Lei scrive:
Cara Eretica,
sono Valeria, ti leggo da qualche tempo e seguo con attenzione i tuoi articoli.
Ho 28 anni e sono incinta di quattro mesi. Una gravidanza inaspettata, di certo non preventivata, ma accolta con gioia dall’uomo che amo e che sarà il padre di mio figlio, non con uguale entusiasmo da una parte della mia famiglia e dei miei amici, che hanno preso le distanze e forse hanno intravisto in me una persona diversa, vittima di un processo che mi avrebbe trasformato in qualcosa di altro da me, con cui non avrebbero avuto più niente in comune, mentre io non mi sono mai sentita più vera e me stessa come ora.Una mia amica è arrivata a dirmi: “se ci allontaniamo è perché ci costringi a farci domande sulla nostra vita e a darci delle risposte che forse non ci piacciono”. Per un paio di giorni ho pensato che anche io avevo tante domande, ma avrei voluto un’amica per metterle un po’ da parte, parlare d’altro, andare al cinema, a una mostra o semplicemente in giro, come sempre. Poi ho smesso di colpevolizzarmi per le reazioni che ho provocato nelle altre persone e ho cercato, con sforzo, ma con successo, di concentrarmi su quello che stava succedendo a me, al mio corpo, alla mia psiche, alle mie energie, alla mia relazione. Di praticare quel sano egoismo che servirebbe un po’ a tutti.
Questa gravidanza è iniziata come un grande gioco, abbiamo iniziato a cucinare l’uno per l’altra, abbiamo iniziato a informarci su quello che sarebbe successo, a me, a noi. Mi sono ritrovata al centro di discussioni sulla maternità, con la netta sensazione che stessero parlando di qualcun altro, come se tutto ciò ancora non mi riguardasse. E, in fondo, come potrebbe? Non ho ancora avuto grossi cambiamenti fisici, vivo la mia vita di sempre. Ci siamo ripromessi di non diventare genitori, ma di restare noi stessi, qualsiasi cosa succeda.
E io stessa, se quando ero più piccola, quando l’idea di un figlio era ancora lontana, mi ripromettevo di restare a casa, di dedicare ogni ora del mio tempo al mio bambino, oggi, con una pancia in divenire, dato che vivo in una grande città, ho già riservato un posto in asilo nido, ho preso nota di tutte le soluzioni di assistenza alle madri e aiuti in casa. Sono quasi sicura di non voler allattare e sto cercando di preservare il mio corpo, o almeno di attenuare il trauma che subirà.
Voglio restare me stessa, voglio essere la persona che sono sempre stata, con i miei libri sul comodino, il pianoforte, la mia solitudine, voglio che il mio bambino sia con me, al mio fianco, voglio aiutarlo a crescere nel miglior modo possibile, non che mi assorba interamente nelle sue esigenze fisiologiche. E poi voglio tornare a lavorare, a studiare. Continuare a essere quello che sono. Volevo solo dirti un sincero grazie, per gli articoli e le riflessioni sul ruolo di madre, sull’istinto materno, sull’amore materno, che non è scritto nel nostro DNA, ma si costruisce giorno dopo giorno, come ogni relazione interpersonale, grazie per favorire quel processo di decostruzione della madre, con delle letture che dovrebbero essere distribuite insieme agli opuscoli sulla dieta della mamma, le scadenze delle ecografie e il comportamento da adottare in macchina con un neonato.
Grazie per questa scrittura che non ci fa sentire sole, che ci rende al nostro status di persone, esseri umani, prima di diventare donne, amanti, amiche, sorelle, mogli, figlie. E madri.
Condividi pure la mia storia se vuoi.
Ti auguro tante nuove scritture e un nuovo anno ricco di sogni realizzati e desideri inediti.
Valeria