Questo è un articolo scritto da una giornalista tedesca e tradotto da Eugenia. Buona lettura!
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Ich bin es leid!
Ne ho abbastanza!
Hilal Sizgin (*1970) è una scrittrice e giornalista turco-tedesca, scrive tra altri per Die Zeit e Die Sueddeutsche Zeitung.
Ne ho abbastanza del fatto che ogni discussione sulla violenza sessuale – ogni volta che per caso salta fuori – venga così velocemente attaccata al carro di numerose altre agende politiche, finché non è più una discussione sulla violenza sessuale.
Se questa violenza abbia a che fare con libido o con potere, se i numeri negli ultimi decenni siano aumentati o scesi, se cambino in correlazione con altre statistiche sui rapporti tra i generi, se i colpevoli siano recidivi o se agiscano secondo la situazione, quale impatto abbiano scuola, prostituzione, hollywood o gruppo di appartenenza? Che ne so! Ma non interessa a nessuno. La domanda che interessa è sempre solo cosa significa la violenza sessuale per un altro tema, in questo caso quindi per l’accoglienza dei profughi e per Schengen. Prima ancora di sapere esattamente come siano andate le cose e come sia giusto definirle, prima ancora di riflettere se quello che è successo a Colonia a Capodanno sia o no legato alla violenza sessuale vissuta ogni giorno in altri posti, sono sgusciati sulla scena “interpretatori”, analisti e commentatori.
Normalmente non scrivono mai di violenza sessuale, ma certo per queste occasioni firmano loro gli articoli di apertura, traggono conclusioni, fabbricano tesi che rientrano nella loro concezione del mondo e obbligano noi donne a ripensare le nostre lealtà politiche invece di farci riflettere di testa nostra. Questi “interpretatori” infatti sanno subito che si tratta di un tipo di terrore islamico, “tipico del Nordafrica”, “Brava Merkel, vedi che è successo!”.
La polizia non ha nemmeno ancora contato i portafogli sottratti quando gli stessi commentatori* che tre anni fa trovavano che la signorina non deve fare così tante storie se il nonnino del FDP le fa una battutina simpatica riguardante le sue tette – gli stessi commentatori sono all’improvviso informatissimi sulle penurie sessuali dei profughi e tracciano, rocamboleschi, una cultura che va da Colonia al Cairo fino a Kabul.
* 2013: “Certo che queste tette lo riempono un dirndl!”, così l’ex-ministro dell’economia settantenne Rainer Bruederle (FDP), commentò la giornalista Laura Himmelreich. L’accaduto, reso pubblico dalla Himmelreich, aveva scatenato un acceso dibattito anti-sessista in tutta la Germania.
Ne ho abbastanza del fatto che poi noi donne veniamo circondate da tutt’altri discorsi politico-sociali, che poi l’idea che vorremmo farci di quanto accaduto deve per forza dipendere da che posizione prendiamo in questi altri discorsi. Che conseguenze politiche potrebbe avere se dico questo, cosa direbbero gli altri se sapessero che penso quello…? Noi donne, la nostra autodeterminazione sessuale, la nostra sicurezza, i nostri corpi vengono strumentalizzati, e noi stesse diventiamo involontariamente parte integrante di questo discorso che non è più quello dal quale eravamo partite.
Ne ho anche abbastanza del fatto che ogni anno saltino fuori un paio di questi “interpretatori” in più che presentano le loro visioni della società con “Ma sarà pur permesso dire che…” – Sì, perdio, se lo pensate davvero, allora ditelo, ma per piacere evitate di nobilitare con questa frase le cavolate che la Bild da anni diffonde a caratteri grandi tra il popolino. Che tra l’altro – quando si trattava del già citato nonnino del FDP – “sarà pur permesso dire qualcosa di carino su un seno così bello”. Come se si trattasse sempre solo della vostra libertà di opinione, la vostra libertà che non è minacciata neanche un poco! Mentre di fatto si tratta della sicurezza e della libertà di movimento di attualmente decine, e in generale milioni di donne ogni giorno, anche in Germania.
Sarà pur permesso, dico io, discuterne a testa fredda senza nessun secondo fine.
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