Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Contributi Critici, R-Esistenze

L’appello di Tampep: decriminalizzate la prostituzione!

Questo è un documento prodotto da Tampep, rete europea per la prevenzione dell’HIV / STI e per la promozione della salute tra i migranti sex worker. E’ un progetto internazionale di networking e di intervento che opera in 25 paesi, tra cui 10 paesi dell’Europa centrale e orientale. Il documento descrive i vantaggi della decriminalizzazione della prostituzione e descrive quanto e come la massiccia azione della lobby abolizionista stia danneggiando i/le sex workers. La traduzione è di Elena. Buona lettura!

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Briefing paper, Luglio 2015

Le leggi e le politiche nazionali svolgono un ruolo fondamentale per combattere la violenza, ridurre la vulnerabilità ed assicurare accesso universale a diritti e giustizia per i/le sex workers. Decriminalizzando il lavoro sessuale si possono assicurare condizioni lavorative più sicure, ed i/le sexworkers possono essere supportati nella lotta contro la violenza e nella rivendicazione riferita al rispetto dei loro diritti umani.

Questa posizione politica è sostenuta da molteplici organizzazioni delle Nazioni Unite (UNFPA, UNAIDS, UNDP), organizzazioni per i diritti umani competenti quali Human Rights Watch ed Amnesty International, che ha lanciato una consultazione su una proposta di politica per la decriminalizzazione del lavoro sessuale; organizzazioni anti-tratta come GAATW e La Strada International; ed importanti forum femministi (AWID) e finanziatori quali la Open Society Foundations, Mama Cash e Red Umbrella Fund. La decriminalizzazione del lavoro sessuale è anche sostenuta da networks di sex workers ed organizzazioni regionali, nazionali ed internazionali guidate da sex workers tra le quali TAMPEP (European Network for HIV/STI Prevention and Health Promotion among Migrant Sex Workers), NSWP (Global Network of Sex Work Projects), ICRSE (International Committee on the Rights of Sex Workers in Europe) and SWAN (Sex Workers’ Rights Advocacy Network).

Decriminalizzazione

Se tutte le richieste dei sex workers potessero essere sintetizzate in una parola, sarebbe decriminalizzazione. Governi progressisti in Nuova Zelanda e New South Wales in Australia hanno adottato un modello di decriminalizzazione per migliorare la situazione dei sex workers. Recentemente il governo neozelandese ed il New Zealand Prostitutes collective ha valutato questo modello positivamente. Il risultato di questa valutazione dimostra una significativa riduzione nella vulnerabilità dei sex workers ed un miglior accesso a regole che comprendono il rispetto per i diritti umani. La decriminalizzazione intende rimuovere tutte le leggi e i regolamenti punitivi in materia di lavoro sessuale, ed assicurare che i governi si occupino del rispetto dei diritti umani dei sex workers. Questo include decriminalizzare le terze parti che operano all’interno dell’industria del sesso ma allo stesso tempo assicurare che i/le sex workers siano in grado di lavorare indipendentemente e/o in cooperative. L’autodeterminazione e l’autonomia dei/delle sex workers sono fondamentali per comprendere il modello di decriminalizzazione.

I sex workers e i loro sostenitori spesso chiedono una piena decriminalizzazione attraverso un sistema legale che smantelli anche le barriere legali che aumentano la vulnerabilità dei sex workers rispetto alla violenza e al traffico di esseri umani, e ne minano il pari godimento dei diritti umani. Il motivo dietro a questo approccio è che per combattere la vulnerabilità all’interno dell’industria del sesso i governi devono assicurare il pieno rispetto dei diritti umani dei sex workers a prescindere dalla loro nazionalità e/o status legale nel paese ospitante. I diritti che dovrebbero essere pienamente protetti includono, ma non sono limitati a, il diritto alla vita, salute, migrazione, lavoro, privacy, associazione, eguaglianza di fronte alla legge, libertà dal traffico e dalle pratiche di schiavitù.

Stigma e Migrazione

Nonostante le richieste di decriminalizzazione, le leggi e le politiche sul lavoro sessuale sono diventate sempre più repressive e punitive in tutta Europa. TAMPEP ha documentato in molte sue pubblicazioni l’impatto negativo che le leggi nazionali e regolamenti hanno sui/sulle sex workers.

Il lavoro sessuale è raramente riconosciuto come lavoro dai governi nazionali e dalla società più in generale, e la più potente arma per negare ai/alle sex workers lo status di lavoratori è lo stigma. La realtà è che anzichè sostenere il rafforzamento e l’autodeterminazione ed autonomia dei/delle sex workers, il miglioramento delle loro condizioni di vita e di lavoro, i politici stanno sviluppando e implementando nuove misure che ne minano i diritti umani e la dignità. Ci sono chiari collegamenti tra questo andamento repressivo e l’attuale dibattito sulla tratta. Gruppi anti-prostituzione usano la retorica anti-tratta per porre fine alla prostituzione. La lobby anti-immigrazione usa il discorso anti-tratta per aumentare le restrizioni sull’immigrazione. Le voci dei/delle sex workers sono spesso ignorate o mal utilizzate dai politici e dai mass media. In questo contesto di invisibilità ed isolamento, i sex workers migranti sono particolarmente colpiti da misure repressive e dalla crescente xenofobia.

La criminalizzazione del lavoro sessuale, dei sex workers e dei loro clienti è spesso accompagnata dalle leggi anti-immigrazione, che intendono arrestare e deportare forzatamente i migranti senza documenti. Come risultato, i sex workers sono spinti verso contesti marginalizzati in cui il sex work si rifugia per evitare la persecuzione e il rischio di espulsione. Questo andamento accentua la vulnerabilità dei sex workers e il rischio che diventino vittime di tratta e ne riduce l’abilità di accedere a servizi di supporto e salute, così come alla giustiza e ai diritti.

Trends relativi all’UE

Un andamento marcato e ben sottolineato da molti rapporti di TAMPEP negli anni è l’aumento della migrazione e mobilità tra i sex workers a livello globale, ed in particolare la migrazione verso ed all’interno dell’Europa. Questa è una diretta conseguenza della globalizzazione, ma anche attribuibile a fattori storici e socioeconomici ed all’allargamento dell’UE.

La migrazione è un aspetto fondamentale da considerare quando si analizza il lavoro sessuale in Europa. I migranti restano il gruppo più ampio di sex workers. La migrazione e la mobilità dei/delle sex workers sono fortemente tenuti sotto controllo anche all’interno dell’UE. Il problema sembra essere radicato nel razzismo e nella xenofobia in Europa. I sex workers senza documenti (permesso di soggiorno) sono particolarmente vulnerabili all’applicazione della legge e subiscono gravi violenze e abusi. Questo scenario è peggiorato in seguito alla grave crisi finanziaria che ha colpito l’UE ed il resto del mondo dal 2008, o alle misure governative per combattere il terrorismo mediante leggi per la sicurezza nazionale ad hoc, e alle leggi per la pubblica sicurezza.

Crescita del conservatorismo

TAMPEP nota una crescita del conservatorismo politico e sociale, che colpisce i diritti umani e le libertà civili delle popolazioni vulnerabili. I colpi di coda conservatori in relazione al lavoro sessuale, uso della droga, e migrazione sono generati dall’ignoranza delle prove e degli approcci improntati ai diritti umani nella sfera legale. Le politiche socioeconomiche insieme ad un andamento progressivo di ineguaglianze provocano una profonda esclusione e discrminazione dei/delle lavoratori/trici del sesso, specialmente dei più vulnerabili (migranti, transgender, consumatori di droghe, etc.)

Tratta contro lavoro sessuale

Per lottare contro le violazioni ed abusi all’interno dell’industria del sesso, i paesi membri dell’UE stanno usando metodi anti-tratta per combattere la prostituzione e la migrazione anzichè creare un contesto sicuro e supportante all’interno del quale i lavoratori/trici del sesso possano lavorare, auto-organizzarsi ed assicurare buone condizioni lavorative.

Smantellare l’industria del sesso distrugge le vite ed il lavoro dei sex workers e li spinge all’illegalità e all’isolamento. Allo stesso tempo, le vittime della tratta sono raramente trovate e quando lo sono i loro bisogni sono raramente trattati in maniera efficace. I politici confondono il lavoro sessuale (per scelta) e la tratta e da ciò conseguono politiche inefficaci rivolte ai/alle sex workers e l’indifferenza in relazione ai diritti di coloro che non hanno vissuto la tratta.

Una delle cinque priorità in relazione alla tratta è di aumentare la prevenzione della tratta degli esseri umani. La maggioranza dei politici hanno deciso che per prevenzione si intende far cessare la domanda e l’offerta di servizi sessuali che coinvolgerebbero le vittime della tratta. Si crede generalmente che cessare la domanda di servizi sessuali porterà alla cessazione della tratta.

Nonostante gli obiettivi del piano strategico dell’UE che sono basati su una più ampia interpretazione della domanda, le leggi e le politiche che cercano di criminalizzare i clienti dei/delle sex workers dimostrano che questi obiettivi sono eccezionalmente applicati a tutta l’industria del sesso. D’altronde, data l’ampia definizione di tratta, le misure per scoraggiare la domanda dovrebbero riflettere l’ampiezza e la serietà di tutti i motivi per i quali le persone sono trafficate, incluso per esempio l’industria delle costruzioni, l’agricoltura, la trasformazione alimentare, il lavoro domestico e di cura. Nonostante vi siano prove che la tratta ed il lavoro forzato siano catalizzati dalla domanda per lavoro a basso costo, a bassa qualifica e facilmente licenziabile insieme a politiche d’immigrazione sempre più restrtittive ed alla mancanza di protezioni per il lavoro dei lavoratori/trici migranti, le politiche non stanno cercando di affrontare queste determinanti e strutturali cause della tratta e del lavoro forzato.

Dal 2012 non c’è stato nessuno sforzo da parte dell’UE per spingere leggi per la decriminalizzazione come strategia per affrontare la tratta e migliorare la situazione dei/delle sex workers in Europa.

TAMPEP ha anche notato un aumento nelle iniziative finanziate dall’UE ed altri donatori per sostenere sforzi anti-tratta ed abolizionisti, ma raramente a gruppi guidati da sex workers o organizzazioni che mostrano attivamente di lottare per i loro diritti umani.

Abolizionismo ed il Modello Svedese

I gruppi di lobby femministe abolizioniste, come la European Women’s Lobby ed Equality Now, stanno diventando sempre più forti ed influenti, e sono state fortemente finanziate sulla scia degli attuali dibattiti ed interesssi politici intorno alla tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale e prostituzione. Femministe ed organizzazioni abolizioniste spesso sostengono il modello svedese, che è diventato un pericoloso precedente in Europa e nel mondo.

Il modello svedese – un modello legislativo creato in Svezia nel 1999 – ambisce non a ridurre la prostituzione, non ad assicurare condizioni di lavoro più sicure per i/le sex workers. Questa iniziativa legislativa criminalizza i clienti dei/delle sex workers e tratta chiunque sia coinvolto nel commercio del sesso come fossero tutte vittime.

Dentro e fuori l’Europa molti stati hanno introdotto (Norvegia, Islanda, Irlanda del Nord) o cercato di realizzare (Francia e Scozia) misure legali per implementare la criminalizzazione del lavoro sessuale o dell’acquisto dei servizi sessuali, a prescindere dall’impatto negativo che la criminalizzazione dei clienti ha sui/sulle sex workers.

TAMPEP chiede una risposta critica alle sfide poste dagli approcci (neo)abolizionisti: il modello svedese è altamente controverso e danneggia i sex workers migranti e nazionali, criminalizza i loro clienti e spinge l’industria del sesso nella clandestinità. Quel modello è stato ideologizzato ed è falsamente e pericolosamente promosso come una buona pratica da far adottare ad altri stati.

I sex workers svedesi notano che la criminalizzazione ha portato a meno tempo per negoziare condizioni lavorative e luoghi di lavoro sicuri. I lavoratori indoors non possono più richiedere informazioni sui clienti quali nome e numero di telefono, e non hanno tempo per negoziare i servizi da fornire, cosa che influisce sulla loro sicurezza.

I sex workers che lavorano in strada sono i più colpiti. Sono spinti a lavorare ai margini delle città, in aree meno visibili ed accessibili, dove la polizia non può catturare i loro clienti. Così è più probabile che abbiano contatti con gli sfruttatori.

Il modello svedese è basato su una ideologia e non su delle prove. Quando i clienti sono a rischio di arresto, la prostituzione automaticamente è spinta verso la clandestinità. Come i sostenitori dei sex workers e i loro alleati sostengono, la criminalizzazione dei clienti mina l’autodeterminazione dei sex workers, li spinge nella clandestinità e aumenta lo stigma e la discriminazione che, di fatto, già marginalizzano queste persone. Inoltre il modello Svedese e le crociate anti-tratta/prostituzione hanno posto i modelli legislativi olandesi e tedeschi sotto giudizio. Anche se i problemi con l’attuale approccio regolamentista in paesi come Olanda e Germania esistono, il regolamentismo non delegittima il lavoro sessuale nè mira ad abolirlo come il modello svedese.

Le campagne abolizioniste e le lobby politiche stanno ricevendo una crescente attenzione mediatica e supporto politico, nonostante le prove emergenti che la criminalizzazione dei clienti o dei/delle lavoratori/trici del sesso aumenta soltanto la vulnerabilità e non affronta la violenza e l’abuso nell’industria del sesso.

I sostenitori della criminalizzazione dei clienti o del lavoro sessuale complessivamente vogliono screditare le opinioni di coloro che sono direttamente interessati: i/le stessi sex workers, con il pretesto di proteggere le donne.

I sex workers sono notoriamente assenti da conferenze organizzate per discutere di politiche di criminalizzazione. Gli abolizionisti in Europa oggi rigettano il termine ‘lavoro sessuale’ ed anche l’idea che il lavoro sessuale è lavoro ed ignorano insistentemente ed escludono le voci di coloro che lavorano nel commercio del sesso.

Nel 2014, 560 ONG e 94 ricercatori hanno richiesto ai membri del Parlamento Europeo di rigettare il cosiddetto Rapporto Honeyball (e la mozione richiedente una risoluzione del Parlamento dell’UE sullo sfruttamento sessuale e la prostituzione ed il suo impatto sull’eguaglianza di genere), che promuove la criminalizzazione dei clienti dei/delle sex workers. La risoluzione, che è stata eventualmente adottata (anche se leggermente modificata) chiede la riduzione della domanda e la criminalizzazione dell’acquisto dei servizi sessuali. Questo costituisce una minaccia seria ai sex workers in Europa e rappresenta una sconfitta per i diritti umani, per le politiche basate sulle prove, e per un dibattito politico dignitoso.

Sorveglianza e repressione

I/le sex workers in tutta Europa sono generalmente arrestati nelle strade, nei bordelli, nei parchi, ed in altri luoghi di lavoro. I sex workers di strada però sono più spesso colpiti da misure sanzionatorie. I lavoratori indoor sono stati colpiti da retate e dalla chiusura di locali a causa di indagini di polizia. Queste pratiche hanno privato i/le ex workers dei loro guadagni.

Tradizionalmente, i sex workers migranti, specialmente coloro che sono senza documenti o che lavorano in una situazione irregolare, vivono i più alti livelli di violenza ed abusi dalla polizia e da persone che si spacciano per clienti.

Ciò dimostra il fatto che le leggi nazionali sono il risultato di una sovrapposizione tra le politiche anti-migrazione e quelle anti-prostituzione con lo scopo di arrestare e deportare i migranti (ex. la deportazione nel 2014 di lavoratori/trici del sesso cinesi a Parigi ed i tentativi della Svezia di deportare lavoratori/trici del sesso europei nonostante si tratti di pratiche di polizia illegali)

Il network TAMPEP sta documentando ed osservando queste violazioni contro I/le sex workers, specialmente migranti, a partire dalla sua istituzione nel 1993. TAMPEP crede che il miglior strumento per sfidare queste violazioni dei diritti sia richiedere diritti e riforme legali e politiche.

Salute pubblica

I sex workers trovano notevoli barriere per accedere a servizi di prevenzione, trattamento e cura soprattutto a causa di stigma, discriminazione e criminalizzazione. La repressione crescente e la criminalizzazione del lavoro sessuale hanno reso i/le lavoratori/trici più vulnerabili all’HIV/STIs. Li ha forzati a lavorare in spazi clandestini, riducendo il loro accesso a misure di salute e prevenzione, e ne mina la dignità. Questi problemi sono di solito maggiori per i sex workers migranti, specialmente se non hanno documenti. Evitano di accedere ai servizi sociali e di salute per paura di essere registrati e/o deportati.

I test di salute sessuale obbligatori sono ancora praticati e legalmente imposti da alcuni paesi europei (ex. Ungheria, Latvia). Queste procedure spesso infrangono i diritti alla riservatezza e del rispetto della privacy dei sex workers. La criminalizzazione pone inoltre forti rischi per i gruppi vulnerabili in relazione alla trasmissione dell’HIV, in quanto scoraggia i/le sex workers dal sottoporsi ad esami e alla ricerca di servizi sanitari adeguati ai loro bisogni. Inoltre, un ampio numero di organizzazioni su HIV e salute, incluse WHO ed UNAIDS, hanno avvisato i politici dei rischi legati alla salute se si criminalizzano i sex workers e/o i loro clienti. Citiamo il Gruppo di Consiglio su HIV e Lavoro Sessuale di UNAIDS nel loro rapporto di accompagnamento al UNAIDS Guidance Note on HIV and Sex Work (2009): “Gli stati dovrebbero allontanarsi dalla criminalizzazione del lavoro sessuale o di attività ad esso associate. La decriminalizzazione del lavoro sessuale dovrebbe includere la rimozione delle penalità criminali per l’acquisto e la vendita di sesso, la gestione dei sex workers e dei bordelli, ed altre attività legate al lavoro sessuale”. Gli interventi guidati dai/dalle sex workers devono essere centrali per accrescere la risposta all’HIV, ed è cruciale ascoltarli. Loro vivono direttamente gli effetti delle leggi e delle pratiche disciplinari dannose che ne violano i diritti umani e minano il progresso sulla prevenzione all’HIV. D’altronde la copertura della prevenzione per l’HIV è stimata a meno di un terzo di tutti i/le sex workers nell’UE. Finanziamenti per interventi su lavoro sessuale ed HIV stanno diminuendo, nonostante le prove della loro efficacia.

TAMPEP continua ad evidenziare i bisogni dei sex workers in molteplici forums europei per assicurare che i loro diritti, inclusi quelli dei sex workers migranti, siano considerati nei programmi relativi alla prevenzione, cura e trattamento dell’HIV.

Omo-   e Transfobia

Altre leggi hanno inoltre peggiorato la situazione dei lavoratori/trici uomini e transgender, specialmente in Europa Centrale ed Orientale, incluso nei paesi che discriminano e basano le loro politiche solo sui bisogni delle persone CIS. Leggi anti-omosessualità in paesi come la Russia e l’Ucraina provocano un aumento dell’omofobia e transfobia e minor accettazione delle persone LGBTI, che colpisce in modo particolare i sex workers uomini e trans. Affrontare molteplici forme di stigmatizzazione e discriminazione spesso priva questi gruppi dei loro diritti umani fondamentali.

L’omofobia sociale, le leggi contro l’omosessualità e l’assenza di protezione legale dalla discriminazione sono barriere serie per I lavoratori transgender e uomini che ne limintano l’accesso a servizi sanitari sessuali ed all’informazione

I commenti di TAMPEP sulle politiche di prostituzione in Europa oggi

TAMPEP è preoccupato che le azioni contro i/le lavorator/trici del sesso, specialmente migranti, sono legittimate attraverso l’inquadramento del lavoro sessuale come un problema che coinvolge la criminalità organizzata e gli ‘schiavi del sesso’. Le determinanti strutturali e le leggi che complessivamente influiscono negativamente sui lavoratori domestici e migranti e sull’industria del sesso non sono considerati come centrali quando si tratta di affrontare la vulnerabilità dei/delle sex workers (incluso sfruttamento sessuale e tratta).

TAMPEP sottolinea che le misure prese dagli stati membri dell’UE nei loro sforzi contro la tratta spesso si risolvono in strategie anti-prostituzione (ex. retate) ed anti-immigrazione (ex. maggiormente stretti controlli di confine). I sex workers migranti, specialmente quelli senza documenti, sono sotto la minaccia costante di essere arrestati e deportati. La violenza contro questa popolazione è stata anche dimostrata da diverse ricerche finanziate dall’UE.

Più difficile diventa viaggiare e lavorare legalmente, più lavoratori/trici del sesso necessiteranno di assistenza da parte di intermediari e scafisti. La dipendenza dagli intermediari aumenta il costo della migrazione e può esporre i/le sex workers a frode, quindi aumentandone la vulnerabilità allo sfruttamento.

The Global Network of Sex Work Projects

Questo approccio alla tratta, che ha influenzato la politica UE, oscura sia la relazione tra la politica migratoria e la ‘tratta’, e quella tra la politica sulla prostituzione e sul lavoro forzato nell’industria del sesso.

C’è un accresciuto bisogno di chiarire ai politici le differenze tra tratta e lavoro sessuale, sia nella legge che in pratica. Nonostante gli impatti negativi degli sforzi anti-tratta sui/sulle sex workers non siano politicamente interessanti per alcuni Membri del Parlamento, l’inefficienza nell’affrontare il problema e nel garantire i diritti delle vittime potrebbe essere una strategia volutamente messa in atto.

La sovrapposizione tra lavoro sessuale e tratta ha raggiunto livelli sproporzionali nel dibattito politico e nei media. TAMPEP promuove coerentemente la visibilità dei/delle sex workers per smantellare le teorie di vittimizzazione e aumentare la coscienza sulla situazione dei/delle sex workers in Europa. Inoltre, TAMPEP crede che i/le sex workers possano essere grandi alleati nella lotta contro la tratta in quanto potrebbero riferire dettagli e notizie sulle vittime reali se non fossero così fortemente criminalizzati.

La posizione di TAMPEP

Illustrare e dettagliare le violazioni di diritti umani che vivono i/le sex workers sembra non esser stato abbastanza per impedire l’azione conservatrice contro l’industria del sesso e i suoi lavoratori. Alla luce dell’abuso determinato dalle continue mistificazioni sul lavoro sessuale e dal clima di politiche sociali repressive, i networks femministi e di migranti, i partners politici, alleati, ed altri stakeholders chiedono urgentemente un’azione integrata della società civile per sostenere i/le sex workers assicurandone il riconoscimento e la protezione dei loro diritti, e modificando leggi e pratiche discriminatorie.

Riaffermiamo il nostro impegno a lottare contro la criminalizzazione del lavoro sessuale ed il modello svedese, ed invitiamo partners ed alleati in tutta Europa ad unirsi a noi nello sforzo di assicurare a tutti i/le sex workers il godimento dei loro diritti umani in Europa.

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