sarebbe meraviglioso, ma se lei non vuole parlare non posso certo obbligarla – naturalmente, appunto. Non c’è proprio una soluzione, ma riesco a contenere i danni (lo pensa anche la mia psicoterapista, che è abbastanza soddisfatta dei progressi).

        1. il punto credo sia che l’interesse è vissuto in senso unilaterale e se tu nella sua vita non esisti manifestarti diventa invadente, disturbante e, si, da stalker. basta saperlo senza cercare di trovare per se stessi una giustificazione a quel che si vorrebbe ma non si deve e non si può fare. i tempi di dante e petrarca erano quelli in cui le donne non erano granchè prese in considerazione. i versi di petrarca sono visti come un atto d’amore nei confronti di una donzella che avrebbe dovuto essere grata. oggi se fai stalking si tratta di prevaricazione della libertà altrui, di indifferenza verso un consenso che non c’è, e la gratitudine è fuori discussione.

          1. Capisco. Ma non cerco una giustificazione. Il mio modo di sentire è leggermente diverso: penso che abbia diritto di cittadinanza “nel cosmo in cui tutti viviamo” anche un amore unilaterale. In qualche modo, ne ha diritto. Personalmente sono contento che Francesco Petrarca abbia scritto il suo Canzoniere, è un bene prezioso per l’umanità. Non si può amare solo “previo consenso dell’amato”, l’amore nasce ed esiste a prescindere da ciò. L’amore non è una relazione, è un sentimento: sono due cose diversissime, anche se oggi si tende a confonderle. Il sentimento può nutrire una relazione, se la relazione ha la possibilità di esistere; ma è indipendente dalla relazione. Se in assenza di relazione l’amore si spegnesse come girando un interruttore, allora sarebbe tutto corretto e perfetto, ma anche orribilmente meccanico e noioso. Mi verrebbe da dire: lasciatemi almeno le poesie (senza alcun dovere di gratitudine da parte di nessuno). Ma capisco che, infine, la risposta è “no” anche a questo. Però, ripeto, non cerco una giustificazione. Mi trattengo, contengo, limito quanto più posso, evito interferenze dirette, e seguo da due anni una psicoterapia con una terapeuta che mi sembra in gamba (anche se, essendo la prima volta in vita mia che mi accosto a un’esperienza di tale tipo, non è che posso fare paragoni).

  2. sento molto il tuo dolore, forse perché un tempo è stato anche il mio anche se in forme diverse. Voglio solo dirti che andrà tutto bene, che sarà un po’ come rinascere, che ti perdonerà e ti perdonerai. E sarai di nuovo padrona di te stessa.

  3. ogni tanto si leggono cose interessanti. E’ la prima volta in assoluto che leggo una donna che ammette di aver fatto atti persecutori. Presenza sul posto di lavoro. Invio nail. Controllo via facebook. Appostamenti in luoghi pubblici…contatti inopportuni con familiari stretti; effettivamente ci sono tutti gli estremi ma, stavolta, l’autrice è una donna. Lo stalking fatto da una donna è abbastanza diverso da quello eseguito da un uomo.
    E’ il non saper percepire il disagio che si crea. E’ il pensare di illudersi dolci mentre in realtà non si è gradite. E’ utilizzare il proprio corpo, al quale l’uomo praticamente non sa resistere, per ricattare una persona e spingerlo a ripetere l’incontro.
    E’ il non rendersi conto che si è superato il “limite” è che “oltre” vi è disagio e irritazione. Dici:
    ” a volte quello che per noi sembra un gesto d’amore può provocare disagio nella persona che ne è oggetto ma non te l’ha mai chiesto”. Esattamente. La differenza è che parecchie donne, credendo di essere corteggiatrici, assillano il prossimo in modo blando. Controllano la vita di quella persona, ex amante, ex fidanzato, possibile fidanzato, verificano davvero gli eventi a cui si partecipa (ormai è facilissimo farlo), mettono in cattiva luce la persona attraverso una cerchia di amiche; la stessa cerchia dalla quale acquisiscono notizie al solo fine di tracciare la vittima, o presunta tale. Fino alla paranoia o al disagio mentale.
    Sembra incredibile o non sembra percepibile, eppure accade davvero.
    Ci si augura che non debbano intervenire gli avvocati,
    buona serata

  4. Capisco come ti senti, davvero, in piccolo ho vissuto qualcosa di simile. Mi sono imposta, ai tempi, di non iscrivermi a facebook per evitare di controllarlo, in realtà non mi interessava cosa facesse e con chi, dovevo impogli la mia presenza. Tutto qui. Doveva sciogliersi, doveva essere mio, e non studiavo più, non mi interessava nulla. Non mi interessava nemmeno di lui se ci penso, non mi importava nulla di quello che sentiva o provava, dovevo fagli provare quello che volevo io. Tutte le mie giornate erano finalizzate a trovare una scusa per infilarmi in casa sua. Ero bella, non mi ero mai curata tanto come in quel periodo. Stupenda, servizievole, portavo cibo (è sempre stata una mia mania quella del cucinare per conquistare, anche per le amicizie) e mi vestivo provocante. Ci sarei riuscita, non saremmo mai stati felici, era assurdo e basta, non mi voleva, punto, non ero il suo tipo, boh, non gli piacevo e basta, è normale, ma mi voleva bene come amica e mi assecondava per non ferirmi e ci sarebbe cascato, anzi, c’era cascato ormai. Finchè la mia migliore amica, che io avevo abbandonato, ha visto il tunnel senza uscita in cui mi ero infilata e l’ha spaccato, mi ha “imposto” di uscire con lei e conoscere un suo amico a cui interessavo, era un pretesto, aveva capito che avevo solo bisogno di tirare fuori la testa da lì e capire che c’era altro nel mondo oltre lui, e se non durava con questo suo amico pazienza, mi serviva solo una scusa per uscirne, e ne sono uscita.
    Ed è stato così semplice e stupido che dopo pochi giorni di aria non riuscivo a capacitarmi della follia che mi aveva preso nei mesi precedenti. Mi sono sentita come ovattata per qualche mese, fuori dal mondo, e appena ripreso aria ho come dimenticato tutto. Era assurdo e lontano, come se avessi vissuto la vita di un’altra, e quella persona non l’ho mai più cercata ne sentita e non mi è mai mancata. Taglio netto, radicale, pazzesco. Complicato e assolutamente semplice come decidere di fumare smettendo solamente di comprare le sigarette.
    Semplice come un sms che ha ricevuto la mia amica e mi ha fatto leggere “grazie per avermela fatta consocere, non vedo l’ora di rivederla”. Ci credi che è bastato questo per spazzare via tutto? Allora posso piacere anche io a qualcuno? Sono una persona interessante? Davvero? Ho alzato gli occhi dal mio egoismo e ho scoperto che c’è un mondo fuori. La mia amica mi ha chiesto solo una cosa: con questo suo amico non doveva essere un chiodo schiacchia chiodo, se mi interessava davvero ok, altrimenti non dovevo illuderlo, perchè non se lo merita, è una brava persona. E lo è davvero, infatti non è stato un chiodo schiaccia chiodo, è stato vero e non è ancora finita la nostra storia, che dura ormai da tanti anni, che è stata complicata all’inizio, ma solo perchè eravamo due imbranatoni noi, l’altro non centrava nulla, e quando lo dico sembra strano ma è vero, lo giuro, era dimenticato, sparito e basta. Ho scoperto cos’è l’amore ricambiato. Non lo sapevo prima.
    Credo che Eretica abbia fatto quello che la mia amica ha fatto a me, ti ha fatto guardare te stessa da fuori e così hai capito da sola l’assurdità di quello che facevi.
    Anche io se ci ripenso mi chiamo “stalker” da sola, lo ero, e probabilmente ho fatto del male, non fisico. E mi space, ai tempi avrei voluto scusarmi ma è meglio così, il taglio netto ha permesso a tutti di andare avanti e stare bene. Tutto questo mi ha aiutata a crescere.

Scrivi una risposta a carlomolinaro Cancella risposta

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.