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A voi che non siete degni/e di nominare una “puttana”

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Care tutte, scrivo a distanza di una settimana dall’otto marzo, perché non volevo che si confondesse la mia critica con la mancanza di solidarietà ad altre donne che sono state offese da chi le ha chiamate troie, puttane, cagne. Io di mestiere faccio la puttana e lo faccio con grande orgoglio. Ho sempre pensato che le donne criticano tanto il sessismo ma poi sono le prime a ritorcerlo contro altre donne. Mi è dispiaciuto molto leggere i commenti di ragazze, alcune molto giovani, criticare altre coetanee per l’abbigliamento o ridere delle “battute” offensive di ragazzi che hanno rafforzato lo stigma della zoccola che spinge molte a dividere le donne buone da quelle cattive. Ho visto tante a giustificarsi o a prendere le distanze dalle “troie” che si sono divertite nei locali con gli spogliarelli maschili, e io non posso che essere solidale con loro e con i professionisti che si spogliano per lavoro. Lo spogliarello è sex work. E’ lavoro sessuale, in cui ecciti, susciti desiderio, ricavi erotismo da chi ti sta attorno e così uomini e donne si guadagnano il pane.

Fossero stati uomini a vedere spogliarelliste non avrebbero suscitato tanto scalpore, perché gli uomini possono fare quello che vogliono, le donne invece no. Io ho lavorato anche nel mondo dei locali con spogliarelliste e ho avuto modo di vedere e conoscere uomini di ogni tipo. Il ragazzino arrapato, lo yuppie in maniche di camicia arrotolate, il vecchio bavoso, il professionista di mezz’età. È andata così fintanto che il locale non fu preso in gestione da tre soci che lo hanno fatto diventare un riferimento, sexy, per donne, uomini, trans, con spogliarelli tipo burlesque, fatti da donne e uomini, e spettacoli con drag queen. Poco tempo dopo le spogliarelliste sono state completamente escluse dal giro, per scelte di marketing, e io sono stata costretta a lavorare in altri campi. Mi sono mantenuta per un po’ con performance in web e poi ho deciso di incontrare clienti per vendere servizi sessuali. Diversamente da quello che si può credere il mio percorso professionale non è stato in discesa perché anzi ora sto meglio, sono indipendente e mi piace di più quello che faccio.

Perciò si, io sono una puttana e non capisco perché mai spetti il mio titolo a donne che non svolgono la mia professione. Quelle di cui si parla sono donne che vanno a divertirsi, perché la puttana è colei che vende servizi sessuali e non, eventualmente, quella che li compra. Se una donna paga per vedere uno spettacolo con uno spogliarellista non è, di fatto, una puttana. Quello che, per esperienza, ho capito è che gli uomini e le donne che insultano altre donne chiamandole troie lo fanno per invidia, per autocensura, perché sono repressi, perché temono la competizione, perché non amano vedere le donne come soggetti sessuati che scelgono come, quando e con chi eccitarsi. Secondo loro le donne dovrebbero tutte essere oggetti passivi e giuro che questa convinzione è la mia peggiore nemica perché a volte devo combattere un bel po’ per convincere il cliente che sono io a scegliere se vendere certi servizi sessuali o no. Io ho il diritto di esercitare libertà di consenso. Se non do il consenso quel che viene dopo si chiamerà stupro. E si, lo stupro, giacché serve dirlo, accade a donne perbene e a quelle per male, senza alcuna distinzione, perciò invece che affaticarvi per essere tanto brave ragazze, dicendo che chi viene stuprata se l’è cercata, dovreste lottare per la libertà di dire No di tutte noi. Invece tante donne alimentano questo stereotipo e quindi devo considerarle nemiche che, nella migliore delle ipotesi mi vedono solo come vittima o, nella peggiore, mi vedono come un troione che ruba i loro mariti, i fidanzati, quelli per cui hanno le cotte.

2UZ4WDQq4aazaglrf6q8q0LD_r1_400-300x281Ma se tra donne vi fate tanto male come potete aspettarvi che gli uomini vi trattino meglio? Non fate che compiacerli, per apparire vergini e pure ai loro occhi, per rassicurarli, perché una donna con esperienza li fa sentire piccoli e io lo so perché devo usare tanta psicologia per farli stare bene. Ma io lo faccio perché mi pagano. E voi perché lo fate? Perché non pretendete rapporti alla pari in cui tutto è reciproco? Il mio scambio è sesso/denaro. Il vostro dovrebbe essere di reciproco godimento e piacere. Se le mie relazioni con i clienti sono a volte perfino molto piacevoli perché mai non riescono ad essere così le vostre? Ma che vi importa di sembrare le brave donne, quelle da sposare, che non guarderebbero mai un uomo che si spoglia? Ma lo avete mai visto uno spogliarello maschile? Avete visto, a volte, devo dire raramente, quanto sono sensuali quegli uomini? Esistono solo per voi, i loro balli sono dedicati a voi, affinché godiate a pelle, nella testa, con gli occhi. Guardateli senza vergogna, perché divertirvi non fa di voi le ragazze che è possibile stuprare o che non potranno contare sul privilegio delle donne onorate, per essere viste come meritevoli di sponsalizio (fuggite, piuttosto!). Siete sempre voi a scegliere e la disumanizzazione, l’oggettificazione che fanno di voi uomini e donne che vi insultano servono solo a rimettervi a posto, a ricollocarvi nella posizione di oggetti, senza possibilità di scelta, che la donna o l’uomo può umiliare e mortificare in quanto troia.

Il divertimento non è un peccato. Guardare un uomo che si spoglia non è peccato. Comprare servizi sessuali (o venderli) non è peccato, e la cosa brutta è, casomai, il fatto che andate a divertirvi solo l’otto marzo. Mandate a quel paese gli uomini che vi giudicano e insegnategli che per conquistarvi devono essere intelligenti, solidali, desiderabili, fisicamente, mentalmente, in ogni caso di sicuro uno che vi dà della troia non è l’uomo dei vostri sogni. Urlatelo. Ditegli che non scopereste mai con uno che vi giudica perché siete libere e o perché non vi interessano i giudizi maligni di chi non vi conosce. Nel mio lavoro incontro uomini a cui piace insultarmi, ma è un gioco, perché li eccita, talvolta, ed è concordato. Eccita anche me. Ma la lapidazione e lo stupro virtuale di branco non eccita nessuno. Manca il consenso della donna contro la quale vi scagliate. E dato che non sapete come attirare il suo consenso la insultate. So che molti uomini desiderano quelle che invece insultano e insultano quelle che non possono “avere”.

Delle donne libere odiano la scelta, la libertà, la loro sicurezza. Fin da piccoli, questi uomini, imparano che le donne belle la danno solo a uomini ricchi, perché dicono si al denaro, e a volte è proprio così, lo facciamo di mestiere, ma la maggior parte delle volte si tratta solo di giudizi contro donne che non vi guardano nemmeno. Siete i primi a notare le donne belle e poi dite loro che sono superficiali perché desiderano uomini belli. Mostrate mancanza di empatia e assenza di sensibilità ma volete che le donne siano empatiche, sensibili e rassicuranti. In fondo avete costruito un mondo a misura di uomini insicuri che devono ridurre le donne alla schiavitù, reale o simbolica, tramite sottomissione ottenuta con la violenza fisica o delle parole, per poter ottenere attenzione. È violenza psicologica che viene fatta anche dalle donne che pensano di fare bene mentre insultano le loro pari per ottenere un “bene, brave, bis” dalla corte maschile.

Non dico che bisogna essere sempre dalla parte delle donne, perché siamo diverse e io so bene quanto siamo diverse, ma almeno riflettere sulle conseguenze che subite voi stesse, perché quello che fate ad altre vi si ritorce contro. Quando chiamate troia una donna che si comporta “male”, in modo sfacciato, disinibito, libero, state dicendo “troia” a voi stesse per quel che di sicuro farete domani, se non in pubblico almeno nel vostro privato. State esprimendo una grave forma di puttanofobia che è anche seriamente misogina. Pensate al fatto che il primo metodo di sottomissione nei confronti delle donne è quello di limitare la loro libertà sessuale. Perciò dovete difenderla, anche quella di altre che non si comportano come voi, e dovete difendere anche la mia libertà di scegliere di vendere servizi sessuali, purché sia io, appunto, a scegliere e non altri che me.

Allora, a quelle che si sentono chiamare troie, puttane, non offendetevi perché stanno dicendo che siete libere e la libertà è ottenuta con un piccolo o un grande prezzo da pagare. Sono quelle e quelli che insultano che avranno una reputazione da difendere, perché la vostra è intatta. A quelle che chiamano “troie” altre donne dico semplicemente che siete invidiose della libertà che si concedono. Siete moraliste, bacchettone che non riescono ad avere un buon rapporto con il corpo e la sessualità. Non tutte, sicuramente, ma molte si. E anche questa non è una generalizzazione. Lo so perché mi sono sempre difesa da donne come voi. Guardatevi dentro invece che insultare altre. Agli uomini che chiamano tutte le donne, indistintamente, puttane dico che le puttane costano, e loro sono sicuramente troppo poveri, di spirito, di capacità seduttiva, di sensualità e di soldi, per poter permettersi una vera “puttana”. Pensateci, e buon otto marzo tutto l’anno a tutte.

Ps: questa è una storia vera. Grazie a chi l’ha raccontata.

Leggi anche (se vuoi approfondire a proposito di sex working):

1 pensiero su “A voi che non siete degni/e di nominare una “puttana””

  1. Il sesso è essenzialmente gioco e libertà e gioco di scambio nella libertà di amare.
    Cara amica (se posso e perdonami perché non lo siamo) non posso applicarti la domanda e la risposta di Gesù nel brano di Giovanni 8, dell’adultera, perché nel tuo caso c’è un sacco di gente che si ritiene senza peccato e che, quindi, è pronta a scagliarti una montagna di pietre. Peccato, per loro, chi ti condanna.
    Comunque ti rilancio. ciao r

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