Antirazzismo, Antisessismo, Critica femminista, R-Esistenze

Meloni non è un simbolo dell’emancipazione femminile

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Due cose sulla faccenda che riguarda la Meloni in qualità di candidata sindaca di Roma. L’uscita di Bertolaso fu alquanto infelice, e così anche quella di Berlusconi, ma dopo la autoinvestitura della Meloni in corsa per occupare l’ambito ruolo istituzionale paragonandosi al simbolo romano per eccellenza, la lupa che allatta i cuccioli, bisogna pur dire che per quanto io sia una “mamma” giammai userei per me stessa l’immagine della lupa per frantumare gli stereotipi sessisti alimentati dalle parole dei due machi dell’italica politica. La lupa, con i cuccioli, il riferimento all’istinto animale, la sacra madre che fa di tutto per difendere i suoi figli, è l’argomento principale che serve ad alimentare quello stesso stereotipo sessista che vorrebbe la Meloni fuori dalla scena politica.

Lei legittima la convinzione per cui le donne sono assegnate al ruolo riproduttivo e a quello di cura, e per quanto io rispetti la scelta di ciascuna di fare la genitrice come pare a lei mi resta comunque indigesto l’inizio di una campagna elettorale all’insegna di battute tanto normative per tutte le donne. Meloni non è donna o madre, che dir si voglia, che politicamente potrò mai sentire vicina, e il marketing elettorale che sfrutta l’immagine materna per tentare di beccare consenso in quanto mamma, in quanto custode e rappresentante della sacralità di un ruolo che ci fa diventare oggetti di decisioni altrui, sui nostri corpi, lo trovo ancora più triste delle battute fatte da berto e berlu. Anzi, mi pare che la contrapposizione tra soggetti, tutti entro la destra, sia stata utile ad attirare solidarietà femminile per presentare la Meloni come donna/madre vincente e addirittura come simbolo dell’emancipazione femminile.

Bisogna dire che la Meloni sconta il prezzo di quella mentalità che lei stessa diffonde. La cultura della madre italiana di figli italiani per la madre patria, per Dio e per la famiglia tradizionale si accompagna alla rappresentazione della virtù di una donna che, per l’appunto, sposa le peggiori teorie di destra che di certo non fanno alcun bene alle donne. Nessun rispetto per l’autodeterminazione femminile. Il suo è uno sguardo coloniale che racconta di altri patriarcati, stranieri, appartenenti al vastissimo mondo dell’Islam. E’ lo sguardo di una rappresentante della destra che per quanto si presenti in quanto moderna è orgogliosamente portatrice di “valori” che non ci somigliano. Dunque ricordo che in casi come questo bisogna ricordare che il femminismo o è intersezionale o non è.

La visione di vicinanza alla donna in quanto donna non può non essere criticata giacché si dimentica che la questione di genere, che riguarda anche le persone lgbt (il mostro gender omosessualista) che non so quanto si trovino vicine alle posizioni della meloni (scherzo!), non può essere scissa dalla questione di classe e di razza. Non si può dimenticare che la Meloni è rappresentativa di una politica di destra che si dichiara vicina ai ceti non abbienti con una contestazione che è classista perché si fa distinzione tra italiani e stranieri. Fosse una visione realmente anticapitalista porrebbe sullo stesso piano le persone economicamente deboli e precarie, donne incluse, a prescindere dalla “razza” e dalla “religione”.

Allora alla Meloni vorrei chiedere che ne direbbe lei di un sindaco gay o nero, rom, musulmano, o di una donna col velo, una lesbica, una trans, o di altre figure che rappresentano un mondo che la Meloni non mi pare senta a lei vicino. Perché la classifica delle discriminazioni, che vede le “mamme” solo come allattatrici a tempo pieno – e qui vorrò vedere se la Meloni si mostrerà mai orgogliosamente con la tetta al vento come la straordinaria Amanda Palmer – vede poi le donne addette ai ruoli di cura, i neri come lavavetri, i rom come ruba bambini, i musulmani come terroristi o stupratori (o entrambe le cose), gli stranieri senza casa e reddito come ruba-lavoro da sfrattare, la trans come “travestito” e le donne con il velo solo come schiave. La visione di una Meloni in relazione alla difesa dei diritti delle donne segue passo passo le politiche paternaliste di chi consegnerebbe le donne violentate alla potenza patriarcale dello stato. Vedrebbe i corpi delle donne – “i nostri corpi” – sotto tutela del patriarca istituzionale di turno, pronto a praticare ronde contro la violenza dell’estraneo, lo straniero, senza raccontare la violenza di genere a tutto tondo per quella che realmente è. Violenza contro donne, trans, gay, lesbiche, uomini, non assoggettati alla cultura sessista e che viene praticata soprattutto per mano di persone vicinissime, italiane, genitori, fidanzati, ex mariti.

E lo stesso “patriarca” istituzionale al quale si vorrebbero consegnare le donne per vietare la Gpa, per impedire il realizzarsi della genitorialità di una coppia gay, per definire i lavori delle donne sempre e comunque soggette alla conciliazione lavoro/famiglia, con grande esclusione delle precarie dal mercato del lavoro che non predilige affatto le madri. Meloni che ne pensa del congedo parentale per i padri? Che ne pensa dei corsi di educazione al rispetto di tutti i generi nelle scuole per prevenire il bullismo sessista e omofobo? Come colloca nelle scuole i figli di stranieri di altre religioni? Che ne pensa del fatto che i consultori chiudono? Cosa dirà a proposito di quelle che non vogliono fare figli e esigono una pillola del giorno dopo o di abortire in contesti assistiti?

Insomma, il punto è che per quanto alle mamme debba essere concesso di occupare ogni posizione di lavoro e/o di rappresentanza istituzionale io, donna, madre, non voterei la Meloni neanche sotto tortura. Ecco tutto.

8 pensieri su “Meloni non è un simbolo dell’emancipazione femminile”

  1. articolo difficile da leggere
    una critica senza senso alla Meloni che invece a me- pur non votando a destra- piace perché giovane e mamma come me
    non sarà simbolo della emancipazione femminile ma potremmo cavalcare l’onda di questa vicenda per urlare a tutti quanto è bello essere in gravidanza, essere mamma e che vogliamo fare tutto quello che si può fare in quel periodo

    Renzi ha pensato bene di smettere di fare il sindaco per due anni dedicandosi alla sua campagna elettorale! non era incinta

  2. Condivido quello che hai scritto, quando qualche giorno fa ho sentito che a Meloni è stato detto che non è il caso di fare il sindaco perchè ora lei deve pensare al suo bambino, ho pensato che si fosse ritrovata vittima dei suoi stessi pregiudizi! Ora sembra starle stretta quella gabbia in cui si è chiusa da sola (o forse vorrebbe imporre la gabbia solo a noi!?).
    Una piccola nota riguardo all’uso della lingua: dire la Meloni e non il Berlusconi è un uso sessista della lingua, sicuramente si tratta di una svista dato che sei sempre molto attenta a questo aspetto!

    1. la meloni è semplicemente un modo di dire. la roberta, la francesca, la tiziana, la meloni. diversamente non si dice il giulio, il francesco, il mauro. quindi il sessismo non c’entra affatto. 🙂

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