Ieri vi dicevo che Amnesty ha deciso per la decriminalizzazione della prostituzione in favore della tutela dei diritti umani dei/delle sex workers. QUI trovate l’articolo di sintesi, tradotto in italiano, che Amnesty International ha pubblicato per annunciare la loro decisione. Quelle che leggete sotto sono le FaQ, frequently asked questions, le risposte alle domande (meglio dire, alle accuse) frequenti che sono state e saranno rivolte ad Amnesty. Traduzione dall’inglese di G. Buona Lettura!
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FAQs sulla politica di Amnesty International per la protezione dei diritti umani dei/lle sex workers.
- Che bisogno c’è di una politica di Amnesty per la protezione dei diritti umani dei sex workers?
- Qual è la differenza tra legalizzazione e decriminalizzazione? Perché Amnesty International non chiede che il sex work sia legalizzato?
- La decriminalizzazione del sex work non incoraggia la tratta?
- Come può la decriminalizzazione proteggere i diritti delle donne?
- Quali prove porta Amnesty a sostegno della sua politica sul sex work?
- Chi vende sesso ha bisogno di protezione, ma perché i “papponi”?
- Perché Amnesty non sostiene il modello nordico?
- Perché Amnesty International crede che pagare per il sex work sia un diritto umano?
- In quanto organizzazione per i diritti umani, il vostro voto indica che state promuovendo il sex work?
- Amnesty International ha preso una decisione. Cosa succede ora?
- Che bisogno c’è di una politica di Amnesty per la protezione dei diritti umani dei sex workers?
I/le sex workers sono uno tra i gruppi più marginalizzati al mondo. Sono soggetti a rischio in molti Paesi, sottoposti a una gran quantità di abusi, tra cui stupri, aggressioni, traffico, estorsioni, sfratti forzati e varie forme di discriminazione, anche dai servizi sanitari. La protezione legale di cui godono è perlopiù minima o nulla. Infatti molti casi di violazioni e abusi sono compiuti da clienti poliziotti e terze parti abusive.
Ad esempio, uno studio del 2010 sulle sex workers di Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea, ha rilevato che nell’arco di sei mesi il 50% delle donne erano state stuprate (da clienti o polizia).
- Qual è la differenza tra legalizzazione e decriminalizzazione? Perché Amnesty International non chiede che il sex work sia legalizzato?
Decriminalizzare vuol dire sottrarre i/le sex workers dallo stato di illegalità quando svolgono un lavoro sessuale. Non sarebbero costrett* a vivere al di fuori della legge e le probabilità che i loro diritti umani siano salvaguardati sarebbero maggiori.
Se invece si parla di legalizzazione, si intende la creazione di leggi e politiche apposite da parte dello Stato per la regolamentazione formale del sex work. Questo sistema può rivelarsi una lama a doppio taglio: molt* sex workers che operano al di fuori di queste regole possono venire criminalizzat* – e si tratta perlopiù di quei/lle sex workers di strada che sono già tra i/le più marginalizzat*. La decriminalizzazione dà più potere ai/lle sex workers stess* e consente loro di operare indipendentemente, auto-organizzarsi in cooperative informali e controllare da sé gli ambienti lavorativi, a differenza del modello di legalizzazione.
Durante le consultazioni, molt* sex workers con cui abbiamo parlato si dicevano a favore della decriminalizzazione, ma erano preoccupat* per le conseguenze di una possibile legalizzazione. E non soltanto a causa della loro diffidenza verso le autorità legali, ma per il timore che un modello sbagliato di legalizzazione potesse delegittimarl* o addirittura renderl* vittim* di criminalizzazione e abusi.
Con la diminuzione dello stigma sui/lle, che vengono spesso considerat* ‘criminali’ o ‘complici’, diminuisce anche il rischio di azioni aggressive da parte della polizia e migliorano le loro relazioni con le forze dell’ordine, nonché la loro capacità di ottenere protezione da essa. La decriminalizzazione restituisce loro i loro diritti, l* riconosce come lavoratori/trici e li rende in grado di agire liberamente.
Non ci opponiamo di per sé alla legalizzazione, ma vorremmo assicurarci che ogni legge approvata serva a promuovere i diritti umani dei sex workers e sia in conformità con la legislazione internazionale in materia di diritti umani.
- La decriminalizzazione del sex work non incoraggia la tratta?
È importante fare assoluta chiarezza sul fatto che Amnesty International condanna aspramente ogni forma di traffico umano, e quindi la tratta ai fini dello sfruttamento sessuale. Il traffico umano è un abuso abominevole sui diritti umani e andrebbe criminalizzato a livello della legislazione internazionale. Questo è da tenersi chiaro nel caso di ogni nostra deliberazione in materia di politiche particolari.
Decriminalizzare il sex work non significherebbe la rimozione delle pene previste per chi compie reati relativi alla tratta. Nessuna prova evidente suggerisce un legame di conseguenzialità tra decriminalizzazione e traffico.
Al contrario, crediamo che decriminalizzare aiuterebbe a contrastare il traffico. In un regime di non-criminalità, i/le sex workers potrebbero lavorare collettivamente e appellarsi ai loro diritti con più facilità, il che porterebbe a migliori condizioni e standard lavorativi e una maggiore capacità di vigilare sul commercio del sesso – quindi sui casi di traffico.
Inoltre, se non minacciati dalla gogna della criminalizzazione, i/le sex workers si trovano in grado di collaborare con le forze di polizia per l’identificazione di trafficanti e vittime di tratta.
Organizzazioni quali l’Alleanza Mondiale contro il Traffico di Donne, l’Internazionale Anti-Schiavitù e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro concordano nel dire che la decriminalizzazione svolgerebbe un ruolo positivo a tale fine, migliorerebbe il riconoscimento e il rispetto dei diritti delle persone che vendono sesso e aiuterebbe a sradicare i casi di violazione sui loro diritti umani – tra cui, appunto, il traffico.
- Come può la decriminalizzazione proteggere i diritti delle donne?
La linea proposta da Amnesty International mira a garantire una maggiore protezione dei diritti umani per le sex workers – che sono spesso tra i gruppi di donne più marginalizzati nella società. Lo fa chiedendo più protezione, nonché legittimazione e attribuzione di maggiore potere alle stesse sex workers.
La disuguaglianza di genere e la discriminazione possono incidere sulla predominanza delle donne nel mondo del sex work. Non siamo certo ingenui o indifferenti riguardo a questo; eppure non crediamo che la soluzione possa consistere nella criminalizzazione delle donne per la loro mancanza di scelte, nel ricorso a una legge penale o ad azioni di polizia che rendono le loro vite meno sicure.
Inoltre, la criminalizzazione delle sex workers rende loro più difficile l’accesso ai posti di lavoro desiderati. La nostra proposta sottolinea una serie di azioni che gli Stati dovrebbero mettere in atto – oltre alla decriminalizzazione – al fine di dare potere alle donne e alle altre frange marginalizzate. Questo servirebbe a garantire che nessun individuo svolga attività di sex work per sola necessità di sopravvivenza.
È compito degli Stati fornire modalità di accesso alle fonti di sostegno rapide e adeguate – parliamo di benefit statali, istruzione, tirocini e/o impieghi alternativi. Al tempo stesso, ciò non significa che i/le sex workers vadano costrett* a prendere parte a questi programmi.
- Quali prove porta Amnesty a sostegno della sua politica sul sex work?
Abbiamo dedicato due anni allo sviluppo della nostra proposta per di proteggere i diritti umani dei/lle sex workers. Il documento si basa su solide ricerche e consultazioni ad ampio raggio con persone organizzazioni.
Abbiamo attinto al lavoro dettagliato di enti quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la UNAIDS, il Referente Speciale delle Nazioni Unite per il Diritto alla Salute e altre agenzie delle Nazioni Unite. Abbiamo preso in considerazione altre posizioni, come la UN Women, l’Internazionale Anti-Schiavitù, l’Alleanza Globale contro il Traffico di Donne. Abbiamo condotto ricerche approfondite, dialogato con più di 200 sex workers – oltre che con ex sex workers, organi di polizia, organi governativi e altre agenzie in Argentina, Hong Kong, Norvegia e Papua Nuova Guinea.
A livello globale, i nostri uffici nazionali hanno contribuito alla stesura del documento fornendo consultazioni ampie e aperte con gruppi di sex workers, gruppi di rappresentanza di sopravvissut* alla prostituzione, organizzazioni di abolizionist*, collettivi femministi e militanti dei diritti delle donne, attivisti LGBTQ, agenzie anti-traffico, attivisti contro l’HIV/AIDS – e molte altre persone.
- Chi vende sesso ha bisogno di protezione, ma perché i “papponi”?
La nostra linea non c’entra con la protezione dei “papponi”. Alla luce del nostro modello, le terze parti che sfruttano i/le sex workers o ne abusano saranno ugualmente criminalizzate.
Ma le leggi esistenti sono troppo vaghe, come quella contro la “gestione di bordello” o il “favoreggiamento”, che vengono spesso usate contro i/le sex workers e vanno a criminalizzare proprio quelle azioni che loro stess* compiono per mantenersi al sicuro. Per esempio, in molti Paesi si considerano una coppia di sex workers che lavorano insieme per ragioni di sicurezza cade nella categoria di “bordello”. Ciò che il nostro documento chiede è che le leggi siano ripensate e indirizzate alla lotta contro sfruttamento, abuso o traffico; non che servano a istituire reati acchiappa-tutto che, alla fine, criminalizzano i/le sex workers e mettono in pericolo le loro vite.
- Perché Amnesty non sostiene il modello nordico?
Pur non criminalizzando direttamente i/le sex workers, il modello nordico criminalizza gli aspetti operativi del sex work – come l’acquisto di sesso e l’affitto di locali per svolgere l’attività. Tutto questo va a compromettere la sicurezza dei/lle sex workers e l* rende vulnerabili agli abusi. È facile che siano perseguiti dalla polizia, il cui scopo, spesso, è di sradicare il sex work con il pretesto del rispetto della legge.
In realtà, proporre leggi contro l’acquisto del sesso comporta maggiori rischi per i/le sex workers, che si trovano a dover proteggere i clienti da un’eventuale detenzione. I/le sex workers con cui abbiamo parlato ci hanno detto che viene frequentemente chiesto loro di recarsi a casa dei clienti per aiutarli a evitare la polizia. E così i/le sex workers non possono recarsi in quei luoghi in cui loro stess* si sentono più al sicuro.
Con il modello nordico il sex work si trova ancora a essere stigmatizzato e ciò contribuisce alla discriminazione e alla marginalizzazione dei/lle sex workers.
- Perché Amnesty International crede che pagare per il sex work sia un diritto umano?
Il nostro documento non riguarda i diritti di chi compra sesso, ma si concentra interamente sulla protezione dei/lle sex workers, i/le quali si trovano ad affrontare una vasta gamma di violazioni dei diritti umani – e questo è legato alla criminalizzazione.
Nell’adozione di questa linea, Amnesty International ribadisce la nostra convinzione che vadano protetti i diritti di un gruppo di persone estremamente vulnerabili e spesso soggette ad abusi sui loro diritti umani.
- In quanto organizzazione per i diritti umani, il vostro voto indica che state promuovendo il sex work?
No. Noi crediamo che nessun* debba intraprendere il sex work contro la propria volontà, né mai alcun* dovrebbe essere forzat* o costrett* a farlo. Ci sono prove per dire che spesso il lavoro sessuale costituisce l’unico mezzo di sussistenza per i/le sex workers, senza possibilità di scelta. Tutto ciò non fa che perpetuare la marginalizzazione dei/lle sex workers ed è per questo che vogliamo assicurarci di disporre di un documento per la protezione diritti umani.
- Amnesty International ha preso una decisione. Cosa succede ora?
Per il nostro Fronte Internazionale il voto costituisce un via libera allo sviluppo e al dibattito su una politica rivolta specificamente alla protezione dei diritti umani dei/lle sex workers. La discussione di questa politica avverrà in ottobre, durante il nostro prossimo incontro. I membri attingeranno ai risultati delle consultazioni e alle ricerche aggiornate e decideranno per la linea più conforme all’impegno di Amnesty International per la protezione dei diritti umani dei/lle sex workers.
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