Antiautoritarismo, Antirazzismo, Comunicazione, R-Esistenze, Violenza

Il bambino siriano

Ho letto commenti, impressioni, una retorica pietosa da parte di chi fino a ieri diceva peste e corna sui rifugiati. Sono così bravi a fregarsene di quello che succede nel mondo e dei motivi che spingono la gente a fuggire da case, città, nazioni. E l’Europa invece che fa? Semplicemente vive di negoziazioni. Due vite al posto di una o mezza vita invece che tre. Io non li voglio e te li prendi te. L’immigrato nemico, il rifugiato che non merita pietà e neppure una foto del genere fa cessare il rumore di tanti razzisti che trovano tutte le scuse per recitare il motto “prima gli italiani”.

La foto del bambino siriano, pubblicata da vari quotidiani, diventa pornomostruosità per pornoindignazione. E’ pornografia emotiva, che tocca molle irrazionali e neppure in questo caso, comunque, i razzisti fanno un passo indietro. Discutono semmai sull’eventualità di farci toccare da una vicenda così terribile che può diventare il pretesto per fare entrare in Europa gente cattiva. D’altronde fa parte della propaganda razzista l’altro slogan di origine israeliano “mettono i bambini a difesa dal fuoco”. E dunque perché commuoversi per gente che manda a morire i piccoli per salvare i grandi?

Ma quando i bimbi scappano dalle guerre, assieme ai loro genitori o affidati ad altri adulti perché i genitori così riservano per loro un futuro migliore, attraversano terra e mare. Talvolta sopravvivono e li vedi sbarcare sulle coste, piccoli piccoli, che sembrano sparire sotto la coperta che cerca di infondergli calore. Talvolta muoiono durante il viaggio e c’è chi li butta in mare. Talvolta la barca non va bene e annegano in tanti, così anche i bambini. E tutto ciò succede perché queste persone sono respinte ai confini con questo mondo che viene definito civile e che in realtà è mostruoso per l’orribile atteggiamento e per le orribili scelte politiche fatte contro l’ingresso degli immigrati, rifugiati in testa.

Se non possono viaggiare in aereo o in treno dovranno andare per mare, clandestinamente, e quest’industria di morte, che mai genera indignazione, diventa pietosa, talvolta, alla vista del corpo di un bambino che viene mercificato dai media che guadagnano in accessi online e vendite o da chi tenta di sommare un like in più mercificando la vita di quel bambino.

In altri tempi era diverso. La foto della bambina vietnamita era una notizia. Andava fatta e pubblicata. Bisognava fare vedere al mondo quello che succedeva laggiù. Ma oggi, che è il tempo in cui le guerre sono spettacolo, come uno scontro in piazza tra manifestanti e polizia, come qualunque situazione in cui c’è un filo di sangue, la foto di questo bambino non è più una notizia. La vera notizia sta a monte. Perché degli altri bambini che non hanno toccato terra non si occupa nessuno? Perché le donne, gli uomini, che da anni muoiono cercando di superare la barriera d’Europa, non interessano a nessuno?

La vera notizia è il fatto che è troppo comodo pubblicare una foto che fomenta la cultura nazional/popolare, per vendere di più, quando in realtà quel bambino, fino a ieri, non riceveva alcuna attenzione dai media e dall’Europa. Il bambino di una foto fatta oggi non è come la bambina della foto in Vietnam. Per quanto io capisca chi sceglie consapevolmente di pubblicarla, di renderla nota perché le mostruosità, le stragi in Palestina, i corpi della gente uccisa nei campi di concentramento. I cadaveri delle persone che hanno combattuto e resistito. Le foto dei bambini uccisi dai bombardamenti in Iraq o in Afghanistan. E ci metto anche i corpi massacrati dalla polizia a Genova durante il G8, il corpo di Carlo Giuliani o quello di Federico Aldrovandi. Persone che è preferibile ricordare con foto che le ritraggono in vita. Tutte queste mostruosità dovrebbero essere considerate una notizia e non un’occasione per vendere di più. Sono diventate invece scene frequentissime al punto che non ci si fa più caso.

A Genova, durante il G8, non ci si penso due volte. Bisognava mostrare quelle immagini al mondo. Tutti dovevano sapere. Così pensate quanto è temibile l’informazione indipendente. Il potere di chi con un solo telefonino può ritrarre una scena in cui un tutore dell’ordine, un rappresentante delle istituzioni, fa del male a qualcuno. E’ un potere così grande che in Spagna hanno fatto una legge apposta che punisce ogni persona che pubblica una foto in cui è ritratto un poliziotto, auto della polizia, qualunque immagine di questo tipo. Così ha fatto la Turchia di Erdogan.

Dunque: certe immagini vanno veicolate o no? Bisognava fare un film su quello che è successo alla Diaz nel 2001? Bisogna mostrare la foto dei cadaveri che galleggiano nel mar mediterraneo. Bisogna mostrare la foto di un bambino siriano, morto, finito a riva in una terra sconosciuta? Ditemi. Voi. Cosa pensate sia giusto fare?

napalm_kim_phuc

8 pensieri su “Il bambino siriano”

  1. Per me la foto del bambino annegato resta un messaggio forte che vale la pena di inviare, un pugno nello stomaco che vale la pena di darci per aprire gli occhi su quanto sta accadendo. Diversa e’ la questione degli usi diversi che ogni “pubblicante” ne puo’ fare, diversa ancora la questione della retorica che, inevitabilmente, si costruisce attorno a quell’immagine. Capisco che puo’ far pensare a spettacolarizzazioni innecessarie e voyeurismo, pero’ ti chiedo: e se non si fosse mai pubblicata quella foto? sarebbe stato meglio? Per me no. Se non ci fossero state foto e filmati sui campi di sterminio nazisti molti di noi oggi direbbero che non sono mai esistiti. Molti di piu’ di coloro che, anche in presenza di foto e filmati, effettivamente oggi li negano. Penso che la foto del bambino potra’ fare aprire gli occhi a molti, a dispetto di tanta spazzatura che a partire da quella foto si sta producendo.

  2. C’è un’idea sgradevole che mi ronza in testa da questa mattina, e spero tanto che qualcuno qui mi dimostri che è sbagliata. È che questo cadaverino ha fatto tanto scalpore perché sembra quello di un bambino occidentale. Qui, a mio parere, non c’entra la denuncia giornalistica, magari cruda ma sacrosanta documentazione dei fatti: al contrario questa mi sembra vera e propria pornografia emotiva, concepita esclusivamente a scopo di lucro, anni luce lontana da quella della bambina vietnamita.

  3. Un conto è la pubblicazione da parte dei giornali o delle tv, ben altro è la pubblicazione sulla pagina facebook di un tizio qualsiasi, come me. Io ho pubblicato quella foto, e di certo i miei intenti non erano quelli di speculazione o di guadagnarci sopra o di ipocrisia. Ho la coscienza pulita, e non accetto mistificazioni o accostamenti con quelle che possono essere le intenzioni della politica o dei mass media.

  4. A me sinceramente ciò che più fa incazzare è che si discute della foto e non del fatto che c’è gente disperata che fugge.Poi si sa, c’è chi per anni parla di queste cose e la gente fa finta di nulla.Sinistrorsi sono gli insulti comuni. Poi come per magia di colpo tutti a far finta di essere dispiaciuti. Un po’ come quando Hitler deportava e tutti erano silenti o complici oggi il mondo è ugualmente complice ed indifferente di fronte a tanti popoli i cui destini sono legati a filo doppio agli interessi di chi esporta caos e guerre. Questo mondo fa schifo e questa gente che sta li a indignarsi per una foto e se ne frega dei drammi di chi non ha nulla da perdere fa ancora più schifo. E quando sento moltitudini di persone indignarsi perché regaliamo 35€ beh…a questi vorrei infilare su per il culo un po’ di quei missili che così poco costano e di cui l’Occidente ha gli arsenali pieni.

  5. Io pure l’ho pubblicata sul mio profilo Fb perché ritengo sia importante vedere con gli occhi ció che la coscienza si rifiuta di vedere. Per me non é oscena la foto ma il suo contenuto, il suo significato più profondo. La discussione spesso verte sul fatto che é facile lavarsi la coscienza in un click senza fare nulla di pratico. Per me anche questo é un atto pratico di utilizzo dei media come strumento di lotta, non é il solo, ma non mi sento di essere processato perché non dichiaro sul mio profilo l’elenco delle manifestazioni a cui vado, dei profughi che conosco o meno, se sono mai stata in un centro di accoglienza e di quali e quanti strumenti uso per contrastare il fenomeno del razzismo, non mi interessa cadere in queste logiche meschine. La foto é sul mio profilo per dire che non accetto le politiche scellerate dei governi che causano tutto questo, per dire che abbiamo perso l’umanità se continuiamo a usare logiche razziste anche di fronte ad uno scempio del genere e perché non si può fare più che l’occhio non vede così il cuore non duole ….e mi auguro che qualcun’altro come me, avendo il coraggio di guardarla quella foto, ne rimanga così colpito da avere un gran pugno nello stomaco e si faccia anche un bel pianto e poi dica NO…tutto questo non deve più succedere!

    1. Per me non é oscena la foto ma il suo contenuto.
      Del tutto e completamente d’accordo.
      Analogo a quanto anche io avevo scritto:
      È la realtà che deve suscitare scandalo, non la sua rappresentazione.
      Mi fanno ridere quelli che discutono sull’opportunità di pubblicarla o no.
      Discutiamo invece delle politiche di accoglienza dei profughi. E, perché no?, anche degli immigrati.
      O discutiamo sul concetto di Europa. Che senso ha dichiaraci tutti europei se ci comportiamo in modi così palesemente diversi?

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