Comunicazione, Contributi Critici

Iva al 4% su assorbenti: anche la strumentalizzazione delle donne è violenza!

Giacomo ha letto il mio post sulla riduzione dell’Iva al 4% per gli assorbenti e non è d’accordo su un po’ di cose. Molto volentieri pubblico qui la sua argomentata e bella critica. Buona lettura!

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In questi giorni sta circolando la notizia di una proposta di legge avanzata da Civati, per ridurre l’Iva sugli assorbenti dal 22% al 4%, equiparandoli a beni di prima necessità. L’idea della proposta ricalca leggi simili già presenti in altri paesi occidentali, ma anche le iniziative lanciate diverso tempo fa da svariate realtà del panorama politico radicale e libertario.

La cosa che fin da subito sorprende è che la tesi secondo la quale una tale legge sgraverebbe le donne da costi assai ingenti (mediante la semplice riduzione dell’Iva!) è stata largamente sposata a sinistra, specie da quell’universo complesso e variegato di costellazioni di pensieri quale è il femminismo. È vero infatti, che gli assorbenti sono beni indispensabili e che pure, nonostante ciò, costano come beni di lusso!

Ed è profondamente ingiusto.

È ingiusto perché anche questa è una forma di violenza sulle donne, perché devono subire un’ingente pressione economica sul proprio corpo. I bisogni vengono gettati nel mercato, divenendo oggetto di speculazioni di profitto, subordinando la libertà della persona all’eventualità di potersela permettere.

Le mestruazioni sì, esistono, e non sono gestibili diversamente per la maggioranza delle donne; e in fin dei conti, lo dico a quell* che sono pronti a dar consiglio sulle alternative senza mettersi nei panni delle altre, come si deve gestire ognuna il proprio corpo saranno pure un po’ cazzi suoi! Ma in questa società ci si ricorda delle problematiche femminili quando è il momento di stigmatizzarle, quando è il momento di calare le decisioni sui corpi delle donne, quando è il momento di ricordare al mondo che non è gradito e non è lecito parlare di certi aspetti intimi.

Ora però domando a tutto il “fan club della Tampon Tax”: ma se lo Stato abbassasse l’Iva al 4% – riducesse cioè il suo margine di guadagno – i costi degli assorbenti davvero calerebbero? O forse laddove si riduce il guadagno di uno Stato, in un sistema economico maledettamente selvaggio come il nostro, aumenta il guadagno del capitalista? È semplice il concetto: gli assorbenti sono indispensabili, perciò per quanto costosi possano essere, le donne continueranno a comprarli fintantoché se li potranno permettere.

Lo Stato si tira indietro e il mercato si fa prepotentemente largo in avanti. Questa è la dinamica.

E noi dovremmo accettare che si getti fumo negli occhi delle donne, lasciando che quattro ben pensanti in stile “liberal” avanzino la propria proposta mediatica?! Cos’è? Civati e i suoi hanno finito le idee per fare una reclame radical-chic?! Ma io mi meraviglio di chi dà credito politico a proposte del genere che, se ce l’avessero, farebbero semplicemente ridere! Ma non è così, è peggio: è una strumentalizzazione!

Diverso sarebbe stato se si fosse studiata una legge per fissare i prezzi dei prodotti per l’igiene intima femminile. Questo avrebbe l’obiettivo di sottrarre al mercato il controllo sui corpi delle donne mediante i loro bisogni. Ed è una proposta fattibile e credibile. La riduzione dell’Iva è uno specchietto per le allodole!

L’unica cosa che di questa faccenda mi sta bene è che di problematiche femminili si sta discutendo. Solo così le difficoltà relative all’essere donna non rimarranno nella penombra; perché si può tematizzarle, conoscerle da ambo i sessi, e superarle per quanto possibile.

Ma vi prego, sappiate tutte e tutti condannare la demagogia! Se si vuole che la causa femminista non resti un remoto appello, ma conquisti diritti concreti, bisogna lasciar perdere le trovate pubblicitarie e le marginalità; bisogna instaurare un aperto conflitto contro questo sistema economico, unico vero responsabile dell’oppressione delle nostre vite, conflitto senza il quale la causa per la libertà è una vanità.

La questione femminile non è una questione a sé. È una questione di classe!

Un militante femminista, anticapitalista, comunista.

6 pensieri su “Iva al 4% su assorbenti: anche la strumentalizzazione delle donne è violenza!”

  1. “È semplice il concetto: gli assorbenti sono indispensabili, perciò per quanto costosi possano essere, le donne continueranno a comprarli fintantoché se li potranno permettere.”

    Non è così semplice. Non mi pare che oggi gli assorbenti costino quanto un bene di lusso, e nel mercato c’è la concorrenza, quindi se un marchio alza i prezzi viene tagliato fuori dagli altri che tenendoli più bassi si prendono tutte le clienti. Può darsi che anche con l’iva abbassata i prezzi rimarranno uguali, oppure diminuiranno. Si vedrà e a quel punto si giudicherà la legge.

  2. Effettivamente ridurre l’Iva non comporterebbe la riduzione del prezzo. Da donna mi vedo discriminata quando le case produttrici riducono la quantità di assorbenti nelle confezioni senza con ciò diminuire i prezzi, costringendo a comperarne due o più pacchi (ergo, una spesa in più) perchè una confezione che ne contenga solo 10 non basta neanche per il primo giorno. Non solo. Tutto ciò che concerne l’igiene intima, quella che in alcuni casi sei costretta a comprare nelle farmacie, ha dei prezzi a dir poco lussuosi. Tanto da condurci a chiedere se la salute intima di una donna, in tali circostanze, sia davvero una spesa necessaria e non invece secondaria. Avete mai visto i prezzi di una lavanda?

  3. abituatevi a lottare per aver un’ora d’aria, la schiavitù gioca brutti scherzi, finanche parlare del nulla per appoggiare uomini senza senso. Se siete giovani abbastanza, avete il dovere di cacciare questi opportunisti, altrimenti aiuterete gli anticapitalisti, come si descrive l’autore/autrice, a parlare del nulla, in modo che tutti abbiamo una bella visione del nulla ostentato!

  4. Specchietto per le allodole eccome. Io per le mie mestruazioni spendo 18 euro ogni 6 anni : il costo di una coppetta mestruale. Il cestino del mio bagno é sempre vuoto, i rifiuti secchi in casa mia sono drasticamente diminuiti. La consapevolezza del mio corpo e della mia vagina é aumentata: ho dovuto imparare a conoscermi, a guardarmi con uno specchio, a toccarmi per usarla, a “fare pace” con il mio sangue. Tutte cose che un assorbente usa e getta ti fa dimenticare, contribuisce invece alla mentalità dello schifo, della rimozione continua di un momento invece importante nella vita quotidiana di una donna.
    Quindi cari Civati & Co se volete fare davvero veramente qualcosa di importante per noi : fate conoscere le coppette mestruali, insegnate che una alternativa c’é, inviate professionisti nelle scuole che spieghino che non c’é vergogna nel nostro sesso e nemmeno nelle mestruazioni.

  5. Cari tutti,
    senza che la discussione si inasprisca, vorrei fare un breve commento, anche se non c’entra con gli assorbenti. Non sono del tutto d’accordo sull’affermazione di Giacomo, secondo la quale il capitalismo e l’oppressione della donna andrebbero a braccetto. A ben vedere il capitalismo ha giocato un forte ruolo nell’emancipazione della donna intorno agli anni 50, anche se forse in modo distorto. Non nego che sicuramente ci sarebbero stati modi migliori di ottenere gli stessi risultati, o risultati più soddisfacenti, ma una parte della “nuova” libertà femminile ha preso piede nel momento in cui il potere d’acquisto è diventato il criterio con cui la società valutava le persone. La donna era infatti colei che COMPRAVA. Gli acquisti necessari alla vita della famiglia sono stati trasformati dal capitalismo, nel quadro della grande distribuzione, in un labirinto di scelte e di responsabilità economiche, per cui il ruolo della casalinga è stato investito di un potere decisionale che prima non aveva. Come dire, l’uomo portava i soldi a casa, ma poi era la donna che li SPENDEVA, che sceglieva cosa comprare, e che perciò doveva essere corteggiata come giudice sovrano del successo di un prodotto sul mercato. E’ delle mie nonne che sto parlando, signore dell’allora piccola borghesia milanese, per le quali il supermercato era quasi l’unico luogo dove potevano davvero decidere qualcosa. Oggi può sembrare poco, ma per loro era molto.
    Certo, se volete si può parlare di un passo zoppo nel cammino del femminismo, ma pur sempre di un passo si è trattato.
    Giulia

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