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Quando le donne desideravano (far sesso) più degli uomini

12233016_10153779119284525_1012673705_nQuesto è un pezzo di Alyssa Goldstein pubblicato su alternet.org. Pezzo originale QUI e traduzione di Lisa. Buona lettura!

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Quando le donne desideravano più degli uomini

E come si è rovesciato questo stereotipo.

Nel 1600 un uomo di nome James Mattock fu espulso dalla Prima Chiesa di Boston [si tratta di una chiesa puritana]. Il suo crimine? Non si era espresso in modo osceno o irriverente in riferimento al Sabbath né aveva fatto qualunque altra cosa potremmo pensare fosse disapprovata dai Puritani [riguardo a “Sabbath”, pare che i puritani usassero questo termine per imitare gli antichi israeliti]. Piuttosto, James Mattock si rifiutava di avere rapporti sessuali con sua moglie da due anni. Sebbene la comunità di Mattock vedesse chiaramente come impropria la sua auto-deprivazione, è plausibile che quando decise di espellerlo tenesse soprattutto in conto la sofferenza di sua moglie. I Puritani credevano infatti che il desiderio sessuale (nella misura in cui era eterosessuale e delimitato dal matrimonio) fosse una componente normale e naturale della vita umana sia per gli uomini che per le donne, ma che le donne desiderassero maggiormente il sesso rispetto agli uomini e che ne avessero più bisogno. [Secondo i Puritani] un uomo poteva scegliere di rinunciare al sesso relativamente senza troppi problemi, ma per una donna essere deprivata a quel modo sarebbe stato molto più difficile da sopportare.

Tuttavia, oggi, l’idea che gli uomini siano più interessati al sesso rispetto alle donne è talmente pervasiva da sembrare quasi scontata. Secondo l’opinione popolare, che sia a causa dei livelli ormonali o della “natura umana” (maschile), gli uomini hanno bisogno di fare sesso, masturbarsi e guardare porno in un modo che semplicemente non è necessario per le donne (e se una donna lo trova necessario, c’è probabilmente qualcosa di sbagliato in lei). Queste ultime devono essere convinte, persuase, addirittura forzate a farne a meno, perché la prospettiva del sesso non è di per sé attraente, dicono gli stereotipi popolari. Il sesso per le donne è spesso un atto un po’ sgradevole ma necessario che deve essere effettuato per conquistare approvazione, supporto finanziario o per mantenere una relazione stabile. Inoltre le donne, poiché a differenza degli uomini non sono schiave dei propri desideri, hanno la responsabilità di assicurarsi che non ci si “approfitti” di loro.

L’idea che gli uomini siano naturalmente e maggiormente interessati al sesso rispetto alle donne è talmente onnipresente che è difficile immaginare che la gente possa aver mai creduto qualcosa di diverso. Eppure, per la maggior parte della storia occidentale, dall’antica Grecia all’inizio del diciannovesimo secolo, le donne sono state ritenute essere le invasate del sesso della loro epoca. In un mito dell’antica Grecia, Zeus ed Era si chiedono se siano gli uomini o le donne a godere maggiormente del sesso. Chiedono di risolvere la disputa al profeta Tiresia, che Era aveva una volta trasformato in una donna, ed egli risponde: “Se il piacere sessuale fosse diviso in dieci parti, agli uomini andrebbe solo una parte, mentre le altre nove alle donne”. In seguito, le donne furono considerate delle tentatrici che avevano ereditato l’arte dell’inganno da Eva. La loro passione per il sesso era vista come un segno della loro inferiorità morale e intellettuale, e giustificava uno stretto controllo da parte di padri e mariti. Gli uomini, che non erano altrettanto consumati dalla lussuria e che avevano maggiori capacità di auto controllo, rappresentavano il genere più adatto per natura a ricoprire posizioni di influenza e potere.

All’inizio del ventesimo secolo, il fisico e psicologo Havelock Ellis potrebbe essere stato il primo a documentare il nascente cambiamento ideologico. Nel suo lavoro del 1903 Studies of Psychology of Sex, Ellis cita una documentata lista di fonti storiche antiche e moderne che spaziano dall’Europa alla Grecia, dal Medio Oriente alla Cina, le quali sono accomunate da un’idea molto simile circa il maggiore desiderio sessuale delle donne. Nel 1600, per esempio, Francisco Plazzonus desumeva che per le donne difficilmente sarebbe valsa la pena del parto se il piacere che ricavavano dal sesso non fosse stato così tanto più grande di quello degli uomini. Montaigne, osserva Ellis, considerava le donne essere “incomparabilmente più adatte all’amore e più ardenti di quanto non lo siano gli uomini, e che in questo campo ne sanno sempre molto di più di quanto gli uomini avrebbero loro da insegnare, perché ‘si tratta di una disciplina nata nelle loro vene’ ”. L’idea della assenza di pulsioni passionali della donna non aveva ancora completamente preso piede, nell’epoca di Ellis. Un suo contemporaneo, il ginecologo austriano Enoch Einrich Kisch, si spinse fino ad affermare che “L’impulso sessuale è così potente nelle donne che in alcuni periodi delle loro vite la sua forza primitiva domina la loro intera natura”.

Tuttavia i tempi stavano chiaramente cambiando. Nel 1891, H. Fehling cercò di screditare la saggezza popolare: “È un’idea completamente falsa quella secondo cui una giovane donna abbia lo stesso impulso di un giovane uomo nei confronti dell’altro sesso… La comparsa della componente sessuale nell’amore di una giovane donna è patologica”. Nel 1896, Bernhard Windscheid ipotizzava: “Nelle donne normali, soprattutto in quelle delle classi sociali più elevate, l’istinto sessuale è acquisito, non innato; quando è innato o si risveglia spontaneamente, allora c’è anormalità. Poiché non conoscono tale istinto prima del matrimonio, le donne non ne sentono la mancanza se non hanno nella loro vita l’occasione di apprenderlo”.

Che cos’era dunque successo?

Ovviamente, le idee a proposito dei generi e della sessualità non sono le stesse ovunque e in ogni luogo ed epoca ci sono sempre stati dibattiti e opinioni differenti. La storia di come questo stereotipo si capovolse non è semplice da tracciare, né tale capovolgimento si verificò uniformemente o tutto in una volta. La storica Nancy Cott indica come catalizzatore del cambiamento l’ascesa del Protestantesimo Evangelico, quanto meno nel New England. I ministri protestanti le cui congregazioni erano composte in misura sempre maggiore da donne bianche borghesi probabilmente trovarono saggia l’idea di raffigurare le loro congreganti come esseri morali particolarmente adatti a rispondere alla chiamata della religione piuttosto che come seduttrici dall’onore macchiato sul cui destino la cacciata dall’Eden aveva posto un marchio. Le donne accolsero con favore questa loro rappresentazione e collaborarono nel costruirla, in quanto essa poteva costituire per loro una via per raggiungere un livello di uguaglianza con gli uomini, se non la superiorità. Attraverso il gospel, le donne cristiane venivano “elevate al di sopra della natura umana, fino a raggiungere quella angelica”, così infatti vennero rappresentate nel libro del 1809 The Female Friend, or the Duties of Christian Virgins. L’enfasi sulla purezza sessuale nel titolo di questo libro è rivelatrice: per poter essere il nuovo simbolo della devozione religiosa protestante, le donne dovevano sacrificare l’ammissione dei propri desideri sessuali. Sebbene persino i Puritani avevano creduto che, almeno entro i confini del matrimonio, desiderare il piacere sessuale fosse perfettamente accettabile sia per gli uomini che per le donne, le donne potevano ora confessare di desiderare il sesso allo scopo di legarsi ai propri consorti o soddisfare i loro “impulsi materni”. Come riporta Cott, “L’assenza di pulsioni passionali fu l’altro lato della medaglia con il quale si pagò, per così dire, l’ammissione delle donne all’uguaglianza morale”.

Ponendosi come naturalmente caste e virtuose, le donne protestanti potevano perorare la causa della propria parità morale e intellettuale. Esse poterono ritagliarsi uno spazio per partecipare alla vita politica come riformatrici sociali in difesa di cause morali quali la carità nei confronti dei poveri e il proibizionismo [quello dell’alcool]. E in un’epoca in cui gli uomini potevano stuprare legalmente le proprie mogli (un’era che perdurò negli Stati Uniti fino al 1993), la presunta mancanza di pulsioni passionali femminili quanto meno offrì loro una qualche base, per quanto limitata, per astenersi dal sesso indesiderato coi loro mariti. Tuttavia questi benefici erano alla portata solamente di un certo gruppo di donne. Come evidenziano John D’Emilio ed Estelle Freedman, “L’idea della virtù femminile innata, o della mancanza di passione sessuale, si applicò in primis alle donne americane e borghesi; le donne della classe operaia, le migranti e le nere continuarono a essere viste come sessualmente passionali e quindi disponibili al sesso” (ripensate all’affermazione di Windscheid secondo cui le donne, ma soprattutto le donne ricche, sarebbero nate prive per natura di pulsioni sessuali). Le donne bianche borghesi potevano enfatizzare la loro somiglianza agli uomini della stessa razza e classe, e quindi accedere ad alcuni dei loro privilegi, imbracciando un’ideologia che postulava una fondamentale differenza sessuale fra loro e le donne di classe ed etnia differente”.

Tuttavia, proprio perché attraverso la rinuncia alle loro passioni le donne si elevarono al livello degli angeli, finirono per cadere molto più in basso nel momento in cui cedevano ai propri desideri. Come spiegano D’Emilio e Freedman, “In passato, purché si pentisse, la donna che aveva peccato –non diversamente dal trasgressore maschio– poteva essere reintegrata nella comunità. Ora, invece, poiché le donne avevano occupato un piano morale più alto rispetto a quello degli uomini, la loro caduta è diventata talmente tremenda [great] da contaminarle a vita”. Queste “donne cadute” furono escluse dalle loro famiglie e comunità, e spesso dovevano lavorare come prostitute per mantenersi.

Il presunto impulso sessuale delle donne fu un argomento per la loro inferiorità, ma una volta rovesciata tale ipotesi, nessuno sostenne che la sensualità degli uomini fosse un segno della fondamentale irrazionalità che avrebbe dovuto precludere loro l’accesso ad affari e politica. Nel momento in cui cominciò a essere visto come una caratteristica maschile, l’appetito sessuale smise di essere un handicap e assunse una connotazione positiva. A quel punto le donne, essendo prive di passione, presumibilmente mancavano anche di mordente e ambizione al successo. Proprio come il sesso, la sfera pubblica del lavoro era sporca e sgradevole, difficilmente appropriata alla delicatezza e alla sensibilità femminile. Poiché i loro istinti erano materni piuttosto che sessuali, le donne furono viste come più adatte a stare virtuosamente a casa coi bambini. Dal canto loro, le donne nere e quelle povere erano escluse con decisione dal ruolo del fiore delicato, esse erano ancora viste come adatte tanto al lavoro quanto al soddisfare quei bisogni sessuali degli uomini bianchi ormai non adeguati per le loro mogli.

Ma forse la conseguenza di maggiore portata dell’ascesa della donna senza passione fu l’innesco di un più subdolo tipo di sessismo –la cui evidenza noi vediamo in qualsiasi spot che pubblicizzi fast-food o birra nei quali gli uomini vengono ritratti come un branco di ottusi bambini di 5 anni nel corpo di adulti. Le donne sarebbero più sveglie, più responsabili, più premurose e oneste; non come gli uomini, contraddistinti da bassi istinti e appetiti carnali. Poiché gli uomini sono del tutto inadatti nell’aiutare a crescere i loro stessi bambini (poiché essi stessi sono appunto poco più che bambini), quel lavoro deve ricadere sulle donne. Poiché gli uomini sono altrettanto incompetenti nello svolgere i mestieri di casa, dovranno svolgerli le loro mogli, distaccate ed equilibrate. Poiché gli uomini sono incapaci di contenersi, le donne devono tenere lunghe le loro gonne, star lontane dall’alcool, astenersi dal flirtare. Per le donne, il disastro di apparire prive di passione si definisce quando, nella cultura morale, esse sono diventate le sole responsabili nel caso in cui vengano stuprate. “La purezza delle donne è l’eterno scoglio contro il quale si sollevano le maree della natura sensuale dell’uomo”, scrive un riformatore del diciannovesimo secolo, e questa attitudine persiste tutt’oggi.

Anche quando i ruoli di genere cambiano, il sessismo ha una considerevole capacità di adattamento –e l’amnesia storica rende possibile tale abilità. L’associazione di uomini e lussuria è un artefatto dei tempi recenti tanto quanto lo è l’associazione della ragazze col rosa e dei ragazzi col blu (meno di 100 anni fa, questo codice dei colori secondo il genere era altrettanto invertito). Nonostante tutti questi mutamenti, alcune cose sono rimaste sospettosamente le stesse. Quando le donne erano esseri sessuali, il posto per loro più appropriato era comunque nelle case come madri e badanti. Non è divertente? I ruoli di genere guadagnano il loro potere dal fatto che appaiono naturali ed eterni. Guardando al passato, noi possiamo scostare il velo e vedere queste categorie per quello che sono –fatte dalle persone e pronte a essere cambiate dalle persone.

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10 pensieri su “Quando le donne desideravano (far sesso) più degli uomini”

  1. “Ponendosi come naturalmente caste e virtuose, le donne protestanti potevano perorare la causa della propria parità morale e intellettuale. Esse poterono ritagliarsi uno spazio per partecipare alla vita politica come riformatrici sociali in difesa di cause morali quali la carità nei confronti dei poveri e il proibizionismo…” Mmmmm…. ma solo a me ricorda qualcosa dell’oggi?

  2. Come uomo debbo ammettere che ho sempre ricavato un certo empowerment psicologico da certe pseudo femministe che mi definiscono come una bestia lussuriosa con una libido tipo dieci volte più elevata di quella della donna media, che sarebbe sempre e solo interessata a relazioni “serie” e durature. Opportunamente sfruttate ed affiancate da opportuni commenti, certe dichiarazioni potrebbero persino venire utilizzate come cura per l’impotenza di origine psicologica 🙂 il vero problema, semmai, è che nuocciono gravemente a tutte le donne (specie le ragazze più giovani e ancora incerte) che vorrebbero esprimere serenamente i loro impulsi sessuali.
    Basti leggere qui
    http://www.capx.co/why-we-dont-need-a-male-suffrage-movement/
    Secondo questa signora gli uomini hanno beneficiato della liberazione sessuale femminile, e pertanto il welfare dovrebbe concentrarsi sulle donne anziché sugli uomini poveri.
    L’assunto implicito è che il sesso sia qualcosa che piace molto di più alle donne che agli uomini, e pertanto le donne, la cui sessualità è a beneficio degli uomini più che a beneficio di se stesse, dovrebbero essere compensate per la “beneficenza” che fanno agli uomini facendo sesso con loro. Questa roba sessista ha molteplici effetti negativi sulle donne, se accettata:
    1) fa sentire quantomeno “diverse” le donne alle quali piace il sesso.
    2) trasmette a chi legge l’idea che per le donne il sesso è un mezzo per raggiungere secondi fini, e mai qualcosa che a loro piace.
    3) cancella le lesbiche e le bisessuali dall’equazione: seguendo il ragionamento della Bateman le lesbiche non dovrebbero essere aiutate dal welfare perché non danno sesso agli uomini.
    4) autorizza moralmente gli uomini che leggono a non preoccuparsi affatto del piacere femminile: la Bateman dice che alle donne il sesso interessa assai meno che agì uomini, che è qualcosa fatto per secondi fini, che le donne dovrebbero essere compensate per la loro disponibilità sessuale. Su tali premesse, chi mai si preoccuperebbe del piacere femminile?

  3. L’ha ribloggato su Mondo Nudoe ha commentato:
    Spesso diamo per scontati alcuni concetti, determinati atteggiamenti, certi modi di vedere le cose e ci giustifichiamo con affermazioni che tirano il ballo la cultura. Beh, ecco un interessantissimo articolo che dimostra palesemente quanto tutto ciò sia (sempre) sbagliato, (sempre) determinato da un’ignoranza (o comoda dimenticanza) della storia, di quella vera.

  4. Molto malposta come riflessione.
    Addirittura trovate maschilista la pubblicitá con l’uomo imbranato, che sarebbe per voi un subdolo modo di lasciare i lavori di casa alla donna (!).
    Noi tradizionalisti veramente intendiamo qualcosa di più profondo per “ruoli naturali ed eterni”: intendiamo il Tao, il Lingam/Yoni, intendiamo la Mitologia più varia e siamo ben consapevoli di Boccaccio, di Tiresia e dei Kinsey di turno. Le donne hanno un naturale e sano desiderio sessuale, non più o meno di noi, solo diversamente disposto, fatto diversamente come lo siamo in tutto.
    E questo serenamente lo dice la Tradizione, e la Natura, che poi attraverso varie culture (anche con paradossi e sfumature antropologiche varie) si esprime diversamente ma sempre con certi fili conduttori e certe dinamiche archetipiche.
    Quindi la Tradizione è saggia e completa, e il progressismo riduzionista ed ottuso.

  5. “I Puritani credevano infatti che il desiderio sessuale (nella misura in cui era eterosessuale e delimitato dal matrimonio) fosse una componente normale e naturale della vita umana sia per gli uomini che per le donne, ma che le donne desiderassero maggiormente il sesso rispetto agli uomini e che ne avessero più bisogno”. Questa mi è proprio nuova, nel linguaggio comune il puritanesimo è proprio ciò è piu lontano dai rapporti. Forse si intende per i maschi. Si parla sempre di loro, oh insomma, maschilisti! 😀

  6. Interessante anche come, sono le donne a venire stigmatizzate perchè il loro desiderio è eccessivo e non possono occupare posti nella società perchè prese da questi raptus sessuomaniaci; diventano delle fanciulle misurate per essere integrate. Poi l’uomo, una volta al potere, diventa lui la persona infervorata di sesso dalla mattina alla sera, e si appropria del costume sociale lasciatogli dalla donna, ormai vedova/zitella, che gli lascia in dote anche il piacere – per lei solamente saggi letti davanti al camino. Ma lui non viene stigmatizzato anzi! Prende potere sessuale e sociale? Finisce poi l’ultima modifica: la sua trasformazione in bambino svogliato, un pò tonto, sbadato, distratto. Ma che può avere la parola di lamentarsi, anche se la donna-governante deve stargli dietro, riparare ai suoi sbagli, non concedersi flirt ma essere lì ad accudirlo. E’ terminata la trasformazione nel grande sogno edipico dell’ex-infante: si è incarnato in un adulto ma resta sostanzialmente in fasce. Ma ha dalla sua, la possibilità di possedere la sua ragazza-madre (prima impossibile) in un rapporto esclusivo dove è sempre figlio, un po discolo ma sempre attaccato alla poppata che viene in aiuto. Si può disfare della madre quando desidera diletto, ogni donna è preda potenziale. Non ha concorrenti, perchè in fondo ci prova con tutte, viene scusato quando e se scoperto, mentre la donna viene punita (la donna verrebbe subito attaccata in quanto madre e grembo materno – deve accudire un solo bimbo-marito per volta). La figura del padre è sia idealizzata sia molto distante, irraggiungibile: l’insieme di inerzia unita alla vicinanza della tetta-mammella-aiuto-cucina fa si che si riveli un utopia irraggiungibile – archetipo paterno inteso come indipendenza.

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