Precarietà, R-Esistenze, Welfare

“Non possiamo parlarne”: operai* in fabbriche fornitrici di marchi famosi della moda vivono confinat* da guardie

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Pezzo pubblicato qui. Traduzione di Antonella. Le “schiave” di cui nessun@ si occupa, tantomeno le “femministe” (occidentali) che tirano fuori le donne indiane e la loro povertà solo quando gli fa comodo. Il corpo di queste donne è da considerarsi come un bene disponibile per l’uso pubblico? Buona lettura!

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Viene stimato che fino all’80% di chi lavora nelle fabbriche di abbigliamento in Bangalore, India, siano operai* migranti. Molt* non parlano la lingua locale e fanno fatica a trovare alloggio, perciò le fabbriche provvedono offrendo loro alloggi della ditta. Unico problema: alcun* residenti sono trattat* come prigionier*. Secondo il nuovo rapporto (pdf) sui diritti lavorativi a cura della ONG India Committee Netherlands, le condizioni all’interno degli “ostelli” delle fabbriche possono essere terribili e prevedono confinamento forzato e sorveglianza continua.

Due delle fabbriche con base nella regione, ufficialmente nota come Bengaluru, forniscono le grandi catene di moda di H&M e C&A. Altre aziende nell’area producono vestiario per Gap, Tommy Hilfiger e Inditex, la proprietà di Zara. Sebbene tutte le aziende contattate dall’India Committee (ICN), fatta eccezione per Gap, abbiano risposto promettendo  di prendere serie contromisure, il tutto resta un esempio di quanto poco i grandi marchi internazionali sappiano relativamente a coloro che fabbricano i loro prodotti.

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Tra le scoperte peggiori che il rapporto elenca c’è quella che alcune fabbriche del Bengaluru tengono le donne (che costituiscono la maggioranza nella forza lavoro del tessile) in ostelli monitorati da guardie di sicurezza (uomini) e che i loro spostamenti sono soggetti a severe restrizioni. Molte di loro sono autorizzate ad uscire soltanto per un paio d’ore la settimana, solitamente la domenica, per comprare generi alimentari o altri articoli e solo dopo aver ottenuto un permesso registrato presso una delle guardie. Il resto del tempo a queste donne viene imposto di spostarsi unicamente da e verso il luogo di lavoro, con le guardie a verificare quando arrivano e quando lasciano gli alloggi.

Lo ICN, vale la pena notare, non ha rilevato queste pratiche nelle due fabbriche che producono per H&M e C&A, sebbene C&A si serva di guardie. L’ostello della fabbrica per H&M ha alloggi solo maschili e questi sono autorizzati a rientrare fino alle 11 di notte.

Gli/le operai* possono utilizzare i telefoni per comunicare con amic* e familiari, ma il rapporto citato sottolinea come non abbiano quasi nessuna occasione per interagire con assistenza sindacale di qualche tipo e che questo lascia margine per abusi. Di fatto alcuni ostelli selezionano i/le migranti dividendol* per regione, pagando meno alcuni gruppi in base alla provenienza. Tutte le industrie quantomeno pagano il minimo salariale previsto, sebbene il comparto manifatturiero del Bengaluru sia noto da tempo per le paghe paurosamente basse.

Molt* delle/degli operai* temono le punizioni. Se una donna ritorna tardi, per esempio, potrebbe essere costretta ad aspettare fuori dai cancelli per ore prima che una guardia la lasci rientrare. Il rapporto dice che generalmente gli ostelli provvedono a malapena all’indispensabile. In un ostello di proprietà di Arvind, che fornisce H&M, gli uomini dormono in letti a castello a tre piani all’interno di grandi stanzoni con divisori. Non ci sono cucine e la fornitura di acqua è irregolare; un bagno serve dalle 12 alle 14 persone. “Nulla è davvero buono” dichiara un* operai* di Arvind. “Ma restiamo qui perché dobbiamo pur sopravvivere e non c’è altro modo.” La permanenza, comunque, si paga.

Altri ostelli, incluso uno di proprietà di una fabbrica che fornisce C&A, offrono condizioni migliori e non fanno pagare gli alloggi.

Lo ICN ha stilato il suo rapporto sulla base di dati già disponibili, interviste con 110 operai* da quattro diverse fabbriche ed informazioni raccolte presso un sindacato locale.

Poiché le aziende non avrebbero autorizzato le interviste dello ICN all’interno degli ostelli, queste sono state condotte nel tragitto dal lavoro agli alloggi e viceversa. Le/gli operai* esitavano a parlare con lo ICN per paura di ritorsioni. “Un sacco di cose accadono, ma non possiamo parlarne” ha detto un* migrante del Nord dell’India all’organizzazione. E’ difficile dire se i risultati dell’inchiesta siano rappresentativi dell’intero settore. Lo ICN dice che ci sono fino a 1.200 industrie tessili in Bengaluru e dintorni e nulla lascia presagire il meglio.

H&M, Inditex e C&A affermano di aver avviano una collaborazione con un sindacato locale per migliori condizioni. PVH, proprietà di Tommy Hilfiger, sta indagando in maniera indipendente ed è decisa a stabilire linee guida per i propri fornitori.

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