di Inchiostro
Metto musica di merda a tutto volume.
Accendo una sigaretta.
Ho un mal di testa lancinante, ma mi rifiuto di prendere degli analgesici.
Mi dico, piuttosto, che dovrei seriamente considerare il fatto di bere meno.
Alcune persone non ragionano, a mio parere, prima di sparare le loro sentenze.
Le persone, alcune persone, non chiedono mai perché?
Sparano semplicemente la loro sentenza, con la convinzione d’avere ragione in modo assoluto.
Eh, l’ho pensato io, è così da sempre, non può che essere così.
Estinguere le carceri, viene letto.
E poi come facciamo a correggere gli eversivi? Viene domandato.
E’ un pensiero comune a molti, trasversale, che non c’entra nulla col credo politico: quello, cioè, che la repressione sia necessaria.
Però, a ben pensarci, la repressione è considerata necessaria perché esistono alcuni fatti sociali che minano l’equilibrio della società. Che siano terroristi, assassini, ladri, stupratori. Sono tutti agenti eversivi.
Però non esiste la predeterminazione, per l’essere umano, e quindi ci sarebbe da chiedere come mai si vengono a creare questi agenti. Ché uno non è che nasce terrorista, o assassino, o ladro. Lo diventa.
Da chi vengono prodotti, quindi, questi criminali?
Io non riesco – davvero non ci riesco – a comprendere come mai si cerchi sempre di arginare le cause, e non si analizzino mai gli effetti.
Tutto quello che avviene in società è prodotto da quest’ultima. Non esiste Satana – che peraltro significa illuminato, e non vedo come una cosa illuminata possa traviare le persone – comunque, non esiste Satana che instilla il male nell’uomo. Tutto quello che un uomo pensa è un prodotto della società in cui vive, del contesto in cui è inserito.
Quindi le carceri esistono perché la società produce soggetti che poi hanno bisogno d’essere allontanati dal contesto globale, perché inadatti alla vita collettiva.
Quindi la domanda, a mio avviso, non è come facciamo senza le carceri? ma, anzi, come possiamo fare affinché le carceri non esistano più?
Che, poi, vogliamo parlare della così definita rieducazione?
Se fosse veramente una rieducazione, un io ti rieduco e ti perdono e poi ti permetto di rientrare in società, non esisterebbe la fedina penale. Non saresti perseguitato a vita per i crimini che hai commesso.
Sennò non si rieduca proprio nessuno, e il motivo è semplice: se sono perseguitato dal fatto d’aver commesso un crimine, chi mai vorrebbe assumermi? Avrò il doppio delle difficoltà delle altre persone a trovare un lavoro, e qual è l’unica cosa che so di saper fare bene?
Quindi è un cane che si morde la coda. Finisci in carcere per essere corretto e ne esci che sei bollato come ex-criminale e questa cosa ti impedisce di inserirti a pieno nella società.
Anche perché a cosa serve continuare a punire una persona che ha già pagato, passando anni della sua vita in un loculo tre per tre, con altre venti persone e una padella di metallo per cagare?
Non è un bel posto il carcere.
Non è un luogo felice.
E non è affatto un luogo di rieducazione.
Credo che il carcere sia l’esempio perfetto dell’uomo, che si considera giustissimo e umanissimo, che si dimostra insensibile e malvagio con chi non reputa degno d’essere suo pari.
Il carcere è l’esempio perfetto del pensiero progressista e tollerante che reputa necessari alcuni mezzi, per garantire la pace di tutti.
D’altronde è il nome del bene comune che vengono da sempre commesse le cose più atroci.
E una cosa sacrosanta e vera è che la repressione reprime, di certo non rieduca.
La repressione fa sì che un individuo si allontani ancora di più dal contesto sociale.
Se mi picchi, se mi tratti da animale, io in qualche modo rifiuto ciò che tu rappresenti, mi distacco ancora di più dal contesto sociale, divento ancora più borderline.
Ma io sono uno che beve troppo e che ha spesso mal di testa lancinanti, non mi aspetto che queste righe siano considerate intelligenti.
Sono qui, penso.
Soprattutto al fatto che, ogni tanto, vengo colto anch’io da pigrizia mentale e mi do le risposte senza essermi posto le domande. E mi odio per questo.
Perché una cosa vera è che non conta che risposte ti dai, conta quale numero di domande ti sei posto per arrivare a quelle risposte. Senza indagine, ogni sentenza è fallace.
E poi, beh, ci sono un sacco di altre cose cui penso, chiuse dentro una canzone di merda.
Lo stato sociale “La felicità non è una truffa”
- Lui è Inchiostro. Potete trovare i suoi post nella categoria L’Inchiostrato. QUI la sua biografia.
Sulle cause scatenanti dei comportamenti devianti non si è fatta ancora luce; c’è comunque chi propende per cause anche di tipo organico, prendendo ad esempio numerosi casi di serial-killer, maniaci ecc. che hanno subito traumi cranici prima di iniziare la propria “carriera” criminale…
Per non parlare della genetica, che pure sembra abbia un ruolo rilevante in questo senso!!
Sicuramente è stata rilevata una certa predisposizione familiare; senza voler negare la responsabilità individuale, si dovrebbe quindi cercare di fornire supporto particolare ai giovani in condizioni domestiche aberranti…
Sì, ho sbagliato termine, perché comportamento deviante può essere sia il ladro che il serial-killer.
Ovviamente il mio discorso è più rivolto ai borderline prodotti esclusivamente dalla società e non da traumi personali o emotivi.
Ad esempio con un killer-seriale il costrutto va un po’ in crisi, perché non è detto che sia solo la società ad aver causato i traumi che lo hanno portato a diventare quel che è diventato.
Però tirare in ballo la genetica, ragazzi, mi sembra eccessivo.
Uno nasce geneticamente serial-killer?
Oppure è tutto il suo vissuto, tutto quello che esperisce durante la sua vita, quindi quello che subisce e reperisce dalla società a creare le sue idee, che sono poi le impressioni che abbiamo del mondo?
Grazie per la precisazione!
Senza voler aderire all’idea di un determinismo genetico senza appello, non credo sia però sbagliato tenere in conto potenziali cause organiche: alle quali, giustamente, vanno ad aggiungersi input dovuti al contesto socio-economico.
Non sono d’accordo.
Nel senso che é tutto giusto ciò che dici, ma é irrealistico.
É come se si parlasse del “c’era una volta…e poi vissero tutti felici e contenti!”.
Bellissimo e giustissimo, ma non é reale. Perlomeno, non lo é quasi mai.
Il carcere é finalizzato alla rieducazione…ed é vero, non ci riesce.
Io credo che non ci riesca perche esistono persone come me.
Mi dispiace, ma é così.
Se questo commento e il prossimo saranno pubblicati, potrai leggere anche perché la penso così.
(Divido il mio pensiero in commenti diversi perché ho letto che per Eretica stare dietro a commenti troppo lunghi é difficile).
grazie cara. è così. non riesco a leggere commenti troppo lunghi e devono attendere di più per la moderazione.
Purtroppo però spesso non riesco a contenermi. Inizio a scrivere e non la finisco più, infatti più in là mica che ho esagerato.
Magari la prossima volta ti scrivo direttamente io una mia testimonianza, così non ti intaso i commenti 🙂
grazie 😀
:*
Il carcere è finalizzato alla rieducazione. È vero.
Purtroppo peró non credo che una rieducazione sia sempre possibile.
Purtroppo, e so che sembrerà orribile a dirsi, alcune persone sono marce dentro, e se una persona è marcia non può essere aiutata. Può essere solo negativa.
Ipotizziamo varie situazioni.
Un ladruncolo di strada. Un ragazzo, o un uomo, che ruba le borse alle vecchiette, che entra nei negozi degli onesti lavoratori, che entra in case dove ci sono anche bimbi piccoli.
Ecco. Un individuo del genere è un ladro, ma perché è un ladro? È un ladro perché si diverte? È un ladro perché gli fa comodo? Non credo.
È un ladro perché rubare è l’unico modo che conosce per sopravvivere.
È un ladro perché tornare tutti i giorni a casa e sentire i tuoi figli che piangono perché hanno fame o freddo e non poter fare niente ti distrugge dentro. E a quel punto della legalità non te ne frega più niente.
E a tutte quelle persone che, sedute loro comode poltrone, ora penseranno “io non lo farei mai nemmeno se stessi morendo di fame” propongo di mangiare per una intera settimana solo pane secco e acqua sporca. Secondo me, se non hai passato almeno una notte della tua vita senza riuscire a dormire per il troppo freddo o per la troppa fame, non hai il diritto di sminuire il problema della povertà.
Quando hai fame, hai solo fame. Non c’è spazio per il resto, nemmeno per i valori e l’onesta. La fame ti divora il cervello. Dopo un po’ non c’è più spazio nemmeno per l’amore.
Uccideresti un bimbo di 5 anni per un pezzetto di pane.
È orribile, ma è la realtà per molta, troppa, gente.
Una rieducazione con queste persone è assolutamente inutile.
Questa persone hanno bisogno di una possibilità!! Hanno bisogno della possibilità di guadagnarsi da mangiare, o usciti dal carcere avranno di nuovo fame, e sarà stato tutto inutile.
Altra possibilità:
Pensiamo ad un drogato. La droga è un mostro che ti possiede inevitabilmente.
Tu pensi di possedere la droga, in realtà è la droga che possiede te.
Quando ci sei troppo dentro, faresti di tutto per un dose. Letteralmente di tutto. Non è questione di cattiveria. Semplicemente, non sei più tu che decidi, è la droga che decide per te.
Il drogato in questione però non ha i soldi per comprare la dose di cui ha bisogno, così scende a patti. Arriva a fare cose che una persona sana non farebbe mai. Nemmeno lui le farebbe se fosse sano, ma non è sano, è un drogato. È schiavo di una malattia che pensa al posto suo.
Una persona con un problema del genere non ha bisogno di essere rieducato, ha bisogno di essere disintossicato.
E poi, ha bisogno di un aiuto psicologico, perché non ci ricaschi più, perché non arrivi più a pensare di poter essere felice sono quando è strafatto!!
Dopo anni di carcere forse si sarà disintossicato, ma sarà ancora più infelice di prima. Difficilmente non ci ricascherà alla prima occasione.
Col tuo discorso hai praticamente dimostrato quello che sostengo, se ho ben capito cosa hai scritto.
E cioè che è la società che produce i propri soggetti borderline.
Affinché smettano di esistere questi soggetti borderline, è necessario cambiare la società.
Come facciamo?
Facendoci un sacco di domande, sempre diverse e mai le stesse.
Più risposte si hanno, più possibilità ci sono di arrivare a una soluzione.
Infatti per la maggior parte dei casi sono d’accordo con te.
Non per tutti però. Il mio discorso continua in altri due commenti, ma purtroppo mi sono dilungata un po’ troppo e finché Eretica non avrà il tempo di leggerli non verranno giustamente pubblicati.
Insomma, fino ad ora sono d’accordo con te, ma il mio discorso non é completo.
Per semplificare la cosa però ti dico fin da subito che ci sono dei casi in cui considero il delinquente non giustificabile dalla società esterna e dai problemi che può avere vissuto in vita.
Capisco un povero, un drogato, anche e perfino un pedofilo e un assassino in certi casi.
Ci sono altre cose che invece non credo che possano far parte della natura umana.
Uno stupratore non é un essere umano. Un acidificatore nemmeno.
Niente nella vita può indurti a sentirti obbligato a una simile azione. Se commetti un atto del genere é perché sei storto dentro.
Perché sei marcio. Un non umano.
Certo, il tuo discorso é comunque esatto, nel senso che il carcere non potrà guarire queste persone. Sempre marce resteranno e una volta uscite torneranno a fare ciò che facevano prima.
Il carcere però ha almeno il merito di tenerli lontani dalle persone vere, quelle che, pur commendo sbagli, non commetterebbero mai atrocità.
Forse il problema si risolverebbe modificando l’idea del carcere.
Non come redenzione e cura, per quello ci sono molte altre strutture più idonee.
Il carcere invece dovrebbe essere inteso come luogo di detenzione per gli individui dannosi per gli altri. Dannosi perché vogliono deliberatamente nuocere, non perché sono costretti dalle intemperie della vita.
Allora nelle carceri ci sarebbero molte meno persone, ma sicuramente ci starebbe chi davvero ci deve stare, per buona pace di chi potrà camminare tranquillamente per strada senza il timore di venire stuprato o sfigurato.
Potrei empiricamente (ma dichiaro da subito che non lo farò, neanche se me lo chiedi, per partito preso) dimostrarti come sia la cultura, la struttura a indurre l’individuo ad utilizzare lo stupro, in alcuni casi, come atto punitivo e, in altri, come atto di dominazione.
Io non accetto la disumanizzazione in nessun caso. Anzi, la trovo proprio sbagliata.
Il demonio non esiste, sono persone normali, come tutti, che piaccia o meno.
E le azioni che compiono sono frutto di un vissuto, vissuto che porta a convinzioni, impressioni della realtà e simili.
Non accetto che si usi il termine “non umano”. Lo ritengo profondamente sbagliato e controproducente. Hanno provato a farlo anche col nazismo, dicendo che i nazisti erano mostri. Hannah Arendt ci ha dimostrato che non erano mostri, ma persone normali, eccellenti padri di famiglia.
Non è rendendo “altro” un problema, che un problema si risolve.
Poi, perdonami, ma comprendi un pedofilo e non uno stupratore? Anche il pedofilo commette atto di stupro.
Che poi non è questione di comprendere. Non bisogna personalizzare i fatti, bisogna analizzarli, per cercare una soluzione.
Non è eliminando gli stupratori che elimini lo stupro. Il concetto di stupro come mezzo per affermare il proprio potere sugli altri continuerà ad esistere.
E’ necessario cambiare la società, i suoi costrutti, le sue dinamiche.
Esempio che casca a puntino anche con le carceri: non è incarcerando i delinquenti che elimini la delinquenza. E’ cambiando i rapporti sociali, la società e i suoi costrutti.
Detto questo rispetto il tuo parere. Ma sappi che non sono affatto d’accordo.
Per niente, oserei dire.
Il discorso è molto semplice: tu attribuisci tutte le cause del crimine alla struttura sociale. La struttura sociale è una concausa, che certamente dovrebbe essere tenuta più in conto soprattutto nella prevenzione. Ma negare che esistano altri fattori che non c’entrano con la struttura è determinismo. Ok, sarà determinismo sociale e non biologico, ma che differenza fa? E’ comunque un approccio parziale e non olistico.
Io penso che alcune persone – alcuni mafiosi, alcuni serial killer, alcuni sadici, alcuni dittatori, alcuni presidenti degli US – non siano “recuperabili”, e che non delinquono a causa della struttura sociale ma per controllarla, dominarla, prevaricare i più deboli che ne fanno parte e opprimerli per il proprio tornaconto. Le forze sociali possono aver contribuito a formarli, ed è giusto interrogarsi su esse, ma a parità di forze sociali, alcuni diventano predatori. Predatori non significa che non siano umani, significa che non hanno sviluppato psicologicamente le abilità relazionali primarie necessarie (empatia) per capire perché non si debba opprimere. L’empatia generalmente non si impara a scuola, è una questione di relazione con i caregiver primari, nei primissimi anni di vita. Certo, mi dirai, se un mafioso cresce in una cultura mafiosa, grazie alla cippa che esce così. Infatti, lo psicologico, il sociale e l’etico non sono scindibili, ma la complessità non può diventare un alibi per non prendere posizioni.
Io, personalmente, se devo scegliere tra dare la serenità agli oppressi e dare il beneficio del dubbio agli oppressori in nome della sociologia e della complessità, scelgo la prima. Essendomi laureata in antropologia, da brava relativista, sono stata di questa scuola decostruzionista del relativizzare il “predatore” per tanto tempo, anche nella vita personale, e quando poi ho visto i risultati agghiaccianti, ho cambiato un pò prospettiva su tutto. L’Anarchia può esistere solo tra individui Etici che si sanno autoregolamentare senza sovradeterminare. Con uno che ti sovradetermina sciogliendoti la faccia, hai poco da discutere di una società senza carceri. Saluti.
Ok, mentre aspettiamo che la società sia cambiata, e accettiamo come verità rivelata e dogma incontestabile che in una società diversa viviamo tutti in pace e armonia (cosa che secondo me è un’assurdità, ma passiamo oltre) che cosa ne facciamo di Stevanin e simili?
Ho mai detto che i criminali, in questa società, devono essere lasciati liberi?
Concordo in pieno: bisogna agire sulle cause, una semplice “terapia sintomatica” serve a poco.
La società non produce soggetti tout court, contribuisce a produrli. I soggetti, che poi siamo tu e io e tutti gli altri, si producono anche da soli, facendo le proprie scelte. Però facciamocele, tutte quelle domande che dici. Facciamocele davvero, scomode e impopolari che siano. E stiamo anche bene attenti alle risposte, che contano, Inchiostro, altroché se contano!
Le scelte sono sempre, in qualche modo, sovradeterminate. Poi, certo, ognuno prende le sue. Ma è comunque un prendere decisioni riguardo le possibilità reali che si hanno, o quelle che si crede di avere.
Sulle risposte sono ovviamente d’accordo. Sono importanti. Però si si risponde sempre e solo a una domanda, e il problema non si risolve, forse più che risposte servono altre domande.
“Però non esiste la predeterminazione, per l’essere umano”
Questo è uno dei problemi che vedo nel tuo discorso, che immagino derivi dal pensiero sociologico, leggendo i tuoi scritti. Ecco, non funziona così. La natura c’è e pone delle predeterminazioni che interagiscono poi in vari modi con l’ambiente.
Poi ti puoi pure chiedere con quale tipo di società si avrebbero comportamenti migliori secondo la nostra ottica, ma questo ti dimostra proprio che abbiamo vari modi di comportarci, tra cui il perseguire il proprio interesse a danno degli altri. Se non ci fosse questa predeterminazione la società non avrebbe alcun effetto sui comportamenti.
Negli ultimi anni stanno uscendo sempre più lavori che mettono in discussione il senso del carcere, ma ancora non ho letto risposte esaustive sul punto della repressione. Coloro che fanno del male agli altri non vanno fermati? Possiamo anche concordare sull’idea che il carcere non rieduchi, ma il carcere non serve solo a quello, serve anche a rendere inoffensive persone che fuori lo sarebbero, e che sia il prodotto o meno della società, e non sempre lo è, il pericolo rimane.
In che modo la natura porrebbe delle predeterminazioni che interagiscono poi in vari modi con l’ambiente?
Anche la teoria del sangue sostiene questa cosa, faccio notare.
Io mi rifaccio alla concezione dell’uomo che Arnold Gehlen aveva come “animale aperto”.
Gehlen dice, a ragione a parer mio, che l’uomo è l’unico animale, in natura, che nasce senza caratteristiche peculiari, ma le affina poi crescendo.
Tolti i fuori quota (nel senso i Bolt, i Picasso, gli Einstein), tutti gli uomini, in potenza, possono correre veloce, saper scrivere bene, saper trattare di matematica, saper disegnare, fare foto, colorare negli spazi bianchi e via continuando. Non è predeterminato l’uomo, secondo Gehlen, perché è, dice sempre Arnold, un animale culturale.
In questo senso dico che non c’è predeterminazione. C’è, invece, una determinazione.
Perché, a seconda dello strato sociale in cui nasci, hai determinate possibilità
Ed a ogni possibilità corrisponde una scelta.
Io parlo della rieducazione, è vero, ma quello che dico, anche, è che affinché non esistano le carceri, è necessario cambiare la struttura della società.
Ma non ho una soluzione.
Il punto è trovare le domande giuste per poter ottenere le risposte.
Domande diverse da quelle che continuiamo a farci.
Parere mio.
Sul perseguire il proprio interesse a danno degli altri, ti dico, è una falsità. E’ un preconcetto. Un luogo comune.
L’interesse a danno degli altri è subentrato quando l’uomo ha iniziato ad usare un sistema economico che divideva le persone tra ricchi e poveri, tra chi poteva arricchirsi e chi no.
“L’interesse a danno degli altri è subentrato quando l’uomo ha iniziato ad usare un sistema economico che divideva le persone tra ricchi e poveri, tra chi poteva arricchirsi e chi no.”
Mi sembra un po’ semplicistico. Neanche in quello che Marx chiamava “comunismo primitivo”, in cui la società non era divisa in classi, le cose funzionavano così.
“Sul perseguire il proprio interesse a danno degli altri, ti dico, è una falsità. E’ un preconcetto. Un luogo comune.L’interesse a danno degli altri è subentrato quando l’uomo ha iniziato ad usare un sistema economico che divideva le persone tra ricchi e poveri, tra chi poteva arricchirsi e chi no”. Scusa la mia opinione un pò radicale, ma questa è un’assurdità totale e a mio avviso anche pericolosa. Quindi tutte le forme di prevaricazione che non hanno una radice economica, né diretta né indiretta, come le giustifichi? Facciamo finta che non esistano perché non rientrano nell’equazione? Scusa se non mi faccio gli affari miei, ma davvero sei interessato a questi temi dovresti integrare la tua formazione sociologica con la psicologia e la biologia. Altrimenti le domande che dici di volerti fare sono veramente troppo parziali e deterministiche. L’essere umano è un concentrato di psiche-società-cultura-ambiente-genetica, ognuno di questi aspetti inscindibili dall’altro, la separazione tra discipline è artificiale perché nella realtà è tutto collegato. Stai praticamente dicendo che siamo determinati solo dalla società e tutto il resto è un preconcetto!
Con tutto questo, intendiamoci, non voglio dire che il carcere, specialmente per come effettivamente è, sia una realtà aproblematica o l’ideale risoluzione dei problemi, purtroppo è un “male minore”, ma è la tua logica che sinceramente non mi convince.
Da cosa è formata la psiche? Da quali esperienze? Dove vengono vissuti i traumi? In quale ambito?
Sulla genetica ero rimasto al fatto che fosse stata smentita la teoria del “geneticamente predisposto”, ma magari sono male informato.
Sulle prevaricazioni, è la società in cui viviamo che si basa su quest’ultime, quindi è ovvio che ci sia chi prevarica. Tutti i rapporti di potere sono prevaricazioni, nella nostra società. Si inizia dalla scuola.
Tu dici delle cose interessanti e non banali, però io rimango dell’idea che la società e il contesto abbiano una parte predominante nella costruzione dell’individuo.
Ed è determinismo perché effettivamente ti determina, la società, e penso sia dificile dire il contrario.
Poi tu hai ben ragione che alcuni avvenimenti non sono né prevedibili, né controllabili.
Però a me, per com è oggi, fanno schifo sia i rapporti di potere, che le prevaricazioni, che il carcere.
Quindi se possibile vorrei trovare un modo per cambiare queste cose, anziché star qui a dire che per via della rava e della fava non si può fare.
Ripeto, è stato davvero un piacere leggerti, perché hai detto delle cose utili alla dissertazione e senza dubbio interessanti.
Quindi ti ringrazio per non esserti fatt* i fatti tuoi!! 🙂
Ma figurati! Io vengo da degli studi (presumo) simili ai tuoi quindi capisco il tuo punto di vista, per questo mi permetto di “criticarlo”, perche’ e’ stato simile al mio per molto tempo. Anzi forse io come relativista ero anche piu radicale.
Il discorso e’ complicato, comunque Anche a me fanno schifo le prevaricazioni e per questo ti ho invitato a prendere in considerazione un diverso modello individuo-societa’. Io non credo nel determinismo purtroppo, cosi’ come non credo in quello biologico (di chi dice la donna e’ cosi’ l’uomo e’ cola’ per esempio), non credo neppure in quello sociale che dice che l’individuo e’ determinato dalla societa’, perche’ se fosse davvero cosi’, banalissimamente, saremmo tutti uguali. Peraltro le societa’ non sono neppure entita’ omogenee…quindi ti rigiro la domanda sulla psiche(che comunque era una domanda interessante). : che tipo di entita’ e’ una societa’, da cosa e da chi e’ formata e quali sono I suoi confini? Individuo e societa’ e’ uno scenario del tipo uovo e gallina, per uscire dalla dicotomia (forse) bisogna guardare alle interazioni sistemiche ed ecologiche tra le due cose.
Io non ho le risposte, pero’ visto che ti piacciono le scienze sociali leggi “Verso un’ecologia della mente” di Bateson. E’ una pietra miliare del pensiero ecologico e anche il trip mentale definitivo!!! 😀
Anch’io avevo notato il paradosso tra individuo e società, dato che la società è stata creata da degli individui e quindi, insomma, si giunge a una fase di stallo.
Avevo provato a considerare gli “agenti” su più livelli.
C’è quello che si assorbe nella sfera pubblica, quello che si assorbe nella sfera semi-pubblica (vien da pensare alla scuola), quello che si assorbe nella sfera privata (famiglia).
Poi mi ero detto, ok, però quand’è che l’individuo inizia ad assorbire le informazioni?
Quello che ho supposto io (io è un parolone: quello che le mie letture mi hanno portato a supporre) è che ciò avvenga nei primi anni, e che quelli siano fondamentali per quel che verrà dopo, dato che il bambino quand’è piccolissimo non ha filtri “culturali” per scartare le informazioni nocive da quelle positive, e quindi assimila tutto e rielabora a livello inconscio.
Però rimaneva il problema di “com’è che si arrivò ad un sistema “società”?”.
Leggendo Gehlen, Girard, Augè (ammetto che il mio limite sia essere un po’ troppo francofilo, e tendente all’esistenzialismo) ho supposto che possa essere nato per caso.
A un certo punto l’animale uomo, che differisce dagli altri in quanto animale “culturale” (cit. Gehlen) si è accorto che in gruppo aveva più probabilità di sopravvivere rispetto che da solo.
Da lì la costruzione della società è progredita, secondo me, con avvenimenti casuali, per tentativi. Migliorandosi di volta in volta, ogni qualvolta qualcuno prendeva autocoscienza e diceva “io questa cosa la cambierei” (mi piace ridurre al “polite” inglese secoli di sangue e devastazione 🙂 ).
Di conseguenza l’individuo è da più o meno sempre che si trova inserito in un contesto sociale, che è dato per assodato (i nostri sguardi sono sempre rivolti alla società e la nostra sfera percettiva è sempre rivolta a ciò che la società ci dice o non ci dice di fare), e secondo me è proprio questo dare per assodato che fa sì che il soggetto sia molto influenzato dal contesto sociale, anche a livello psicologico (mi sento di poter supporre).
Confesso che il determinismo non piace nemmeno a me, e ammetto che quando parlo di queste cose possa sembrare determinista e assolutamente convinto che sia solo la società a formare le persone.
Secondo me non siamo uguali perché siamo cresciuti in contesti privati diversi.
Parafrasando un concetto, secondo me si può dire che, come il personale è politico, così il privato è pubblico.
Alla fine le esperienze che vivi, subisci e affronti in casa sono le prime della tua vita e mettono delle basi per quello che sarà dopo.
In psicologia non vado fortissimo, ma penso che Jung sia ancora valido (sennò devo rivedere questo aspetto).
Ti ringrazio per la dritta su Bateson, ne farò tesoro.
E anche per il confronto. E’ confortante, ogni tanto, riuscire ad andare oltre uno sterile “non sono d’accordo”.
Che è poi l’equivalente culturale de “E i marò?”
Io lavoro con persone che son state in carcere o che ci entreranno ( Il che ,lì per sé, mi pare assurdo: una persona ha compiuto un reato,nel frattempo è riuscita a farsi una sua vita, ecco che arrivano i lunghissimi tempi della giustizia ” Vabbè che ora righi dritto, ma a suo tempo hai sbagliato, ora devi pagare i tuoi errori”). In entrambi i casi il carcere non produce niente di buono . Conosci persone che sono più esperte di te nel delinquere,caso mai ti fai una maggior cultura nel delinquere .Fuori dal carcere ci son le famiglie , quelle che sai già potrai vedere ogni tot tempo dentro una sala visite , se nel frattempo non ti hanno ripudiato,quelle a cui tu, carcerato,vorresti dare una mano . Trovarti un lavoro onesto, poco guadagno , ma onesto . Il carcere isola dal contesto sociale “normale” , è fatto di giornate che non finiscono mai , e,a rimanere “sano di mente”,a mantenere una tua dignità fai parecchia fatica. Poi ad un certo punto esci.E dunque? Che fai? Hai la fedina penale sporca , lavoro non ne trovi . I tuoi famigliari non si fidano più di te; devi far capir loro che ora vuoi fare una vita normale. Solo che non riesci a lavorare, e quindi a pagarti un affitto e le bollette.Ti senti solo , inaffidabile,l’idea di tornare a delinquere ti viene pure. Dunque, a che è servito il carcere?
Non ho capito Erica, ma dal tuo discorso quindi tu saresti per chiudere le carceri ma mantenere gli ospedali psichiatrici giudiziari? Perché te lo giuro, mettere in gabbia qualcuno non è proprio mai la soluzione, meno che mai legato a un letto. Proprio no.
Bellissimo post. Peccato per la canzone del gruppo radical chic alla fine :p