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Leggi e Norme riguardanti il Sex Work

sex-work-laws-policies-featured-20120713Questo è un lavoro pubblicato da Open Society e tradotto per Abbatto i Muri da Donatella Rossetti. Di Open Society erano anche le dieci ragioni per decriminalizzare il sex work. Va letto fino in fondo perché parla di questa materia complessa in maniera semplice ed eloquente. Buona lettura!

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Leggi e Norme riguardanti il Sex Work 

I sex worker sono adulti che ricevono denaro o beni in cambio di servizi sessuali, sia regolari che occasionali. Un sex worker può essere maschio, femmina o transgender. Nella maggior parte dei paesi, il sex work e le attività ad esso associate sono atti criminali.

La legge criminale è in genere l’espressione più dura della società nella disapprovazione di un’azione, da essere riservata ai più atroci misfatti. I leader delle Nazioni Unite hanno messo in discussione l’applicazione di rigide leggi criminali al sex work. Notano che la criminalizzazione ostacola l’abilità dei sex worker di negoziare l’uso del condom con i loro clienti e potrebbe forzarli a lavorare in posti nascosti o remoti dove sono più vulnerabili alla violenza. L’abuso e l’estorsione da parte della polizia dei sex worker sia dentro e fuori la detenzione è facilitato quando il sex work è criminalizzato. I sex worker che sono ritenuti come criminali spesso fronteggiano un trattamento offensivo o moralista all’interno dei servizi sanitari e non possono usufruire dei benefici dei servizi sociali o delle regole che proteggono gli altri lavoratori.

Lo scopo di questa breve fonte è di chiarire i termini e mostrare degli esempi di alternative all’uso della legge criminale come risposta al sex work. Comprendere che la serie di opzioni legislative e politiche per rispondere al sex work è fondamentale per stabilire norme consistenti per rispettare, proteggere e soddisfare i diritti umani dei sex worker.

Le leggi e le norme del sex work dovrebbero essere basate sulla miglior prova disponibile su cosa funziona per proteggere salute e diritti. Dovrebbero ottimizzare la possibilità dei sex worker di realizzare il diritto di fare giustizia sotto processo, il diritto alla privacy, il diritto di formare associazioni, il diritto di essere liberi dalla discriminazione, dall’abuso, dalla violenza, il diritto di lavorare e di concludere condizioni favorevoli di lavoro. I sex worker dovrebbero avere un ruolo significativo nel disegno, nell’attuazione e nel monitoraggio delle leggi e delle norme che li riguardano.

Opzioni per legge e politica 

Nella maggior parte dei paesi l’obiettivo stabilito dal governo riguardo al sex work è l’abolizione – il che significa, abolire il sex work in totale. Questo obiettivo è anche qualche volta espresso come divieto – si elimina il sex work assicurandosi che sia strettamente proibito. Non c’è nessuna prova che suggerisca che l’abolizione può essere raggiunta, ma ciononostante molte nazioni la perseguono. Le norme abolizioniste sono spesso guidate da forti pregiudizi morali sull’indesiderabilità del sex work nella società. I governi hanno cercato di abolire il sex work imponendo pene criminali sui sex worker, i loro manager e le persone che possiedono o gestiscono bordelli.

Alcuni governi combattono per l’abolizione per perseguire un obiettivo corollario – porre fine alla domanda sul sex work. Questo fine potrebbe essere raggiunto imponendo punizioni criminali sui clienti dei sex worker. Certi paesi cercano di terminare la domanda sul sex work come parte di un obiettivo stabilito per proteggere i sex worker dallo sfruttamento, specialmente i sex worker donna. Alcuni sostenitori di questa finalità vedono il sex work come sfruttatore o perseguitatore per natura. Molte organizzazioni di sex worker si oppongono a questa visione, considerando il sex work come lavoro che le persone possono intraprendere senza essere vittime. Non c’è nessuna prova da alcun paese che eliminare la domanda sul sex work sia fattibile.

L’epidemia HIV ha condotto alcuni paesi a perseguire l’obiettivo politico di minimizzare le conseguenze avverse sulla salute del sex work. La salute dei sex worker potrebbe essere non la preoccupazione principale dietro a questo obiettivo politico; potrebbe essere che proteggere clienti e i loro regolari (non pagati) partner sessuali pesa più fortemente nelle menti dei decisori politici. Comunque, queste norme, a seconda di come sono perseguite, potrebbero facilitare accesso dei sex worker ai condom e la loro capacità di garantire l’uso del condom con i loro clienti.

Il Joint United Nations Programme su HIV/AIDS(UNAIDS) suggerisce anche che assicurare l’accesso universale a servizi onnicomprensivi HIV per sex worker dovrebbe essere una componente centrale delle norme relative al sex work.

Finalità politiche sottostanti non sono sempre stabilite chiaramente dai governi, e alcune norme di un dato paese possono sembrare conflittuali. Per esempio, alcuni paesi hanno leggi che sono di spirito abolizionista, ma hanno adottato misure per proteggere i sex worker e i loro clienti dall’HIV. Tuttavia, le leggi del sex work correntemente in vigore in molti paesi sono obsolete e non tengono conto dell’imperativo di indirizzarsi all’HIV.

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Strumenti legali e politici e approcci

Per raggiungere i propri obiettivi rispettando il sex work, i governi hanno applicato una gamma di strumenti e approcci.

Questa sessione discute i seguenti approcci: criminalizzazione, decriminalizzazione, legalizzazione.

CRIMINALIZZAZIONE E USO DELLE LEGGI NON CRIMINALI

Criminalizzazione significa applicare la legge criminale e divieti criminali al sex work o ad alcuni aspetti del sex work. In alcuni paesi, compravendite sessuali pagate sono designate in se stesse come atti criminali all’interno della legge. Spesso, però, la legge criminale proibisce attività collegate al sex work, incluso adescamento, vivere dei guadagni del sex work, tenere un bordello, ottenere o comunicare per l’acquisizione di servizi sessuali e facilitare l’atto della prostituzione nel fornire informazione o assistenza.

Le leggi criminali possono colpire i sex worker in se stessi, i loro clienti o manager, o la gente che possiede o gestisce bordelli. I paesi con obiettivi abolizionisti spesso hanno leggi che criminalizzano diversi aspetti del sex work. La legge criminale di solito porta con sé rigide pene che possono includere lunghe condanne di prigione così come multe. Nella maggioranza delle società avere precedenti penali può essere una macchia permanente che mina l’abilità di una persona di avere un lavoro o può squalificare lui o lei nel ricevere assistenza pubblica.

La legge criminale che prende di mira il sex work è spesso accompagnata dall’uso della legge amministrativa – spesso ordinanze municipali – per raggiungere finalità proibizioniste o altre. In certe giurisdizioni gli arresti dei sex worker sotto le condizioni di queste normative non criminali sono più frequenti degli arresti criminali.

I sex worker possono essere incolpati con reati non criminali come gironzolare, vagabondare, impedire lo scorrimento del traffico, aggregazione a scopo di prostituzione, pubblica indecenza o comportamento turbolento. Reati amministrativi non implicano generalmente condanne di prigione, ma possono portare pesanti multe e altre pene non detentive. In alcune giurisdizioni la polizia ha l’autorità dietro legge criminale o municipale di confiscare i condom ai sex worker o di considerare il possesso di condom come una probabile motivazione per il possessore di essere coinvolto nel sex work, pratiche che sono controproducenti da una prospettiva di salute pubblica. Nel 2010, una coalizione di società civile nello stato di New York, per esempio, ha lanciato una campagna per cambiare la legge di stato per limitare la capacità della polizia di usare i condom come prova di prostituzione.

I sex worker possono anche essere arrestati e detenuti sotto leggi che non si riferiscono nello specifico al sex work, come quelle che criminalizzano la trasmissione di HIV e altre malattie infette o la sodomia o le cosidette leggi di “reati innaturali”. La legge dell’immigrazione può includere clausole riferite specificatamente ai sex worker, e leggi anti-trafficking che confondono i problemi di trafficking e prostituzione che possono anche effettivamente criminalizzare il sex work. Le organizzazioni di sex worker, specialmente in Asia, hanno riportato abusi dei diritti umani associati con le operazioni di “raid e soccorso” anti-trafficking in posti dove non c’era alcuna prova evidente di trafficking.

Nel perseguimento di questo scopo per terminare la domanda dei sex worker e proteggere le donne sex worker dallo sfruttamento, nel 1998 la Svezia passò la legge che criminalizza i clienti dei sex worker con multe o imprigionamento con un massimo di sei mesi. Secondo questa legge, vendere sesso non è un crimine.

La legge statunitense che autorizza il Piano d’Emergenza del Presidente per il Soccorso all’AIDS (PEPFAR) limita il finanziamento per i programmi che sostengono i sex worker – un riflesso dell’approccio proibizionista degli Stati Uniti nei confronti del sex work. Anche se non è una forma di criminalizzazione, questa legge limita l’assistenza che i sex worker e le loro organizzazioni possono ricevere e contribuisce alla loro marginalizzazione.

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Criminalizzare gli acquirenti di servizi sessuali: incontra finalità stabilite? 

Nel 1998 il governo svedese passò una legge che criminalizza l’acquisto di servizi sessuali, quindi tirando via i denti del sistema di giustizia criminale dai sex worker e in direzione dei loro clienti. All’epoca, molti in Svezia avanzarono una discussione pragmatica per la decriminalizzazione del sex work, che stava diventando un punto di vista dominante in alcune parti dell’Europa Occidentale. Però, i legislatori erano influenzati dall’argomento che tutto il sex work è una forma di sfruttamento e violenza contro le donne.

Mentre il rigoroso rinforzo della legge seguito alla sua introduzione può aver ridotto il numero di sex worker per strada nel breve periodo, non c’è nessuna prova che la legge abbia ridotto il numero di sex worker nel tempo. La legge entrò in vigore quasi nello stesso momento in cui i sex worker stavano spostando le loro attività al chiuso grazie all’uso di Internet, e i sex worker che lavorano a porte chiuse sono difficili da contare. Diversi rapporti indicano che i sex worker che continuano a lavorare nelle strade devono fronteggiare un maggiore rischio di violenza e abuso che davanti alla legge. Con pochi e possibilmente più disperati clienti sulla strada, i sex worker sono meno capaci di stimare la sicurezza dei clienti, e generalmente questi clienti sono meno inclini a usare preservativi. Nonostante la scarsa testimonianza che la legge abbia raggiunto le sue finalità stabilite, la Norvegia ha passato una legge simile nel 2009, e altri paesi hanno considerato misure simili.

Criminalizzazione e depenalizzazione

La decriminalizzazione del sex work significa rimuovere le pene criminali applicate al sex work o a suoi aspetti. La depenalizzazione, secondo un ente esperto, si riferisce al rimuovere pene detentive come punizioni, anche se multe, libertà vigilata, lavoro socialmente utile, e condanne non di custodia possono essere applicate come pene criminali, e una persona può avere un precedente penale se colpevole. Molti autori usano “decriminalizzazione” e “depenalizzazione” intercambiabilmente.

La decriminalizzazione del sex work non è lo stesso che renderla legale. Se il sex work o alcuni elementi di esso sono decriminalizzati, i governi possono continuare a scegliere di definire questi atti come infrazioni della legge civile o amministrativa. La decriminalizzazione, però, è un’espressione di un punto di vista del governo o della società di come il sex work non dovrebbe essere punito con le pene più rigide e che i sex worker non dovrebbero essere annoverati tra i criminali.

Negli ultimi anni, il più ampio esempio di decriminalizzazione della legge nazionale è il New Zealand’s Prostitution Reform Act del 2003. La legge afferma esplicitamente che il suo intento è allo stesso tempo di decriminalizzare la prostituzione intrapresa da persone di età superiore ai diciotto anni e di “salvaguardare i diritti umani dei sex worker e proteggerli dallo sfruttamento”, oltre a perseguire finalità di salute pubblica. La legge richiede che tutti gli sforzi debbano essere fatti per assicurare l’uso dei preservativi nel sex work, sia in bordelli che altrimenti, ma le infrazioni di queste regole non sono reati criminali (articoli 8 e 9). La legge stabilisce chiaramente che i sex worker sono coperti dalla legge del governo del 1992 sulla salute e sulla sicurezza sul luogo di lavoro (articolo 10). E’ stato inoltre creato un Comitato di Revisione della Legge sulla Prostituzione per valutare l’impatto della legge, incluso il monitoraggio del numero di sex worker nel paese, e imposto che il Comitato di Revisione includa i sex worker come membri (articolo 43; vedi Box 2).

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La Decriminalizzazione del Sex Work della Nuova Zelanda e i diritti dei sex worker 

L’esperienza della Nuova Zelanda nella decriminalizzazione del sex work ha attratto l’attenzione internazionale, non ultimo per il ragionato controllo di approfondimento della decriminalizzazione che è stato costruito dentro la legge. La costituzione di un Comitato di Revisione della Legge sulla Prostituzione è un esempio insolito di investire del governo nel formare la norma e approfondirla. L’importante rapporto 2008 di questo Comitato, cinque anni dopo che la legge entrò in vigore, è una valutazione indipendente notevole dei molti risvolti dell’impatto della legge. Tra le sue scoperte c’è che il numero delle persone nel sex work non è aumentato dopo il passaggio della legge, come alcuni avevano temuto. In aggiunta, alcuni sex worker esaminati dal Comitato hanno riportato che avrebbero potuto per la prima volta rivolgersi alla polizia se sperimentavano dei problemi con i clienti. Più del sessanta percento dei sex worker esaminati ha detto che, a seguito del passaggio della legge, hanno sentito di essere più autorizzati a rifiutare un cliente difficile o potenzialmente difficile. I sex worker continuano ad essere perseguiti dalla polizia in alcuni luoghi sottoposti alle leggi municipali locali, ma queste infrazioni non sono in genere punibili con l’imprigionamento.

Anche lo stato australiano del New South Wales ha decriminalizzato il sex work. Nel New South Wales e nella Nuova Zelanda i sex worker sono stati in grado di lavorare col governo per sviluppare sicurezza occupazionale e guide linea di salute per il sex work, qualcosa di difficile dove è applicata la legge criminale. In queste giurisdizioni i sex worker hanno un buon accesso ai materiali di prevenzione dell’HIV e rifornimenti, come condom e lubrificanti, e il tasso di trasmissione di HIV tra sex worker e loro clienti è basso. Uno studio del 2010 in tre città australiane ha concluso che i sex worker in bordelli legali autorizzati hanno un migliore accesso a preservativi, lubrificanti e servizi sanitari che quelli in altre circostanze.

Legalizzazione e regolazione 

In una manciata di posti, il sex work (o sex work sotto certe circostanze) è stato legalizzato e sottoposto ad programma normativo nel modo in cui il tabacco e l’alcool, ad esempio, sono controllati in molti paesi. Le giurisdizioni che hanno scelto il sex work legale e regolato è presumibile facciano lo stesso sul piano della salute pubblica. Usano spesso strumenti come ispezioni legali e autorizzate nei bordelli e altre sedi del sex work. Legalizzazione e regolazione qualche volta comprendono controlli medici obbligatori per i sex worker nei bordelli autorizzati o nei luoghi di intrattenimento.

Un rilevante caso di legalizzazione e regolazione – perché si è verificato in un paese proibizionista – è il sex work nei bordelli legali designati nello stato USA del Nevada. La legge di stato del Nevada permette a distretti con meno di 400.000 residenti (escludendo quindi il distretto di casa di Las Vegas) di autorizzare e regolare bordelli. I bordelli del Nevada sono in genere in aree rurali isolate. I preservativi sono obbligatori e i distretti partecipanti richiedono che i sex worker siano testati a intervalli regolari per alcune malattie sessualmente trasmissibili.

Nel paese dell’Africa Occidentale del Senegal, le donne sopra l’età di ventuno anni si possono registrare e lavorare legalmente come sex worker se si sottopongono ad esami medici periodici e portano un documento della loro registrazione e degli esami medici. Il Senegal instituì per la prima volta il sex work legalizzato negli anni Sessanta per frenare il diffondersi delle infezioni sessualmente trasmissibili. Pur se il Senegal è stato lodato per la sua risposta all’HIV, inclusa la sua capacità di monitorare e offrire servizi a una popolazione visibile di sex worker, un apparentemente grande numero di sex worker preferisce non registrarsi e lavorare clandestinamente. I sex worker registrati si sono lamentati che il sistema di registrazione li annuncia come sex worker in modo pubblico eccessivo. Quando i sex worker si registrano per lavorare legalmente, i loro documenti sono inviati alla polizia, che facilita aggressione, abuso ed estorsione da parte di questa, stando ai sex worker. La paura dell’abuso è un fattore che trattiene le donne dal registrarsi come lavoratrici legali; altri riguardano il non voler far sapere a famiglia e amici che sono sex worker e la difficoltà di rimuovere il nome di qualcuno dalla registrazione al sex work se uno lascia il commercio del sesso. I sex worker uomini e transgender non sono ammessi a registrarsi e, come altri sex worker non registrati, potrebbero lavorare clandestinamente e quindi essere difficili da raggiungere con programmi sanitari e condom. Il fatto che la registrazione non sia allettante per molte donne o possibile per gli uomini potrebbe contribuire ad una crescita sostenuta dell’incidenza di HIV in popolazioni a rischio in Senegal. In aggiunta a pesanti regolazioni nel sex work legale, il Senegal esercita pene criminali per adescamento, proprietà di bordello e lenocinio.

La Germania ha legalizzato il sex work nel 2002, rimpiazzando un programma di legge quasi criminale sotto il quale il sex work era perseguito in modo discontinuo. Da allora, il governo ha rimosso la richiesta di esami medici bisettimanali dei sex worker, avendo scoperto che la maggior parte dei sex worker cercavano volontariamente servizi di cura e prevenzione. I funzionari della polizia tedesca hanno dichiarato che legalizzare il sex work gli consente di focalizzarsi su crimini più seri che possono capitare nei quartieri a luci rosse. I sex worker registrati sono idonei per il sussidio di disoccupazione e altri benefici sociali in Germania, ma molti scelgono di non registrarsi perché la registrazione implica anche pagare le tasse.

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Una nota sui Programmi di Uso del Condom al 100% (CUP)

Sia che il sex work sia criminalizzato, o parzialmente o completamente decriminalizzato, alcuni governi hanno preso provvedimenti per obbligare l’uso del condom nelle compravendite di sesso a pagamento. Spesso questo prende la forma dei programmi di uso del condom al 100% (CUP), che esistono in Tailandia, Cambogia, Cina, Mongolia, Vietnam, Laos e Burma, tra gli altri paesi. Questi programmi di solito coprono il sesso a porte chiuse o i locali di intrattenimento e consistono in un’ordinanza – comunicata parimenti ai manager, ai clienti e ai sex worker – per la quale i preservativi debbano essere utilizzati in tutte le operazioni sessuali in questi luoghi. Ispettori di polizia o sanitari controllano questi posti nella maggior parte dei casi. Anche se stime hanno dimostrato che questi programmi di solito hanno come risultato un grande utilizzo dei condom, le organizzazioni di sex worker hanno protestato contro la maniera repressiva nella quale molti di questi programmi sono eseguiti, compreso il dare alla polizia ampia libertà d’azione nel pubblicizzare l’identità dei sex worker accusati di infrazioni del condom e forzare i sex worker a sottoporsi a test medici. Le organizzazioni di sex worker non hanno esitato a indicare che la solidarietà dei collettivi di sex worker è un miglior modo di raggiungere l’uso del condom al 100%, o virtualmente 100%, senza la repressione della polizia.

Conclusione

Gli esperti di legge sanitaria hanno sviluppato un famoso diagramma che illustra come i programmi legali di sex work posizionati in uno spettro da maggiore a minor uso delle sanzioni criminali. Secondo il diagramma, maggiori sanzioni criminali sono equivalenti a minori benefici di salute pubblica e maggiore moralismo sessuale.

Anche se questo diagramma non descrive pienamente le norme sovrapposte e qualche volta contraddittorie che potrebbero coesistere in un dato luogo, è un buon ritratto degli approcci disponibili ai legislatori e i compromessi che è probabile si presentino nei dibattiti politici. E’ fondamentale che i governi investano nel produrre prove per capire l’impatto sulla salute e sui diritti umani delle leggi e delle norme del sex work sui loro libri. Con prove di questo tipo, con la consapevolezza degli obblighi dei diritti umani ai quali già si impegnano, e con la significativa partecipazione dei sex worker, i legislatori possono prendere decisioni che ottimizzino la salute e i diritti umani dei sex worker, delle famiglie e delle comunità.

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