
La giornata del 25 novembre volge al termine e io vorrei raccontarvi la storia di tre donne.
Barbara è una quarantacinquenne che è stata licenziata cinque anni fa a causa della “crisi”. Non ha più trovato lavoro ed è rimasta ad abitare con l’ex marito, da separati in casa. L’ex marito non è una persona violenta e anzi le è molto amico. Ma Barbara ha tante colleghe che sono disoccupate come lei e dice che una delle loro maggiori preoccupazioni, all’epoca del licenziamento, era il fatto di dover dipendere da mariti e genitori. Tre su 27 si sono separate senza possibilità di mantenersi da sole. Sono tornate a vivere con i genitori e a subire perciò situazioni di grande tensione. In qualche caso sono tornate dagli stessi genitori dai quali erano fuggite molti anni prima. Due su 27, a parte Barbara, sono state costrette a restare in casa con l’ex marito, per il bene dei figli, e dopo qualche tempo hanno confidato che pur volendo andare via non potevano farlo. Perciò la dipendenza economica, spesso, è causa di gravi conseguenze per le vittime di violenza. Tale dato viene trascurato da borghesi e teoriche della violenza da estirpare semplicemente estirpando l’uomo. Cosa certa è che tante di queste signore non hanno bisogno di un lavoro, hanno una casa e percepiscono un reddito. Ecco perché non gliene frega niente di proporre leggi a prevenzione della violenza, di genere, economica e sociale, che parta da una redistribuzione equa del reddito per tutt*. Meglio legittimare, all’insegna dell’emergenzialità, giocando con i numeri della violenza, esagerando, gonfiando, come oggi fa Repubblica contrariamente agli stessi dati diffusi dai Centri Antiviolenza che segnano un – 40 rispetto al dato fasullo del quotidiano online, leggi repressive, securitarie, che sono fedeli alla prassi di uno stato paternalista, di istituzioni patriarcali che esaltano le presunte operazioni di salvataggio a cura di tutori dell’ordine invece che esaltare le scelte autodeterminate delle donne. Più denunce non significa meno violenza. Chi lo afferma dice il falso. Se le donne restano sole e dipendenti dagli ex mariti dai quali, peraltro, continuano a dipendere economicamente (con assegno di mantenimento e varie), la denuncia non è una valida opzione. Prima devono realizzarsi le condizioni affinché le donne possano ricominciare a vivere altrove e poi, solo poi, si chiede alle donne se vogliono denunciare o meno. Ricordo, tra l’altro, che tutto il percorso che le istituzioni al momento seguono, dal percorso rosa negli ospedali all’impossibilità di ritirare la querela, tende a dimostrare che le donne non sono affidabili e che possono perfino essere considerate delle bambine non in grado di intendere e di volere al punto che le istituzioni insistano nel sostituirsi a loro in ogni decisione possibile.
Simona è una sex worker, trans, che normalmente non viene tenuta in considerazione quando si parla di violenza sulle donne. Sarà perché una parte del movimento femminista la considera solo “un travestito” o che, al culmine dell’odio transfobico, decide che quella trans è “un infiltrato che mai potrà chiamarsi donna”. Sarà anche per il fatto che se fa, per libera scelta, la sex worker, viene considerata dalle abolizioniste una sorta di nemic@ dell’umanità. Il fatto è che se ne muore una, di sex worker trans, un po’ si avvalora l’idea che se la sono cercata e un po’ non è permesso alle sex workers di entrare a pieno diritto a far parte delle voci da non escludere nel dibattito sulla violenza sulle donne perché le loro soluzioni non vengono neppure tenute in considerazione. Figuriamoci se le abolizioniste vorranno ascoltare le sex workers quando chiedono la decriminalizzazione del proprio lavoro, così come dice l’Oms, Women UN e perfino Amnesty International. Simona non dimentica le vittime tra le sex workers, colpite soprattutto perché marginalizzate, costrette ad operare al buio, per non pagare le sanzioni securitarie dei sindaci che emanano ordinanze pro/decoro e perché nessun@ può assistere quella sex worker senza essere denunciat@ per favoreggiamento. Delitti e stupri contro le sex workers sono tanti. La responsabilità è di certo in primo luogo di chi non ha consentito loro di poter lavorare alla luce del sole, con uno zoning monitorato e più sicuro, con imprese autogestite nelle quali le une si aiutano con le altre. Con soluzioni regolari che rispettano la scelta di queste donne di emanciparsi dal bisogno o di scegliere di lavorare seguendo la propria idea autodeterminata e null’altro che quella. Simona ha 38 anni e mi spiega come l’Italia sia il luogo in cui spesso lo stigma pesa sulle loro teste per i motivi più disparati, come, ad esempio, per infangare la vita di personaggi politici che comprano servizi sessuali. Italia bacchettona che non perdona un uomo, un cliente, ma ancora meno perdona la sex worker che gli ha venduto servizi sessuali.
Federica è una studentessa, precaria, che è fuggita da una pessima situazione familiare e fa di tutto per non tornare indietro. Federica spiega che la precarietà diffusa non solo viene da tante risolta con lavori che alcune bacchettone giudicherebbero immorali ma spiega anche che la laurea per molte non ha proprio più alcun senso. Tante colleghe si laureano e fanno la fame. Tante per assenza di lavoro e casa occupano spazi e manifestano per le strade per rivendicare i propri diritti. Federica è una di quelle che in una delle varie iniziative di piazza ha preso manganellate dai tutori dell’ordine. Ha preso manganellate per il solo fatto di pronunciare ad alta voce l’assenza di diritti. Le viene in mente che una metafora perfetta potrebbe essere la storia di Cappuccetto Rosso, nella quale il problema può certo essere anche un lupo ma affidare la propria vita al cacciatore è un po’ da sceme. Piuttosto è intelligente affidarla alle compagne e ai compagni di lotta. Vedete: quando Federica ed altre vengono manganellate in piazza la voce delle borghesi “femministe” si spegne, fedeli e ammanicate come sono con le istituzioni e disposte a legittimare leggi che rafforzano dispositivi di potere e controllo delle varie polizie, invece che i diritti delle donne e delle persone tutte. Perciò Federica non crede affatto nelle sorellanze trasversali tra donne borghesi e precarie. C’è differenza di classe, di identità politica, di razza, a volte, e di genere, ma di quel genere che parla di discriminazione delle trans, per l’appunto. Meglio una relazione piena con persone, di qualunque sesso e genere, che urla forte che non abbiamo bisogno del “cacciatore” per essere libere. Possiamo liberarci da sole, grazie alla nostra lotta, senza legittimare le professioniste del vittimismo e le istituzioni patriarcali. Continuando a urlare forte il fatto che di reddito e casa si ha bisogno prima di ogni cosa, perché stufe di essere sfruttate per accreditare il marketing istituzionale e il brand della lotta antiviolenza. A tal proposito uno dei problemi sollevati da Federica è questo: lei veniva regolarmente picchiata da sua madre.
Sono tre storie tra le tante che mi hanno raccontato a proposito di violenza. Tre storie che non vengono riassunte tra i dati illustrati oggi. Tre vite scombinate, difficili, che raccontano di altre, tante, vite difficili, vissute all’insegna dell’autodeterminazione. Queste tre donne, e tutte le persone delle quali parlano, oggi meriterebbero uno spazio più visibile. Perché se non diamo voce a donne che raccontano di violenza senza lasciarsi addomesticare da chi vuole accreditare donne borghesi e di partito, ovvero quelle che parlano in nome delle donne senza che nessuna abbia dato loro diritti di rappresentarle, allora che senso ha questa giornata? Non esiste la sorellanza trasversale per classi, generi, che sono più di due, e razze. E’ violenza la criminalizzazione delle persone migranti, donne incluse. È violenza la criminalizzazione di trans, lesbiche, gay, bisex. È violenza il fatto che si impedisca ad una donna di assumere un contraccettivo d’emergenza o di abortire. È violenza economica e istituzionale quella che compie un governo che decide solo per riciclarsi sempre all’insegna della propria sopravvivenza. È violenza anche silenziare le sex workers, le donne che fanno scelte diverse dalle nostre e gli uomini, si, anche gli uomini che tentano di affermare in senso autodeterminato quel che vogliono essere, o diventare, smarcandosi dallo stigma della colpa che tutto il genere maschile subisce e marciando a fianco, e non in sostituzione, delle donne, le persone transgender, le sex workers, le precarie, i disoccupati, le migranti, le classi deboli e marginalizzate, i/le disabili, affinché siano riconosciuti i diritti di tutt*. C’è tanto dolore diffuso ovunque e a fare la differenza è chi riesce a politicizzarlo, a sostanziarlo, in modo complesso, senza omettere nulla, contraddizioni incluse. Perciò per me questa giornata è puro marketing, buona per mercificare le donne morte, uccise, ferite, perché è sulla loro pelle che ci celebra il banchetto di chi acquisisce consenso politico, posizioni di privilegio e un maggiore guadagno.
Nessun@ può parlare al posto nostro. #IoMiSalvoDaSola, perché non credo a chi dice di volerti salvare, a partire da posizioni di privilegio e di potere, senza volere nulla in cambio. Non ci credo e non dovreste crederci neanche voi.
Con amore
Eretica
Brava!
L’ha ribloggato su Lpelo2000's Blog.
La radice della violenza che ho subito è mia madre. Donna economicamente indipendente (Lavora ma ha anche una cospicua eredità che sa far fruttare) .Sposata con mio padre “Non come te che ti sei separata perché va di moda” . Io che guadagno meno di un terzo del mio ex marito , mia madre sempre pronta a darmi della “mantenuta” (Assegno di mantenimento deciso in modo consensuale con il mio ex marito e mai ricevuto). Mia madre che quando viene picchiata “non è colpa di tuo padre,sono io che ho le ossa fragili , poi dovevo capirlo che non dovevo faro innervosire “. Mia madre che quando mio padre abusava di me ” Ti stai inventando tutto: lo sai vero che tuo padre ha rinunciato a divertirsi per crescerti?E’ così che lo ricambi?” Mia madre che mi dice che sono “bacchettona” perché non ammetto mio padre mi si rivolga con frasi pornografiche ” Sei abbastanza cresciuta no?Ti scandalizzi per così poco?” . Mia madre che mi telefona non so quante volte al giorno,io non rispondo,lei si piomba in casa mia e apre la porta ” Almeno suona il campanello” “Oh!La Signorina è diventata così pudica?” Mia madre che dice che se ho fatto qualcosa di decente nel mio lavoro è stato il non rimanere incinta , che facile farsi ingravidare a spese della ditta.Le sue colleghe invece si son licenziate una volta tornate a lavoro dopo la maternità ” Non come me che ho fatto solo tre settimane a casa in gravidanza”. Io che apprezzo gli sguardi degli uomini ma ne ho paura ” Te la vai a cercare”. Ho cercato di capire chi erano i miei nonni,i miei zii maschi (tutti morti).Ho chiesto a mia madre.La sua risposta : ” Guardi sempre al passato” . Non lo conosco il mio passato… Mia madre , e con lei tante altre donne, “insegna” ad alcun uomini perché non rispettare le donne. E alle donne ad aver paura degli uomini.
grazie cara. :*