::Avviso Spoiler::
(chi non vuole sapere nulla del film si fermi qui)
Regression è un film diretto da Alejandro Amenábar e racconta una storia, ispirata da fatti assolutamente reali, che affronta il tema della regressione psicologica come meccanismo ormai screditato perché responsabile di aver creato falsi ricordi. Fu una donna, in particolare, negli anni ottanta che fece causa allo psichiatra responsabile, secondo lei, di aver creato falsi ricordi. La faccenda aveva a che fare con episodi di suggestione e isteria collettiva che, per guardare più da vicino, avrete potuto riconoscere anche in fatti di cronaca italiani. Si parlò di satanismo, sacrifici umani, cannibalismo, orge, stupri e abusi su minori. La faccenda assumeva tanta credibilità quanto più ci si avvicinava a contesti religiosamente repressivi. Il film tenta di ripercorrere, in maniera egregia, quel che fu un tempo in cui bastava nominare Satana e già la gente si scatenava con milioni di fobie. Siamo in una famiglia terribile, dalla quale è comprensibile che i figli volessero sfuggire. Il figlio viene cacciato di casa perché “sodomita” e la figlia stava segregata, con fantasie sessuali nei confronti di amici di famiglia, con una adolescenza smorzata dai divieti e dalle censure religiose, dove la religione costituiva l’elemento utile ad autoinfliggersi penitenze per cattivi comportamenti ricondotti all’uso di alcool, alle percosse ai figli, alla depressione della madre.
La figlia scappa da quel contesto e si rifugia in parrocchia. Il prete diventa la voce amica, quella che apprende e dà credito ad una testimonianza scioccante. Il padre avrebbe abusato di lei ma non da solo. Aiutato dall’amico di famiglia e da altri individui, nonna inclusa. Uno psichiatra immagina di fare riemergere ricordi con la terapia della regressione ipnotica ma, in realtà, fornisce solo schemi utili a contestualizzare un sogno, elementi immaginari, suggestioni e fobie. In men che non si dica è tutta la città che vede Satana e in quel contesto puritano perfino il detective che si occupa della faccenda viene influenzato a tal punto da immaginare di essere diventato a sua volta vittima della presunta e invisibile setta.
Per tornare a fatti reali, basta ricordare che, sempre negli anni ottanta, furono smentiti racconti di persone che immaginavano il peggio quando si parlava dei propri figli. Immaginando fossero vittime di riti satanici e di una violenza inaudita, venivano sottoposti a sedute lunghe con psichiatri che di lì a poco venivano tutti smentiti perché avevano influenzato, in buona fede, i ricordi dei bambini. Quando Emma Watson, nel ruolo della protagonista, chiarisce che aveva inventato tutto, al punto da autoinfliggersi una ferita per dimostrare l’autenticità dei riti, la voce diffusa divenne comunque parte dell’immaginario collettivo, le persone accusate furono comunque rovinate dalle accuse, lei usò la faccenda per andarsene di casa e diventare famosa e la “giustizia” dovette abdicare al credo popolare giacché troppo difficile era dire di essere stati, tutti quanti, vittime di un raggiro.
Il film mostra perciò una situazione in cui alla fine l’accusatrice era perfettamente cosciente di quel che stava facendo. Nella realtà, se uno psichiatra fa emergere un falso ricordo, soprattutto quando sono trascorsi molti anni a separare il/la paziente dall’infanzia, tutto avviene in buona fede. Alcune persone, a quell’epoca, coinvolte in svariate cacce alle streghe, credettero davvero di essere stati vittime di riti satanici e di abusi orchestrati in contesti diabolici. Negli anni novanta, invece, abbiamo una storia che riguarda la figlia di un sacerdote influenzata da un membro del consiglio ecclesiastico tanto da credere di essere stata vittima di ripetuti abusi da parte del padre e di essere rimasta incinta per ben due volte. In entrambi i casi, i genitori, coinvolgendo anche la madre in quei ricordi, l’avrebbero obbligata ad abortire usando le grucce. La ragazza, sottoposta a visita medica, non presentò alcun segno di abusi né di gravidanze o aborti. Era ancora vergine.
Sempre negli anni novanta fu possibile, per alcuni pazienti, incassare risarcimenti onerosi da parte di psichiatri giudicati colpevoli di aver stimolato falsi ricordi. In qualche caso, per le conseguenze che i falsi ricordi ebbero su pazienti affette da depressione, alcuni medici dovettero affrontare gravi accuse penali. La depressione, unita al falso ricordo di un abuso nell’infanzia, portò qualcuna a tentare il suicidio. La faccenda è diventata perciò oggetto di studi, atti a verificare in quali casi, quali siano le condizioni ambientali e psicologiche, che favoriscono il sorgere di falsi ricordi. Quali soggetti sono più inclini a lasciarsi influenzare e quali invece no. Lo studio, importante perché prova a tenere separata la suggestione determinata dall’influenza ambientale e culturale da quel che nella psiche e nella vita di una persona realmente avviene, talvolta è stato strumentalizzato da chi ne ha fatto, in tribunale, un’arma per screditare persone che, nell’infanzia, hanno veramente subito abusi. Dell’omertà e di un certo modo di trattare gli abusi su bambini e adolescenti, da parte di persone adulte che sui bambini avevano un certo ascendente, come per esempio i preti, sicuramente potrete saperne di più se guardate un altro ottimo film: Il caso Spotlight. Per quel che vale, non vi accontentate di questa “recensione”. Guardate Regression. Ne vale la pena.