Lei scrive:
Ciao Eretica,
vorrei aggiungere la mia voce al dibattito sull’utero in affitto.
Voglio condividere con voi la mia indignazione nei confronti di un la frase in particolare, che ultimamente corre molto di bocca in bocca: “chi vende il proprio figlio non è degna di essere chiamata madre”… Beh, sticazzi! Chi vi ha detto che la donna che presta l’utero abbia mai preteso di essere chiamata madre? Ma ancora di più, chi vi ha detto che ne abbia mai avuto il desiderio? Ma certo, è ovvio che voglia considerarsi madre, perché non dovrebbe? In fondo si tratta dello stato più ambito per una donna, l’unico meritevole di riconoscimento, il solo a cui una “donna con la D maiuscola, una DONNA e non una semplice FEMMINA” (espressioni che mi sono ahimè ritrovata sovente sotto gli occhi nella giornata di oggi) dovrebbe ambire.Ah, la definizione di madre non ti interessa/non la pretendi? Eh ma allora sei una donnaccia, un pezzo di ghiaccio, un errore di madre natura che ci ha create al solo scopo di vederci partorienti insanguinate, penitenti e sottomesse col sorriso. Allora non mi sorprende che ti sia prestata ad un così perverso disegno come quello di dare un figlio ad una coppia omosessuale, del resto da un deviato pezzo di ghiaccio come te cos’altro ci si potrà mai aspettare? Guarda me, madre perfetta e sacrificata, io ho partorito con dolore (con DOLORE e SENZA EPIDURALE, che è sempre meglio sottolinearlo, sempre meglio mettere al proprio posto le sciacquette viziate che si sono abbassate all’anestetico invece di accogliere con gioia e fino in fondo la tortura straziante del parto), io mi alzo presto perché tutto sia pronto alla tavola della colazione, io cucino, pulisco, stiro, stendo…
Ma va’ tutto bene, perché è grazie a queste fatiche che mi guadagno il diritto di insegnare agli altri come si vive. Guarda me, che sono uomo, e ascoltami quando ti dico che finché non proverai la sensazione del TUO bambino che si muove dentro di TE non avrai diritto ad esprimerti. Io lo so. Ebbene, sapete cosa vi dico? Che io, con la vostra beneamata definizione di madre, mi ci pulisco il c*lo. Che per me il titolo di madre sarebbe il più orribile, più opprimente, più avvilente possibile. Che io non sono madre, non sono futura madre, non sono madre potenziale né mai lo saró. Sono una persona, e in quanto tale decido che l’etichetta di madre mi ripugna, decido che non mi presterei ad un parto nemmeno se ne dipendesse la mia stessa vita.
Ma torniamo al punto. Ci sono casi in cui tra la coppia che crescerà il bambino e la madre surrogata vige il patto di essere presenti gli uni nella vita dell’altra, di far conoscere al figlio/alla figlia la madre biologica e di condividere con essa ogni piccolo momento della crescita del pupo. Ecco, questa è una famiglia e questa è una donna che potrebbe voler essere chiamata madre. Poi ci sono i casi in cui il bambino viene semplicemente partorito e subito lasciato nelle braccia della coppia, perché da nessuna delle due parti c’era l’interesse ad agire diversamente. Ebbene, credete forse che in questo caso alla donna interessi di essere considerata madre?
L’ha forse mai preteso? Quando la attaccate e le dite che non è degna del nome di madre, non vi rendete conto che siete gli unici che insistono a chiamarla con questo nome? Madre è una cosa, partoriente un altro, e sorpresa sorpresa si può scegliere di essere partorienti ma non madri, di fare la felicità di qualcuno senza pretendere gloriose etichette in cambio. Qualsiasi polemica più ci vogliate costruire, qualsiasi pretesa abbiate sul sacro termine di madre, resta affar vostro.
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